APPALTI IN CHIAROSCURO

Il 18 aprile è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri, il nuovo codice degli appalti pubblici. Un progetto, secondo il ministro delle infrastrutture Delrio, volto a “garantire trasparenza, qualità e semplificazione degni di un grande paese europeo”. 217 articoli contro i 257 del vecchio codice (d.lgs. 163/2006) e i 660 della legge obiettivo.

Molte le novità introdotte. Tra le principali, il criterio dell’offerta economica più vantaggiosa, maggiori poteri di controllo dell’autorità anticorruzione (ANAC) e la centralità della progettazione.

OFFERTA ECONOMICA PIU’ VANTAGGIOSA

Questo criterio sostituirà quello del massimo ribasso per le opere di valore superiore a 1 milione di euro. Il prezzo non rappresenterà più il dato centrale nella scelta della proposta, dovendo essere controbilanciato da valutazioni sulla sua qualità.

RUOLO DI CONTROLLO DELL’ANAC

Oltre a curare la regolamentazione, cioè i decreti attuativi e le linee guida che daranno operatività al nuovo codice, dovrà stabilire le regole per la qualificazione delle imprese, delle stazioni appaltanti e vigilare sul rispetto di tutta la normativa. Un compito assai gravoso, anche in vista della riduzione del 25% delle spese di funzionamento dell’ANAC, richiesta dal Governo in conformità ai principi di revisione della spesa pubblica.

PROGETTAZIONE

Elemento centrale del codice la qualità del progetto, non più la sua economicità.

Eliminata la progettazione preliminare che attraverso le varianti, consentiva la lievitazione dei costi delle opere.

La vera novità è rappresentata dal Building information modeling (BIM): un sistema di progettazione più simile ad un contenitore di informazioni che non ad un semplice disegno. Accessibile a tutti coloro che a vario titolo parteciperanno alla realizzazione dell’opera, sarà reso obbligatorio per i lavori di importo superiore ai 5 milioni euro, nei sei mesi successivi all’entrata in vigore del codice.

Per le opere più complesse potranno essere indetti bandi di concorso con l’obbligo a carico dei progettisti, di iscrizione in appositi albi professionali.

Premiata anche la tutela ambientale: l’ecosostenibilità dell’opera rappresenterà uno dei criteri premiali nella scelta del progetto.

Altre novità riguardano: l’accessibilità al pubblico degli avvisi, dei bandi di gara e dei progetti mediante pubblicazione on line, il “baratto amministrativo” per la realizzazione di opere di interesse della cittadinanza e l’attribuzione di più ampi poteri in capo alla pubblica amministrazione.

Una sorta di scommessa quella sull’ente pubblico che spesso ha mostrato di non essere indifferente a fenomeni corruttivi. Scommessa che Cantone definisce pericolosa ma “necessaria perché gli strumenti finora utilizzati non hanno costituito una valida alternativa”.

Quello sulla pubblica amministrazione non è l’unico punto controverso.

Vero che il testo si compone di un numero inferiore di articoli rispetto alla precedente legislazione ma saranno necessari molti provvedimenti per renderlo operativo: circa una cinquantina, tra decreti attuativi e linee guida, che rischiano di rendere la vita più difficile alle imprese.

Anche il criterio del massimo ribasso e quello dell’offerta economica più vantaggiosa, prestano il fianco a criticità.

Il primo, continua ad essere applicabile, pur non garantendo la qualità dell’opera o della prestazione, entro una soglia (1 milione di euro) che rappresenta circa l’84% degli appalti nel nostro paese.

Il secondo è caratterizzato da valutazioni soggettive del progetto, che proprio per questo potrebbero generare più ricorsi amministrativi di quanto abbia fatto la legge precedente, potendo determinare anche la sospensione dei lavori.

Il controllo dell’ANAC sarà limitato a gare di importo superiore a 5,2 milioni di euro. Il che significa che il 95% degli appalti verrà assegnato come prima. Regioni e comuni hanno convinto il governo che la spesa per i commissari ANAC sarebbe stata eccessiva, dimenticando che la corruzione fa lievitare del 40% il costo delle opere pubbliche, secondo una stima che fece il governo Monti.

La soglia dei 5,2 milioni di euro e quella della “non particolare complessità dell’opera” rappresentano la linea di confine anche per le competenze della stazione appaltante, la quale provvederà autonomamente alla nomina dei commissari interni. In pratica è lo stesso ente che assegna l’appalto a scegliere i propri componenti. Senza contare che la generica dicitura “di non particolare complessità” lascia all’ente ampio margine discrezionale.

Anche la gestione esecutiva del contratto, non è stata regolata dal codice, che lascia così scoperto un settore strategico per la criminalità organizzata.

Nessuna disposizione poi in merito alla durata, composizione, modalità di nomina dell’ANAC: cambiando il governo chiunque, anche un delinquente potrebbe essere nominato a dirigere l’autorità. Il presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone, che inizialmente si era detto entusiasta del codice tanto da definirlo una “piccola rivoluzione copernicana”, non sembra più così ottimista. La stesura definitiva della nuova legge presenta criticità tali da vanificare proprio quegli stessi obiettivi che il governo dichiarava essere alla base della riforma.

SIMONA FOLEGNANI

Articoli correlati

Pin It on Pinterest

Share This