PENNE – Un altro schiaffo ai pennesi, stavolta sul sentitissimo versante religioso: Penne, specie la sua cattedrale, ma anche le sue numerose chiese antichissime e moderne, è stata clamorosamente esclusa dalle porte sante per il Giubileo straordinario della misericordia.
E’ davvero una notizia, quella del capoluogo vestino oscurato: eppure è stata sede vescovile dall’VIII secolo al 1949, essendo fra le più antiche d’Italia. Fatto sta che la cattedrale di San Massimo non è stata considerata nel decreto papale che da domenica prossima, terza d’Avvento, autorizza l’apertura delle porte sante segnalate altrove in Abruzzo: persino in piccoli centri marsicani. Nel Pescarese, oltre alla cattedrale di San Cetteo, elevati al rango giubilare il santuario del Beato Nunzio a Pescosansonesco e la cittadella pescarese della Caritas grazie alle scelte della curia, mentre la basilica del Volto Santo di Manoppello è stata naturalmente premiata da quella teatino-vastese in cui è compresa. I pennesi, rimasti feriti nell’orgoglio per la soppressione della sede episcopale nel 1949 (il farmacista Raffaele Verrotti inviò un libro al papa a sostegno delle ragioni territoriali), ora tornano a farsi sentire a cominciare dal sindaco Rocco D’Alfonso che ha scritto una lettera ufficiale a monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, chiedendogli di aprire anche al duomo una porta santa. Ma appare un intervento decisamente tardivo sul piano politico capace comunque di infastidire l’alto prelato. Alla fine degli anni 90, Lucio Marcotullio da sindaco ed imprenditore con una certa robustezza stava pensando di chiedere per Penne l’istituzione di un vescovo ausiliare sulla scorta di quanto accade in alcune diocesi venete. Poi con la morte nel 2005 dell’abate mitrato don Armando Salerni (mai formalmente sostituita la sua figura di nomina pontificia) la chiesa vestina ha cominciato a perdere peso politico, riacquistato abbastanza più avanti grazie alla presenza di don Giorgio Moriconi, molto legato a Valentinetti. Tanto che qualche anno fa si parlò di lui come del possibile vicario generale in luogo di Amadio rimasto poi saldamente sulla sua poltrona di numero 2. Ma ora filtrano voci sul fatto che sia don Giorgio sia il suo collega più anziano, il veronese don Bruno Toscan, pro rettore della cattedrale, appaiano ai margini della cerchia ecclesiastica pescarese governata dall’esperto Vincenzo Amadio. Valentinetti contesta all’amministrazione civica la scarsa considerazione per il museo archeologico i cui locali sono della curia ceduti per l’uso al Comune che ne dovrebbe seguire la manutenzione invece mancante. E l’arcivescovo appare seccato dell’omissione, tanto più che ha eletto nell’immobile museale la propria residenza pennese. Ne deriva dunque una peggiore considerazione goduta da Penne. Monsignor Vincenzo Amadio, vicario generale originario di Castilenti e parroco per 18 dei suoi cinquant’anni di sacerdozio a Montebello di Bertona, spiega chiaramente il perché la cittadina vestina è tagliata fuori dall’Anno Santo:”E’ stata una scelta collegiale quella di non aprire porte sante a Penne che comunque non è esclusa dal giubileo. Il problema risiede nell’ubicazione del duomo, disagevole da raggiungere in auto e poi mancano i sacerdoti per le confessioni. La cattedrale è aperta solo la domenica mattina per la santa messa e basta. Purtroppo la situazione è questa. Si, Penne appare una nobile decaduta…”. Il duomo, a detta del primo cittadino, dovrebbe beneficiare di un milione di euro di finanziamento dal Cipe per lavori di ristrutturazione che interesserebbero anche il museo civico diocesano. Ma Penne, lette le parole usate da Amadio, è una nobile decaduta anche per la curia. Dunque l’antica capitale dei Vestini è schiaffeggiata da tutti: dall’amico (del Pd) Luciano D’Alfonso sulla sanità e sui finanziamenti europei, al lavoro (dai franco-teutonici-romani di Brioni) ed ora anche dalla santa (romana) chiesa.
Berardo Lupacchini