Riaperte le indagini sul conflitto a fuoco alla cascina Spiotta del 5 giugno 1975 fra Brigate Rosse e Carabinieri

Si sono riaperte le indagini per ricostruire, a tutto campo, il conflitto a fuoco che vide, nel giugno 1975, le Brigate Rosse e i Carabinieri affrontarsi alla cascina Spiotta di Melazzo, in provincia di Alessandria. Non tutto è chiaro, vi sono delle responsabilità non attribuite, un brigatista che allora fuggì non è ancora noto.

Sono due i fatti nuovi:

– sta uscendo in queste settimane in rete e nelle librerie la pregevole e documentata opera di giornalismo investigativo di Simona Folegnani e Berardo Pupacchini con titolo “Brigate Rosse. L’invisibile” pubblicato da Edizioni Falsopiano.

– nelle scorse settimane Bruno D’Alfonso, figlio di Giovanni D’Alfonso carabiniere ucciso dalle BR il 5 giugno 1975, con l’assistenza e rappresentanza dell’avv. Sergio Favretto del Foro di Alessandria, ha depositato un esposto e la richiesta di riapertura indagini sul fatto presso la Procura della Repubblica competente per materia. Il figlio Bruno ha inteso formalizzare un input preciso per giungere alla verità di quel conflitto che vide il papà ucciso, la brigatista Mara Cagol uccisa e due carabinieri feriti. Non solo, un brigatista corresponsabile fuggì e si nascose nel bosco. Ad oggi nessuno conosce l’identità di quel brigatista.

L’esposto, commenta il figlio Bruno, “…è il frutto dell’esame di moltissimi documenti processuali di allora e di altre indagini sviluppatesi in seguito sulle BR, come pure delle dichiarazioni rese da protagonisti del terrorismo e delle forze dell’ordine che allora indagarono in sede di Commissione parlamentare Moro o Stragi. Vi sono, a mio avviso, molti elementi nuovi che certamente porteranno alla piena ricostruzione dei fatti e alla completa verità sul perché e come venne ucciso mio padre. Molte persone sanno e possono aiutare la verità. Ho piena fiducia nella magistratura”.

Il libro “Brigate Rosse. L’invisibile” è invece una miniera di informazioni, di collegamenti, di indiscrezioni, di ricostruzioni di fatti e protagonisti.

Ecco una scheda del libro:

Nel pomeriggio del 4 giugno 1975, a Canelli (AT) venne rapito l’industriale Vittorio Vallarino Gancia. In contemporanea, a seguito di un piccolo sinistro stradale e su un’auto di appoggio al sequestro, venne catturato e identificato il brigatista rosso Massimo Maraschi. Intervennero subito carabinieri di Canelli e del nucleo speciale del generale Dalla Chiesa. Nel mattino del 5 giugno, verso le 11,30 una pattuglia di carabinieri della stazione di Acqui Terme, in esplorazione sul territorio, raggiunse in piena campagna la cascina Spiotta in Arzello di Melazzo in provincia di Alessandria.

Vi fu un conflitto a fuoco fra i brigatisti che custodivano Gancia in una cella provvisoria e carabinieri, con bombe e fitta sparatoria. Vennero colpiti i carabinieri Umberto Rocca, Rosario Cattafi e Giovanni D’Alfonso, quest’ultimo venne colpito in più parti del corpo e morì dopo pochi giorni. Venne uccisa la brigatista rossa Mara Cagol, moglie di Renato Curcio. Un altro brigatista, dopo il conflitto a fuoco, riuscì a dileguarsi e fuggire nel bosco adiacente, nonostante il sopraggiungere di un’altra pattuglia di carabinieri. Ancor oggi non si conosce nè l’identità del brigatista fuggito e neppure l’esatta dinamica del conflitto a fuoco. E’ stato celebrato un processo, con esiti non completi.

Il libro ha il merito di riaprire una rigorosa indagine sul fatto drammatico della Spiotta, pur a distanza di anni; il libro si chiede perchè vi è ancora un brigatista sconosciuto e fuggito alla giustizia, perchè non si ha contezza piena di come si sono svolti i fatti e quali siano stati i protagonisti, quali siano state le lacune o i silenzi che avvolgono ancor oggi il conflitto a fuoco alla Spiotta.

Il lavoro di ricerca degli autori è durato anni; con metodo meticoloso e documentato hanno ricostruito il contesto politico e sociale di quel fatto, illustrando le tesi del doppio terrorismo rosso e nero con le reciproche attenzioni e connessioni che appaiono delinearsi ancor più con le recenti indagini giudiziarie; hanno raccolto testimonianze di molti protagonisti fra gli inquirenti intervenuti, fra alcuni brigatisti, fra agenti delle forze dell’ordine, fra giornalisti e studiosi. Sono stati consultati molti archivi e raccolte in emeroteche, sono stati lette migliaia di pagine di relazioni e verbali, sentenze e comunicati stampa. Si è scavato molto a fondo.

Nella narrazione e ricostruzione, gli autori offrono l’esatta collocazione temporale del conflitto alla Spiotta negli anni 1974-1975, fra il rapimento del giudice Mario Sossi a aprile 1974, la rivolta nel carcere di Alessandria del giugno 1974, l’arresto di Curcio e Franceschini a settembre 1974 a Pinerolo, l’assalto al carcere di Casale e liberazione di Curcio nel febbraio 1975, l’uccisione del giudice Francesco Coco a giugno 1976. Vengono declinati vari ritratti sintetici dei protagonisti di quei fatti. 

Tre le evidenze più significative:

– il mistero più fitto avvolge ancora il conflitto a fuoco della Spiotta, con morti e feriti fra i carabinieri e i brigatisti; non vi è ancora una ricostruzione univoca di quei fatti, della presenza ed azione delle forze dell’ordine, dei brigatisti e degli agenti dei servizi segreti e del nucleo speciale di Dalla Chiesa.

– ancor oggi la magistratura non ha identificato il brigatista rosso che, dopo aver partecipato al conflitto a fuoco, è fuggito nel bosco. Il libro, avvicinando congetture e indizi ben motivati, formula delle ipotesi circostanziate e precise.

– dopo il conflitto alla Spiotta e la morte della Cagol con fuga del brigatista, le BR aprirono una seconda fase, quella più militarista ed aggressiva dominata da Mario Moretti, fino poi al sequestro ed uccisione di Aldo Moro.

Gli autori si chiedono: non è fare piena giustizia identificare e catturare il brigatista fuggito alla Spiotta, non è fare piena giustizia dare finalmente la versione compiuta dei fatti avvenuti il 5 giugno 1975, in un’area già nota agli inquirenti come possibile area di rifugio dei brigatisti?

Il saggio riporta l’osservazione su un pezzo di storia del terrorismo rosso poco esplorata, nonostante i vari libri pubblicati e le commissioni parlamentari di inchiesta. Il conflitto a fuoco alla Spiotta, forse si rivela un anello debole e enigmatico del crescendo terroristico degli anni 70, un anello dimenticato.

Bruno, il figlio del carabiniere Giovanni D’Alfonso ucciso dalle BR, attende ancora una risposta esaustiva, vorrebbe conoscere tutta la verità o l’unica verità, da chi ideò e partecipò al rapimento di Gancia e al conflitto a fuoco seguito alla Spiotta.

Massimo, figlio del giudice Francesco Cocco ucciso dalle BR nel 1976, condivide identica attesa di tutta la verità sull’uccisione di suo padre. Per Coco la completa giustizia è un diritto.

Gli autori sono

Simona Folegnani (nata a La Spezia), laureata in Scienze giuridiche e anche in Giurisprudenza, ricercatrice indipendente, giornalista pubblicista, scrive di cronaca locale e giudiziaria/investigativa per vari periodici, collabora con studi legali e svolge attività forense.

Berardo Lupacchini (nato a Penne), giornalista pubblicista, direttore di periodici abruzzesi, impegnato in ricerche ed indagini investigative, collaboratore del quotidiano Il Messaggero.

 

 Nel libro le prefazioni di

 Bruno D’Alfonso (nato a Manoppello), già carabiniere, figlio di Giovanni D’Alfonso, carabiniere ucciso dalle BR alla Spiotta il 5 giugno 1975. Da anni alla ricerca della verità sul conflitto a fuoco avvenuto nel 197 alla cascina Spiotta.

Massimo Coco (nato a Genova), figlio del magistrato Francesco Coco ucciso dalle BR il giorno 8 giugno 1976 a Genova. Docente in vari conservatori musicali, violinista e compositore, impegnato in prima persona per ottenere giustizia sui fatti di terrorismo italiano.

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