PENNE – L’immagine è sempre quella dell’assessore alle finanze e del ragioniere capo del piccolo o piccolissimo Comune seduti di fronte a una batteria di manager in grisaglia.
E’ dentro questo schema di rapporto, asimmettrico per natura, che matura il pasticcio dei derivati, prodotti finanziari ad altissimo rischio scaricati sugli enti locali con il miraggio di far quadrare i bilanci riducendo il peso degli interessi passivi. Un incubo dal quale Penne, uno dei Comuni più inguaiati d’Abruzzo, esce vittoriosamente grazie a una sentenza del tribunale di Pescara che condanna la Bnl a restituire circa settecentomila euro per due contratti Swap, contro i 222 mila euro e passa che l’ente ha accettato di pagare per un terzo contratto, escluso dalla causa in corso d’opera. A conti fatti, se anche la corte d’appello confermerà la sentenza, mezzo milione di euro tornerà nelle casse dell’amministrazione di Penne alla fine della scorribanda nell’alta finanza.
Il principio affermato dal tribunale di Pescara, destinato ad illuminare le decine di controversie aperte in tutta Italia, è l’illiceità delle cosiddette commissioni implicite, costi occulti o esplicitamente esclusi dalle regole contrattuali, che le banche pongono a carico dei Comuni come operatori finanziari dopo aver svolto anche il ruolo di consulenza in materia di finanza derivata. Una doppia veste che, scrivono i giudici, «pone innanzitutto una questione di consulenza fedele dell’intermediario finanziario». Le cose, secondo quanto ricostruito dalla consulenza tecnica dello studio indipendente Csi e confermato dal tribunale, non sono andate esattamente così nel caso di due dei contratti impugnati dal Comune di Penne, gli Irs – interest rate swap – 109163 e 156118. Ora è bene ricordare che i cosiddetti derivati sono in sostanza scommesse su futuri andamenti dei tassi che le parti promettono di scambiarsi in relazione ad una somma base chiamata capitale nozionale. La regola base del gioco è che all’inizio del rapporto il valore di uno Swap sia nullo e che lo sbilancio a favore di una delle parti venga compensato con un pagamento immediato a favore dell’altro contraente, il cosiddetto upfront, denaro fresco che ha spinto molti Comuni a firmare con la prospettiva di imbellettare i bilanci. Nel caso dei due Irs del Comune di Penne, il valore degli upfront al momento della stipula è stato stimato in 933 mila e 500 mila euro, senza previsione di commissioni da scalcolare. La Bnl, invece, ha trattenuto, a seconda del metodo di calcolo del mark to market (lo sbilanciamento iniziale a suo favore) circa 800 mila euro di commissioni implicite. Morale dei giudici pescaresi: «La circostanza che la banca abbia corrisposto, per ciascun contratto, l’upfront non in misura integrale, per come sarebbe stato in considerazione del valore negativo di mark to market dei contratti per il Comune, caricando sul cliente il pagamento di commissioni non previste, anzi escluse dai contratti, configura l’ipotesi di pagamento, da parte del Comune, ab origine indebiti». E’ il motivo per il quale Penne, con l’assistenza dell’avvocato Duilio Manella, ha vinto la causa e molti altri enti locali,a partire da Pescara, sperano.(fonte: Il Messaggero)