Dopo sette anni di vicissitudini giudiziarie, la Corte d’Appello de L’Aquila ha messo la parola “fine” su una vicenda che ha profondamente segnato la vita del maresciallo della Polizia Locale Mario Di Gregorio, confermando la sua assoluzione con formula piena: “Il fatto non sussiste”. Insieme al geometra comunale Elvano Chiola, era accusato di truffa e peculato ai danni del Comune di Nocciano. Oggi, a distanza di tempo e con la serenità che solo una sentenza definitiva può restituire, il maresciallo si racconta con compostezza, lucidità e un’evidente voglia di ricominciare.
Maresciallo Di Gregorio, la Corte d’Appello ha confermato la vostra completa assoluzione. Che significato ha per lei questa sentenza?
Significa la chiusura di un capitolo doloroso e profondamente ingiusto della mia vita, una vicenda che ha inciso non soltanto sul mio ruolo professionale ma anche sull’equilibrio personale e familiare. Oggi, dopo due gradi di giudizio che hanno escluso in maniera netta qualsiasi mia responsabilità, posso finalmente riaffermare con forza ciò che ho sempre saputo: di aver agito nel pieno rispetto del mio dovere
Tutto è iniziato nel 2018 con un esposto anonimo. Qual è stato da allora, il momento più difficile?
Senza dubbio il periodo della sospensione dal servizio a partire dal 2020. Venni privato della possibilità di indossare la mia divisa per oltre tre anni, e per me che in quella divisa ho sempre riconosciuto un simbolo di onestà e servizio alla collettività, fu una privazione lacerante. A ciò si è aggiunto il dimezzamento dello stipendio che ha avuto un impatto pesante anche sul piano economico e familiare
Ha mai pensato di abbandonare la professione?
No mai, neppure nei momenti di maggiore sconforto. La mia vocazione al servizio pubblico è sempre rimasta intatta, ho vissuto questa vicenda come un’ingiustizia profonda ma mai come un fallimento personale. Ho sempre saputo di aver agito correttamente e ho confidato nella giustizia, non ho mai smesso di sentirmi un servitore dello Stato.
Ha ricevuto sostegno da parte dei cittadini e delle istituzioni?
Sì, e questo è stato determinante. I cittadini dei Comuni in cui opero, non mi hanno mai voltato le spalle al contrario, hanno atteso con rispetto e fiducia il mio ritorno e per questo desidero esprimere profonda gratitudine anche nei confronti di chi ha testimoniato a mio favore: sindaci, colleghi, carabinieri, le loro parole hanno contribuito a ristabilire la verità dei fatti.
La sentenza sottolinea anche che certe prassi, come quella della pausa caffè senza timbratura, erano consuetudini diffuse all’interno del Comune. Quanto l’ha sorpresa questo riconoscimento formale?
È stato importante che la Corte lo abbia evidenziato perché conferma ciò che abbiamo sempre sostenuto: non vi era alcuna volontà dolosa né alcun comportamento fraudolento, solo nel 2020 il Comune ha disciplinato formalmente la gestione delle pause tramite badge, prima, si trattava di una prassi consolidata e tollerata.
Anche l’altra contestazione — l’uso improprio delle auto comunali — è stata rigettata. Come ha accolto questo ulteriore passaggio?
Con la stessa dignità con cui ho affrontato ogni fase del processo: la Corte ha affermato con chiarezza che non esiste alcun elemento a supporto dell’accusa, non ho mai utilizzato beni pubblici per scopi personali e questa nuova conferma rafforza ulteriormente la mia posizione di integrità.
Le verranno ora restituiti anche i compensi relativi ai 38 mesi di sospensione. Ritiene che sia un adeguato ristoro?
È un passaggio doveroso, ma la vera restituzione è un’altra, quella della mia dignità, del mio onore e della credibilità professionale. Questo è ciò che contava di più per me. L’aspetto economico, seppur importante, non potrà mai compensare appieno le conseguenze morali e psicologiche di quanto vissuto.
Che cosa le resta, oggi, dopo questa lunga vicenda giudiziaria?
Mi resta una consapevolezza nuova, Essere stato assolto non significa solo essere riconosciuto innocente, ma poter tornare a guardare negli occhi i cittadini con la stessa fierezza di sempre, la mia divisa non l’ho mai smessa, nemmeno quando non potevo indossarla materialmente. Oggi la porto addosso con rinnovato orgoglio e continuerò a servire le comunità con la medesima dedizione che mi accompagna da oltre trent’anni.
Cosa si sente di dire, in conclusione, a chi l’ha sostenuta?
Desidero ringraziare innanzitutto il mio avvocato, Gabriele Di Gregorio che è anche mio fratello, ha lottato per me con rigore e competenza, ringrazio la mia famiglia che ha sopportato in silenzio il peso di questa lunga attesa e ogni singolo cittadino che in questi anni mi ha fatto sentire la sua vicinanza. A tutti loro devo molto perché, vi assicuro che è un’esperienza che segna la vita; ora posso finalmente guardare avanti con la serenità di chi ha affrontato la bufera e ne è uscito a testa alta. Ringrazio anche il vostro giornale che riporta non solo notizie di condanne perché “tira” di più ma anche le assoluzioni perché la narrazione dei fatti deve essere completa!
Annalisa Piermattei















