PENNE – Il Penne calcio è tornato a casa, nel vecchio stadio.
L’ha fatto dopo cinque anni dall’ultima volta quando, è vero, gli portò male perché non riuscì ad evitare la retrocessione dall’Eccellenza. Ma poi tornò a non frequentarlo per problemi logistici superati con sacrifici, ma anche con un tempismo che fa riflettere sul perché non ci si attivò prima al punto di far giocare nell’autunno 2012 un derby con il Lauretum addirittura a Pianella benché Penne abbia due stadi. Ma oggi c’è un’aria diversa. La nuova società presieduta da Fabrizio Vecchiotti, ma che ha nei Pilone, nei Rossi nei Mergiotti, tanto per dire alcuni cognomi che hanno avuto sempre un legame con il biancorosso, sta riuscendo in un’impresa: ripartire con tanti ragazzi locali, bravi ed ambiziosi. E riportarli a casa. Perché lo stadio Fernando Colangelo è il campo di Penne. Perché anche con il gelo climatico il terreno del vecchio stadio, rimesso a nuovo, scotta sempre per tutti: Penne, avversari ed arbitri. Lo auspicavo da anni: il calcio deve vivere nel suo habitat naturale. Non è un caso che i campi di calcio venivano costruiti al centro delle città. Per avvicinare la gente allo sport più amato. E a Penne il calcio è sempre stato amato. Fotografato con le facce di una stessa passione che resiste. Da quasi un secolo. E’ una voglia popolare di calciare e di spingere quella palla nella porta avversaria che scema in certi momenti, ma che torna ad infiammarsi quando la bandiera chiama. Come è successo emblematicamente nel derby con il Lauretum vinto per 3 a 0, ma con il fuoco biancorosso alimentato dai giovani ultras e da una voglia generale che si percepisce, è nell’aria. Perché il Penne risiede nel cuore. E’ comunque proprio vero: ciò che si ama non si possiede mai completamente. Semplicemente si custodisce e si tramanda.
Berardo Lupacchini