Da una lunga battaglia fra ecologisti e cacciatori, nacque nel 1987 l’oasi del lago pennese. Rileggiamone le origini
di Franco Tassi – (da Il Messaggero del 28 ottobre 1987)
“Avvenne intorno al 1953 o 1954, non ricordo bene”, rievoca l’ex sindaco di Penne Camillo De Fabritiis. “Stavano per tagliare la gigantesca quercia di Colleromano, un francescano del vicino convento corse a dirmelo trafelato: mandai subito sul posto il capo dei vigili, e così riuscii a bloccare lo scempio…”.
Il segone a mano ha lasciato sulla scorza rugosa una cicatrice orizzontale ormai rimarginata, ma ancora visibile. E poi un fulmine spaventoso ha scortecciato il tronco dall’alto in basso lungo una linea sottile, ma nonostante tutto il patriarca plurisecolare è ancora lì. E oggi a difenderlo dal proprietario d’un vicino villino, che vorrebbe farlo abbattere, c’è il nuovo sindaco Fabrizio, figlio di Camillo. La storia della grande quercia simboleggia in fondo il destino di Penne, una delle più belle ed antiche città d’Abruzzo, nel cuore della terra dei Vestini, dal Medioevo al dopoguerra, gloriosa sede vescovile. Con 11 mila abitanti, tremila nani di storia ed una posizione invidiabile su quattro colli ai piedi del “Gigante addormentato”, il Gran Sasso, ma anche ad un salto dal placido Adriatico. “Come nel resto d’Italia, anche qui un patrimonio culturale straordinario è andato disperso-confida sconsolato il professor Mario Costantini, insegnante nella locale scuola d’Arte- Eppure c’è ancora tanto, tantissimo da salvare…”. E ci porta in giro ad ammirare chiese e campanili, a scovare panorami e cortiletti romantici, a riscoprire testimonianze della “cultura bertoniana” e paramenti vescovili raccolti nel civico museo, recentemente allestito ma ancora chiuso per gran parte dell’anno. Le vicende della storia si intrecciano con le sorti della natura, che anche su questo versante poco conosciuto del Gran Sasso può raccontare storie di sciocche indifferenze e barbare distruzioni. Alcune risalenti ormai ad altri tempi, come l’annientamento della celebre cascata Vitello d’Oro, nei secoli scorsi decantata da storici e viaggiatori. Ora però qualcosa sta muovendosi nel senso opposto, forse è davvero il segno dell’attesa riscossa. Il fatto emblematico, quasi insperato, è stata la creazione della riserva naturale del lago di Penne avvenuta senza troppo clamore l’estate scorsa. Merito dell’assessore all’urbanistica ed ai beni ambientali della Regione Sergio Antico Fortunato, che, istituendo dal 1985 in poi tutta una serie di piccole riserve naturali, ha finalmente rotto la cronica catalessi regionale in campo ecologico. Ma la battaglia per difender quest’oasi sul fiume Tavo era esplosa vivacemente già nel 1984, coinvolgendo di colpo l’intera cittadinanza. “Noi del WWF di Penne…stanchi di veder massacrare gli uccelli sul lago ci battevamo per far chiudere l’attività venatoria”, racconta Fernando Di Fabrizio, principale promotore della riserva. “I cacciatori, allarmati, girarono di casa in casa, riuscendo a raccogliere 300 firme contrarie. Nel giro di pochi giorni però li surclassammo, ottenendone oltre 1000 a favore della natura: fu così che, a tempo di record, l’oasi di 245 ettari venne istituita”. Un buon esempio di lungimiranza anche da parte del Comune e dello stesso Consorzio di Bonifica Vestina (proprietario dei suoli), che a dire il vero collaborarono con grande disponibilità ed efficienza. Allora, come per incanto, al posto dei bossoli e dei colpi di fucile ricomparvero i colori ed i canti degli uccelli stanziali e migratori: ogni anno più numerosi, con nibbi bruni, falchi pellegrini e falchi pescatori, svassi maggiori e persino mignattai e cicogne nere. Nel lago sostano o transitano ormai annualmente migliaia di pennuti, e vi sono state censite finora circa 130 specie diverse di volatili. Ma la novità più interessante è che si è già formata una singolare “garzaia”, vale a dire una colonia di nitticore, curiosi aironi abituati a volare ed a schiamazzare soprattutto al buio (il loro nome vuol dire, appunto, “corvi” di notte), con circa venti copie nidificanti ogni anno. “La gente di Penne ne va molto fiera, perché si tratta dell’unica colonia del genere in tutta l’Italia centromeridionale-spiega Osvaldo Locasciulli, un altro naturalista impegnato nella difesa della riserva-e già sono in corso tesi e ricerche in collaborazione con l’università dell’Aquila, su questa fauna miracolosamente recuperata”. Si spera ora che adeguate incentivazioni regionali stimolino lo sviluppo di attività educative con relativa occupazione per i giovani:”Quanto al Comune- sottolinea il sindaco Fabrizio De Fabritiis- abbiamo già destinato un antico edificio ad attività di educazione ambientale: da lì si partirà per la visita alla riserva, che vogliamo diventi una tappa d’obbligo per tutte le scolaresche abruzzesi”. Così la nobile città vestina ritrova la propria identità, come giusto ed attuale, nelle tematiche ambientali. E c’è persino chi sogna di riattivare il vecchio, ma comodissimo trenino che un tempo la collegava “ecologicamente” a Pescara, ma che venne stolidamente smantellato nel dopoguerra. Ci sono, al di là di ogni diversità geografica e politica, interessanti analogie tra questa città tranquilla e benestante (“merito soprattutto della nostra industria di abiti Roman Style- sottolinea il manager Lucio Marcotullio- che senza inquinare e non conoscendo mai crisi o recessioni, dà lavoro sicuro a 600 persone del posto”) ed altri casi simili, come quello di Fara San Martino: la cittadina famosa per l’ottima pasta, che già da anni ha voluto, e ora sostiene con impegno, la splendida riserva del Vallone di Santo Spirito, nel cuore della “Maiella madre”. Nell’una come nell’altra, dall’evoluzione e dall’agiatezza, legate ad attività produttive stabili e pulite, è fiorita una sorprendente cultura di sensibilità e rispetto per la natura, piuttosto insolita per un Paese come il nostro. Che non sia proprio questo il vero sviluppo, che non sia questa la strada da percorrere per costruire un avvenire di serena convivenza con la natura?