INTEGRAZIONE: LORETO APRUTINO ACCOGLIENTE MA L’ITALIA NON È LA GERMANIA. Analisi sul territorio attraverso le parole di un rifugiato, di un’assistente sociale e di un assessore

di Gianfranco Buccella 

Se compi uno sforzo qualcosa otterrai” questo il messaggio che il Vice Cancelliere tedesco Sigmar Gabriel inviò nel 2016 ai migranti giunti in Germania. Aiutati che Dio ti aiuta potremmo tradurre noi italiani…ma non è sempre cosi! 

Il 2016 è l’anno in cui in Germania entra in vigore l’Integrationsgesetz letteralmente legge sull’integrazione. Il principio alla base della riforma è “supportare e sfidare” perché i richiedenti asilo che dimostrano capacità e volontà di integrarsi nella società tedesca e hanno alte probabilità di rimanere permanentemente in Germania, avranno un accesso semplificato e veloce ai programmi di integrazione e alle opportunità lavorative, mentre viene imposta una riduzione dei benefici nei confronti dei richiedenti asilo che non collaborano al loro processo di integrazione. Il rifiuto di prendere parte a tale programma senza una giusta causa porta alla riduzione delle prestazioni sociali.

Karam Kabbani un attivista fuggito da Aleppo, in Siria, dopo essere stato torturato dagli sgherri di Bashar al Assad, se la passa peggio. Fumando una sigaretta dopo l’altra, racconta di cinque angosciosi anni trascorsi passando da un’agenzia a un’altra, costretto ad accettare lavori senza prospettive e senza che gli sia stata offerta alcuna assistenza per le sue ferite psicologiche. Il suo piano è stato lasciare la Germania appena possibile.   “I tedeschi sono persone molto chiuse” dice Nessuno vuole aiutare nessun altro”. C’è, in sostanza, in Germania, un efficiente livello legislativo di integrazione di cui lo Stato si fa carico, forse al fine ultimo di incrementare il PIL , ma una scarsa integrazione a livello psicologico, interpersonale e sociale. In Italia le cose vanno nella direzione opposta. Buono il livello d’integrazione interpersonale, grazie al carattere caloroso e generoso degli italiani; assolutamente inefficiente l’intervento legislativo e statale. Questo sembrerebbe il dato finale che ricavo dalle mie interviste. Una, fatta all’assistente sociale del Comune di Loreto Aprutino dott.ssa Valeria Cirone e, l’altra a  Khatir Najibullah, fuggito dall’Afghanistan e, per un breve periodo, ospite presso la casa di riposo di Loreto Aprutino gestita dall’ASP (Azienda per i Servizi alla Persona) di Pescara.

La dott.ssa Cirone da ben dodici anni esercita a Loreto la sua professione di Assistente Sociale. Non può fornirmi dettagli specifici sugli assistiti a Loreto ma ha ben contezza del quadro complessivo della situazione, sia dei disagi degli stranieri sia dei nostri connazionali. La comunità straniera numericamente più presente a Loreto è quella rumena anche se nella percezione immediata sembrerebbe quella magrebina (Libia Tunisia, Algeria e Marocco) così come è evidente una differenza di atteggiamento tra uomini e donne, con i primi più integrati nella vita quotidiana mentre le donne scelgono una vita molto riservata e chiusa all’interno del proprio gruppo di appartenenza.

Sono stati predisposti degli specifici progetti di integrazione a Loreto?

No, da parte del Servizio Sociale no: quando si rivolgono al Servizio Sociale l’unico aiuto che io posso fornire è quello a livello economico, attraverso il pagamento di bollette o per buoni mensa o per buoni spesa. Il tutto avviene dietro presentazione del modello ISEE seguendo quindi la normale trafila degli stessi italiani. Se superano un reddito di 8 /9 mila euro sono esclusi dall’elargizione del sussidio. La nostra assistenza si limita a soddisfare bisogni primari di natura prevalentemente economica sia per gli stranieri sia per i locali, con un occhio di riguardo verso gli stranieri, ma sempre nel rispetto dei vincoli di legge e mai con l’elargizione di denaro contante. Mi occupo comunque anche delle problematiche riguardanti i minori e le relative relazioni all’interno dei nuclei familiari

Loreto Aprutino

Interviene casualmente, Maria Mascioli, Assessore con delega ai Servizi Sociali e Demografici del Comune e approfitto per chiederle appunto i dati concernenti le presenze straniere a Loreto e, al tempo stesso, ricordo con lei il progetto di Integrazione lavorativa effettuato con l’ASP provinciale per i ragazzi stranieri ospiti nella casa di riposo M. Acerbo. Lei si dimostra subito molto disponibile a fornirmi i dati riportati in tabella e a parlare “Il Progetto è stato svolto in collaborazione con l’ASP ed ha ottenuto discreti risultati anche se i ragazzi erano poco motivati e non garantivano la presenza sul posto di lavoro. Il  responsabile ASP ha dovuto faticare molto a far loro comprendere l’importanza dell’attività volta a far crescere il loro livello d’integrazione” Il tema è interessante e con  l’assessore ci diamo appuntamento per approfondire ulteriori progetti sociali a Loreto Aprutino. 

Riprendiamo allora il discorso con la dott.ssa Valeria che continua a raccontare: “Spesso vengono da me famiglie italiane che mi lasciano abiti dismessi ed io mi adopero a far sì che, laddove ravvisi delle necessità, mandi a chiamare le persone interessate e provvedo alla distribuzione. Il problema principale che riscontro è la loro ritrosia ad apprendere la lingua italiana specialmente per quanto riguarda le mamme straniere. Questo rende un po’ più difficile la comunicazione verbale. Le invito a frequentare corsi di lingua italiana, ma non sembrano interessate. Forse a causa della loro cultura, in cui la donna deve occuparsi solo della casa,dei figli e dei mariti. Spesso i loro figli diventano dei veri e propri mediatori linguistici e culturali.

Hai mai dovuto registrare casi di maltrattamenti all’interno di queste famiglie?

No, non mi è mai capitato di registrare casi di violenze domestiche ma devo dirti sinceramente che forse per “paura” alcuni casi non sono segnalati. Paura che l’Assistente Sociale possa togliere l’affidamento dei figli o paura di eventuali denunce, ma mi guarderei bene dall’intraprendere qualsiasi provvedimento che potesse apparire superficiale, e comunque sempre con la massima sensibilità protettiva rivolta ai minori. Mi capita che qualcuno mi fermi segnalando casi sospetti ma non ho trovato mai nessuno disponibile a mettere la segnalazione nero su bianco. Io non ho alcuna possibilità autonoma di intervenire in casi del genere.

Durante il confinamento da Covid che problemi ci sono stati?

Molte famiglie, specialmente nel periodo del lockdown, hanno avuto problemi ma per alcune di queste, sono stata limitata nell’intervento a causa della loro dignitosa fragilità e riservatezza, quindi non sono riuscita a raggiungerle. Però c’è da dire che durante l’emergenza nessuno era tenuto alla presentazione di un modello ISEE e così è stato più facile distribuire pacchi famiglia o addirittura provvedere al pagamento delle bollette. Magari ci sarà stato qualcuno che ne ha approfittato e qualcuno, come dicevo, per vergogna non ha ricevuto forme di aiuto. Il sociale è il settore dove più si abbattono i tagli dei Governi Centrali per cui le nostre possibilità di fornire aiuti consistenti si sono ridotte. Gli stranieri vengono aiutati alla stregua degli italiani e, devo dire la verità, ho riscontrato, da parte della comunità loretese un profondo atteggiamento di apertura e mai ho registrato episodi di razzismo o di qualsiasi intolleranza.

È talmente vero quello che dice Valeria che il mio rapporto con Najibullah lo dimostra. L’ho conosciuto nella biblioteca di Loreto nel 2017, durante quel progetto condiviso con l’assessore. Io insegnavo italiano agli stranieri come volontario ed ho subito stabilito con lui un rapporto amichevole per via di una comune conoscenza di due coniugi di Collalto, a Penne, che lui aveva conosciuto quando era al LAPISS, Laboratorio Aree Protette Italiane per lo Sviluppo Sostenibile. Parlando scopro di più, Amerigo e Giselda, per me lontani parenti, per Najibullah  sono la sua mamma ed il suo papà italiani.

In Italia, però, era arrivato il 15 novembre 2015 attraverso i Balcani, dopo aver percorso 6.000 Km a piedi ed avere ottenuto il riconoscimento di status di rifugiato solo l’1 febbraio del 2016. La sua storia è lunga e travagliata e ve la racconterò nel prossimo numero di Lacerba. Il suo processo d’integrazione in Italia sarà il limite entro il quale manterrò le fila del colloquio avuto con lui alcuni giorni fa.

Tu, caro Naijb, sai benissimo che l’Italia è un paese molto accogliente ma altrettanto sai quanto i diritti di un rifugiato siano difficili da far valere. Che cosa ha fatto l’Italia per favorire questa tua integrazione?

Quando sono entrato in Italia sono stato subito mandato al centro di accoglienza LAPISS di Penne e, dopo quattro giorni, ho subito cominciato a lavorare con il WWF per un anno, poi sono stato trasferito a Loreto Aprutino con L’ASP e, in seguito, sono stato con l’ARCI, girando così tutti i centri di accoglienza della Provincia di Pescara come interprete, in quanto conosco ben cinque lingue. Questo mi ha consentito di lavorare anche presso la Questura, la Prefettura e il tribunale.

A questa massima considerazione come mediatore con afgani, pakistani, bengalesi ecc. è corrisposta una maggiore tutela dei tuoi diritti di rifugiato politico?

Contento per la considerazione, ma, sebbene qui parlino tanto dei diritti dei Rifugiati politici, io non ho mai ricevuto niente da nessuna delle istituzioni. Ho fatto tutto da solo: trovare il lavoro, prendere la patente, comprare la macchina, mandare soldi alla mia famiglia in Afghanistan e alla fine, per abitare in una casa pagando affitto, mangiare, e bollette mi sono indebitato con vari amici per 15.000 euro. Ho lavorato tanto ma mi hanno sempre pagato poco.

Ma almeno come interprete sei stato pagato?

Dal 2015 fino a qualche giorno fa sono sempre stato chiamato a farlo, mi hanno sempre rilasciato una ricevuta ma io non ho mai pensato di dover ricevere un compenso per questo. Quando sono stato a Penne per tre mesi, ho ricevuto 75 euro al mese e, dopo aver preso i documenti, non mi hanno più pagato nulla. Ho lavorato, però con la COGECSTRE per un anno e sei mesi e mi hanno dato 50 euro a settimana togliendomi comunque, credo legalmente, i 75 euro che prendevo prima.

Riuscivi a mandare qualche somma di denaro a casa?

Prima no, poi quando ho cominciato a lavorare nei ristoranti con i cinesi, ho cominciato a mandare qualche soldo alla mia famiglia. In questi cinque anni sono riuscito a mandar circa 1.500 euro. La mia famiglia adesso sta bene, ma io manco a loro e loro mancano a me.Vorrebbero venire in Italia ma è molto difficile uscire dall’Afghanistan, essendo stata ritirata l’Ambasciata Italiana, e inoltre qui è molto difficile trovare un lavoro stabile che mi permetta di mantenere la moglie e quattro figli. Mi è perfino difficile ottenere la Cittadinanza, di cui avrei diritto dopo cinque anni di permanenza in Italia, ma avendo più volte cambiato residenza, ho interrotto la continuità di permanenza e quindi non posso presentare richiesta di Cittadinanza. Io stesso non so bene quali sono i miei diritti di Rifugiato e nessuno mai mi ha detto cosa posso ottenere dallo Stato, potrei forse avere il reddito di cittadinanza, ma io non voglio aiuti economici senza meriti, io voglio lavorare.

Nonostante l’amarezza che emerge dal racconto, Najibullah  conserva, e riesce a manifestare, equilibrio e pacatezza, il tono di voce è quasi monocorde ma lo sguardo s’illumina e gli occhi acquistano una luce particolare quando parla dei suoi genitori Amerigo e Giselda, del suo maestro di Italiano e di quanti in Italia l’hanno aiutato permettendogli di guadagnare qualcosa e di andare avanti. Tanto tranquillo rimane lui, tanta irritazione sale in me, quasi rovesciando le parti in gioco. Capisco che la sua dolcezza sia nella gratitudine di aver incontrato le singole persone, che gli vogliono bene, che lo hanno soccorso, come se tra la società e le istituzioni ci fosse un vuoto che l’organizzazione delle leggi non riesce a colmare. Come scritto continuerò a parlarvi di Najibullah perché anche voi possiate inquietarvi un po’, come è accaduto a me nel conoscere la sua storia. Lui, malgrado tutto, è felice. Felice perché è vivo, io no, sono vivo ma infelice per lui.

La sua storia smentisce in parte il principio ispiratore della legge sull’integrazione promulgata dalla Germania: “Se compi uno sforzo qualcosa otterrai” …lui, con tanti sforzi, ha ottenuto il rispetto della gente, adesso gli sforzi dovrebbe farli qualcun altro. “Aiutati che Dio t’aiuta”…un po’ anche lo Stato, però!

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