Pesci (Brioni) a Il Sole24 Ore: «L’azienda studia un potenziamento»

PENNE – “Siamo passati sotto il controllo di Kering poco meno di un anno e mezzo fa e da subito abbiamo lavorato sull’espansione del retail e sul ringiovanimento del marchio, per attirare anche una fascia di clienti fra i 35 e i 45 anni, visto che quella fra i 45 e i 55 la presidiamo da sempre. Intanto puntiamo sempre più sul know how artigianale degli 850 sarti che lavorano nel nostro atelier di Penne, in Abruzzo”.

Francesco Pesci, amministratore delegato di Brioni, snocciola le strategie del marchio di sartoria maschile, saldamente posizionato nell’apice del lusso, nel nuovo showroom milanese. Lunedì prossimo, nel calendario di Milano moda uomo, è fissata la presentazione della collezione disegnata da Brendan Mullane. Forse per l’ultima volta prima del ritorno alle passerelle del brand che dà lavoro a 1.800 addetti fra le sei fabbriche in Abruzzo, e quelle di Curno, Bologna e Modena.

Pesci, tornate a sfilare?

Brioni è stato il primo brand di moda maschile a sfilare nel 1952 a Firenze: tornarci è un obiettivo per il quale dovremo prepararci bene. Forse per il gennaio 2014.

È un supporto determinante nella comunicazione.

Abbiamo una brand equity gigantesca: negli Stati Uniti e in Giappone, secondo una ricerca commissionata a una società specializzata, è addirittura superiore a quella di Hermès. Brioni è un brand-gioiello che ha sofferto di investimenti insufficienti in comunicazione e in visibilità “fisica”, non all’altezza della reputazione e del prestigio. Era un’azienda a conduzione familiare e dopo tre generazioni era venuta a mancare la spinta propulsiva.

Secondo una stima di Exane Bnp Paribas, i ricavi di Brioni sono circa 350 milioni, con un Ebit di 15 milioni. Come valuta il vostro 2012?

La crescita è stata buona e lo sarà anche quest’anno, mentre nel 2014 passeremo a una vera fase di accelerazione.

Qual è l’ordine della crescita dei ricavi nel 2013?

Stiamo facendo tutto il possibile per arrivare alla doppia cifra, anche se l’Europa centrale non tira troppo, ma l’obiettivo è di aumentare molto il fatturato altrove. E comunque stiamo entrando in uno sviluppo abbastanza impetuoso: bisognerà convivere con gli ammortamenti di investimenti di capitale importanti sul fronte retail.

E gli obiettivi sui profitti?

L’azienda si pone un target di aumento di redditività importante. Già nel 2012 il risultato è stato nettamente superiore a quello del 2011 e migliore rispetto alle attese di Kering.

Torniamo all’espansione retail, leva fondamentale.

Tutto il wholesale in Europa si sta indebolendo e ha maggiori difficoltà nel recepire l’immagine di un marchio: oggi abbiamo 37 monomarca di proprietà più 47 monomarca in franchising; in Cina abbiamo 16 punti vendita in franchising e stiamo facendo il possibile per riacquistarli. Ovviamente punteremo anche su aperture addizionali.

Dove?

Negli Usa, che sono il mercato principale per Brioni, perché è quello dove siamo presenti da più tempo. In Russia e Repubbliche ex Urss, che sono mercati enormi. Infine la Cina, appunto, anche se sembra una banalità.

E l’Europa?

È il cortile di casa, ma non vedo fattori di crescita significativa nei prossimi 5-10 anni. Ma, poiché è qui che si costruisce il posizionamento del marchio, faremo investimenti importanti per migliorare il retail, in particolare nei mercati di lingua tedesca. Senza contare che nel 2015, l’anno dell’Expo, celebreremo i 70 anni dell’azienda nei negozi di Milano e Roma che attirano la clientela-target: il turismo per l’Italia è un vantaggio competitivo sottoutilizzato.

Parliamo di manifattura.

L’artigianato è uno strumento per garantire occupazione e il nostro caso lo dimostra. Nel 1985 abbiamo lanciato a Penne, in Abruzzo, il primo corso di sartoria: ora abbiamo 850 persone in produzione in atelier fra sarti e capireparto e tutti vengono dai nostri corsi interni. Sono 4 anni di apprendimento al di fuori dell’atelier, si studiano italiano, inglese e matematica, poi si fa un anno di apprendistato e, a seconda delle inclinazioni, si viene assunti con contratto a tempo indeterminato. Il maestro sarto più anziano ha 42 anni e il suo braccio destro 28!

Pensate di aumentare il numero?

Stiamo riflettendo sull’opportunità: oggi sono venti innesti ogni quattro anni. Si parla tanto di su misura, ma in realtà la capacità artigianale è scarsa. Solo in Cina aggiungeremo presto 12 negozi e serviranno 12 sarti. E sarte, ovviamente.

È un lavoro che suggerirebbe a un giovane?

Il nostro capo sarto è stato diverse volte a Buckingham Palace: cosa che a me non capiterà mai, a meno che non diventi ambasciatore.

(IlSole24ore – 22 giugno)

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