PENNE E LE SUE SORELLE IN FONDO A DESTRA. DALL’AQUILA SI VEDE UN’AREA VESTINA SALVINIZZATA CHE CHIEDE AIUTO

Tocca a una destra incarnata da Matteo Salvini a rialimentare la speranza in un Abruzzo e soprattutto in un’area nostrana da anni sprofondati nell’emergenza e con un entroterra troppo distante dal mare, in tutti i sensi. Ha vinto (troppo) largamente com’era nelle previsioni questo Marco Marsilio, sconosciuto ai più, trascinato da una Lega che fa notizia nel modo in cui si è impossessata dei territori, basti pensare alla quota 32% toccata nella rossa sfuocata Loreto Aprutino, il 25% a Penne dove Marsilio incassa nel complesso il 45,56% (5 Stelle il 32,27%, Legnini il 22,06%).

Non si bada al gioco, ma al risultato. Ma mezzo milione di abruzzesi non ha votato: è un dato allarmante!La gente, a partire dalla nostra zona, vuole essere considerata meglio e di più di quanto abbiano mostrato i predecessori di Marsilio. L’ultimo a non aver inciso come avrebbe dovuto e potuto è stato Luciano D’Alfonso, nel 2014 eletto in pompa magna, grazie anche allo scandalo di una rimborsopoli fatta di cene e dopo cene in camere d’albergo che aveva colpito il centro destra uscente di Chiodi, ma finita nei vari tribunali dello stivale, com’era facile immaginare, in una bolla di sapone, trattata all’italica maniera di fare giustizia: titoloni e fuffa, neppure una condanna. A Pescara ormai il celebratissimo tribunale riesce a chiudere nelle nebbie della prescrizione, già in primo grado, i processi penali contro il malaffare nei comuni, eppure non giudica i milioni di dossier di Milano, Roma e Napoli. Lo stesso D’Alfonso era reduce da una vicenda giudiziaria strillatissima a suo tempo, ma conclusa a Pescara con assoluzioni e un paio di prescrizioni, tanto per stare in argomento. D’Alfonso aveva capito l’aria pesante che tirava ed aveva scelto di restare in senato, dove si era rifugiato l’estate scorsa, in attesa chissà di fornire un aiutino senza vincolo di mandato alla maggioranza gialloverde che in quegli scranni ha un margine di superiorità numerica risicatissimo. La Lega allora scende in Abruzzo, si è inserita con tempismo, sfruttando il momento storico nazionale in cui il Movimento 5 Stelle paga un appannamento dovuto ad una crisi di identità e subisce una battuta d’arresto tutta abruzzese. Se la Marcozzi non si fosse candidata come consigliere nella circoscrizione di Chieti, non sarebbe neppure entrata alla Regione: lo prevede la legge abruzzese sul candidato presidente che arriva al terzo posto. E il secondo posto alle elezioni regionali va perciò a Giovanni Legnini, costretto dal partito democratico nazionale, in congresso permanente effettivo da mesi, a riprovare a riordinare le fila nelle province abruzzesi. Lui, Legnini, dopo quattro anni alla guida del consiglio superiore della magistratura, non aveva neppure ripreso la tessera del Pd e proveniva da due legislature in parlamento. Alla svelta, ha dovuto riunire le truppe allo sbando, nascondere le bandiere dei democratici e circondarsi di liste civiche. Un po’ come fa una squadra ultima in classifica che prova in tutti i modi a strappare qualche punto. La notizia è proprio questa: il centro sinistra vive una crisi che localmente assume contorni inquietanti. E’ tutto dire che non tornerà a sedersi all’Emiciclo neppure un collettore di voti come Donato Di Matteo. Da qui la Lega che avanza. Rispetto ai 5 Stelle, è gente che appare più scaltra a livello politico. Ne fanno parte anche ex esponenti di una Forza Italia ridotta ai minimi termini con un Berlusconi quasi archiviato. Dunque, un partito quello di Matteo Salvini che potrebbe durare. Cosa si aspetta la nostra zona?Intanto, che metta mano alla sanità. Può farlo, deve farlo. Ha il potere per farlo. Marsilio nel suo programma lo ha fatto capire. “Nel nostro piano di riordino-ha detto-prevediamo un’attenzione massima rispetto alle esigenze del territorio, in modo particolare delle aree svantaggiate, così da programmare un intervento di reale riequilibrio tra le zone interne e le aree metropolitane”. Ma è il piano strategico complessivo che dovrebbe caratterizzare l’azione di governo dei nuovi amministratori regionali. Ricucire uno strappo sempre più profondo fra le aree interne e la costa. In questo senso l’asse Comune di Penne e Pianella-Provincia-Regione potrebbe far sperare in una svolta. La gente se lo aspetta, al di là delle insegne: quelle passano, forse. 

Berardo Lupacchini

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