PESCARA: SCONTRO TRA I MAGISTRATI E D’ALFONSO A COLPI DI COMUNICATI STAMPA

l’Associazione nazionale magistrati (Anm) d’Abruzzo riferisce di una sua “profonda preoccupazione” per attacchi, attraverso mezzi social, da parte del deputato Luciano D’Alfonso, del Partito democratico, verso “Andrea Di Giovanni, magistrato della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara”.

D’Alfonso si è più volte espresso “su vicende giudiziarie in fase di indagini preliminari oppure nelle quali è stata esercitata l’azione penale ovvero è in corso l’istruttoria dibattimentale, descrivendo il dott. Di Giovanni con soprannomi, ha adombrato, a tacere dello sgradevole accenno a stanze buie, che lo stesso abbia svolto la propria attività allo scopo di ottenere se non convenienze quantomeno consenso. La Giunta dell’Ans, esprimendo vicinanza e solidarietà al dott. Andrea Di Giovanni auspica la fine di tali ingiustificate aggressioni che peraltro si è certi non condizionino in maniera alcuna l’operato dei Magistrati”.

D’Alfonso, parlando del magistrato, non citandolo in maniera esplicita, parla della “figura che, in ragione di un contratto elevatissimo con lo Stato, delicatissimo come funzione, ritiene di dover stupire, ingigantire, meravigliare, fare in modo di rendersi quasi una infrastruttura della città e della società, spero non per ottenere convenienze, ma per avere consenso”.

La riposta del deputato del piddì non si fa attendere e D’Alfonso scrive che:” L’Anm ha ragione, e non potrebbe essere altrimenti; io, per parte mia, ho esposto le ragioni che mi sono state evidenziate e circostanziate. Nelle mie interviste ho voluto rendere pubblici elementi certi e fatti che meritano di essere noti non solo a una cerchia ristretta ma alla pubblica opinione che ha diritto a essere informata.

E’ un fatto che si sia cercato contro l’ordinamento di conoscere il contenuto delle mie conversazioni whatsapp, che io avrei messo volentieri a disposizione se solo mi fosse stato chiesto. E’ contro tutto quello che io avrei anche solo immaginato che chi conduce un’indagine abbia voluto professarsi “il solo panzer della Procura”, una dichiarazione certamente inopportuna e improbabile. Semmai si potrebbe dire che meno panzer produrrebbero meno panzane in giro.

Se fosse gradito un suggerimento, osserverei questo: se chi fa queste dichiarazioni si concentrasse di meno su di sé, sarebbe meno probabile la circolazione di materie coperte da segreto istruttorio. Sulle stanze buie ci sarà modo di precisare nel merito e nel dettaglio, sempre volendo adempiere al dovere di rendere noto tutto quello che ha valore pubblico nella nostra comunità e di difendere così le stesse istituzioni democratiche, inclusa la magistratura, nei confronti della quale esprimo il rispetto doveroso e convinto di sincero democratico.”


 

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