LORETO APRUTINO: LUCIO CUTELLA FINALISTA AL PREMIO MONTONICO ORGANIZZATO DALLA PRO LOCO DI BISENTI

La serata finale del Premio Montonico “Racconti Inediti” 2021, si è svolta il 16 ottobre nella Piazza Costantini di Bisenti. Organizzato dalla Pro Loco presieduta da Gabriele Barbarossa e dallo stesso Comune di Bisenti, quest’anno ha visto premiato il racconto di Paola De Pillo, “Radici di vite”, scelto dalla giuria capitanata da un’ospite di eccezione quale la scrittrice Franca Minnucci. Tra i finalisti anche Lucio Cutella di Loreto Aprutino del quale proponiamo il suo inedito FONTE GRANDE.

 

FONTE GRANDE

di Lucio Cutella

I contadini del paese vivono in piccole case di mattoni, in genere due stanze, senza acqua corrente, senza luce elettrica, con servizi igienici di fortuna collegati con una buca con la stalla al piano terra o al seminterrato.
Un ambiente abitativo misero con le pareti colorate di polvere e fuliggine, ad un lato della stanza il focolare, grande abbastanza da ospitare più persone appollaiate sopra due panche di pietra poste ai lati.
Nella casa sono endemici le cimici e gli scarafaggi che gli abitanti con irridente similitudine chiamano le camicie nere
Nella madia c’è poco più della cipolla che l’erede stringe nella mano nel dipinto del 1880 di Teofilo Patini: un sacco di farina, pane, fagioli secchi e nella trave del tetto sono appesi un pezzo di lardo e una saracca essiccata .
Partono all’alba per raggiungere la terra, a piedi scalzi d’estate e con scarpe rappezzate d’inverno, con l’asino alla cavezza che trasporta sul basto posto sulla sua groppa gli attrezzi da lavoro, i sacchi con il letame della stalla e il fagotto per il pranzo: un pezzo di pane, qualche oliva, un pezzo di lardo o di formaggio. Tornano a casa al tramonto, “una via crucis di cafoni affamati di terra che per generazioni e generazioni sudano sangue dall’alba al tramonto”.
La media collina abruzzese è vocata alla coltivazione della vite e dell’olivo, non è un “suolo arido senza conforto o dolcezza”, la vocazione è una predisposizione dell’animo in alcuni casi ad accogliere la chiamata del divino .
Il vino non manca mai nella tavola, accompagna il frugale pasto quotidiano .
Il vino è uno dei quattro prodotti della terra che insieme all’acqua, all’olio e al pane costituiscono il cosmo dei sacramenti e il nutrimento di queste creature abbandonate dalla nascita dal Creatore.
I contadini bevono per sete e per fame, bevono per spegnere la sete di giustizia, per sciogliere la matassa di fatica, sudore,
sofferenza e disperazione che si aggroppa in gola e opprime il respiro. Bevono se sono felici e se sono tristi, nei giorni di festa e nei giorni di lutto. Dopo una giornata di lavoro, bevono con la paga giornaliera e se non lavorano si fanno “segnare” le bevute. Il cantiniere sfoglia il quaderno ingiallito dei debitori, lecca il lapis e scrive affianco al nome, seguito rigorosamente dal soprannome, la somma da aggiungere.
Il vino anestetizza la fatica , narcotizza la rabbia e annega i demoni, solo ubriacandosi questi uomini di buona volontà, colpiti dalla cattiva sorte, si sentono in pace nella terra .
Bevono senza misericordia montepulciano, cerasuolo e trebbiano, vini con un sapore minerale acceso e afrore di zappa, vanga, cesoie e imprecazioni secolari dei contadini.
Tre esseri distinti che appartengono alla stessa entità: il montepulciano è il creatore del cielo, il cerasuolo è generato dal padre e il trebbiano è lo spirito Santo: l’esegesi contadina del dogma della Trinità. La brocca di montepulciano assomiglia ad un’ampolla da ostendere per il miracolo della liquefazione, il vino con il suo colore torbido, quasi impenetrabile, sembra il sangue del martire.
Cristo è passato da qui, ha incontrato Bacco, insieme hanno piantato la vite, poi si è diretto verso il Tirreno e si è fermato a Eboli .
Forse è stato nella cuspide del paese, a via del Baio, la via con i palazzi degli agrari, ma non è sceso tra la folla di morti nell’anima, tra i contadini poveri, i braccianti senza terra e gli operai della fornace e delle cave.
Cristo non è sceso nella selva di strade e vicoli sottostanti che formano dei cerchi concentrici che si dipanano fino alla Fonte grande, ai piedi del paese, e che visti da lontano formano un imbuto rovesciato, un inferno dantesco capovolto.

 

Sabrina De Luca

 

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