PENNE – Don Ciotti nobilita la rinnovata, sobria festa patronale di San Maasimo con un discorso straordinariamente efficace. Un’ora e un quarto che ha scosso l’uditorio, almeno 500 persone, in piazza al freddo. C’erano l’arcivescovo Tommaso Valentinetti e il parroco Giorgio Moriconi. Il sacerdote torinese, una vita in trincea contro le mafie e per esaltare i valori della legalità e della responsabilità soprattutto, ha esordito ricordando la figura di Emilio Alessandrini, il magistrato originario di Penne ucciso a 37 anni dal terrorismo di Prima Linea nel ’79 a MIlano.
“La legalità-ha detto-è la saldatura fra la responsabilità e la giustizia. In Italia occorre una nuova etica. Quando si parla di mafia è perchè c’è di mezzo un segmento di politica”. Da Alessandrini a Rosario Livatino, un altro giudice freddato da mani armate, quelle mafiose, nel ’90. Il giudice-ragazzino, eliminato a 36 anni, scriveva un diario che don Ciotti ebbe occasione di leggere. Ha voluto rivelare al pubblico pennese un episodio:”Ci dovremo chiedere non quanto avremo creduto, ma se saremo stati credibili!”. Il sacerdote ha ricordato di aver conosciuto i genitori di Livatino che incontrarono nel ’93 ad Agrigento Giovanni Paolo II prima del suo durissimo discorso contro le mafie pronunciato alla Valle dei Templi. Don Ciotti ha anche dedicato un flash ai recenti fatti di sangue di Pescara sull’omicidio Rigante e della durissima presa di posizione di molti che vorrebbero cacciare dal capoluogo adriatico la radicata comunità rom. “Ma la diversità è il sale della vita”, ha osservato dal palco di piazza Luca da Penne senza comunque mai nominare chiaramente la vicenda. E ha concluso così:”La chiesa per il mondo non per se stessa”.