PIOMBO ROSSO, STATO NERO
Azzolini inguaiato dal trojan. Ma il SID seppe chi scappò

Il trojan inguaia Lauro Azzolini. L’ex brigatista rosso, ottantenne, è stato intercettato per un anno nell’ambito della riapertura delle indagini, chiuse la settimana scorsa, sul sequestro Gancia del giugno ’75 in Piemonte in cui morì l’appuntato pennese Giovanni D’Alfonso. Un rapporto dei Ros inviato alla Procura di Torino indica senza ombra di dubbio in Azzolini l’uomo che sfuggì all’arresto dopo il conflitto a fuoco con una pattuglia dei carabinieri di Acqui di cui, oltre al militare padre di tre bambini, restò vittima Margherita Cagol, moglie di Renato Curcio fra i fondatori delle Brigate Rosse.

Le intercettazioni telefoniche ed ambientali avrebbero evidenziato come Azzolini si sarebbe lasciato sfuggire, parlando in prima persona, particolari piuttosto significativi sulla dinamica mai chiarita del 5 giugno 1975 quando i brigatisti vennero sorpresi da una pattuglia dell’Arma guidata dal tenente Umberto Rocca che venne colpito da una bomba che lo menomò per sempre (persi il braccio e l’occhio sinistri). Sue sarebbero le impronte digitali riscontrate sul diario-memoriale che descriveva a Curcio le fasi del sequestro. Minimizza decisamente la portata degli indizi telefonici il suo avvocato, Davide Steccanella:”Ma riferisce al compagno Savino che entrambi avevano, ai tempi saputo, come se fosse in prima persona: è evidente, mica vuol dire io c’ero!”.

Azzolini è un dissociato ed ha scontato 26 anni di carcere sia per il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro, sia per l’assassinio del vice questore di Biella Francesco Cusano nel ’76. Era stato arrestato nel ’78. La procura tenterà di rinviarlo a giudizio con l’accusa di omicidio quale esecutore di D’Alfonso. Con lui comunque sono indagati per lo stesso reato, in concorso, Mario Moretti, Renato Curcio e Pierluigi Zuffada: rischiano tutti l’ergastolo. Moretti è l’unico ad essere ancora in semidetenzione a Brescia. Ma c’è di più. Leonio Bozzato, un operaio di Mestre, era stato infiltrato dal Servizio segreto nelle Brigate Rosse con il nome in codice “Frillo”.

Ha ammesso a Torino di aver lavorato per il Sid dal 1971 al 1989 e di aver saputo da Nadia Mantovani nel ’75 il nome del brigatista fuggito subito rivelato ai servizi, ma che oggi non lo ricorda pur dando di lui alcuni indizi. Azzolini, di cui la Procura ha chiesto l’arresto ma non l’ha ottenuto, era stato indicato da alcuni pentiti già nel 1982 come implicato direttamente nel sequestro Gancia. Tuttavia, fu assolto per non aver commesso il fatto nel 1987: il fascicolo che lo riguarda però è scomparso dagli archivi del tribunale di Alessandria. Bruno e Cinzia D’Alfonso, figli della vittima, assistiti rispettivamente dai legali Sergio Favretto e Nicola Brigida, si costituiranno parte civile.

Berardo Lupacchini

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