PESCARA: DAL 20 NOVEMBRE MAURIZIO RUZZI A SPAZIO BIANCO
Il ritratto dell’artista nelle parole di Gianfranco Buccella per Lacerba

Verrà inaugurata sabato 20 novembre alle 17.30 la mostra di Maurizio Ruzzi nello Spazio Bianco di viale Regina Margherita a Pescara, con l’intervento del curatore e critico d’arte Massimo Pasqualone. La mostra resterà aperta fino al 30 novembre negli orari di apertura della galleria. Per l’occasione  proponiamo l’articolo di Gianfranco Buccella sull’artista abruzzese.

“Appuntamento alle 15.30. MI presento nello studio, col tablet tra le mani per registrare la mia intervista a Maurizio Ruzzi. Ci conosciamo da quando lui, bambino, scendeva da Fiorano per andare a scuola. Non porto con me il solito programma di domande. Scontata è la possibilità di instaurare una conversazione interessante sull’arte, anche se ho, della sua, solo una vaga idea. Ero andato precedentemente sul web ed avevo digitato: arte concettuale, pittura metafisica. Un minimo di preparazione la ritengo essenziale. Lo trovo seduto sulla sua postazione intento a chiudere le finestre del pc, dopo un breve saluto, gli dico: “Tranquillo, intanto approfitto per fare un po’ di foto al tuo studio”. Si alza e mi viene incontro: “Ma io non ti ho mai regalato nessun volume?”. “No-rispondo- non ho niente dei tuoi lavori. Prende per primo un bel tomo: “Maurizio Ruzzi – L’arte con la musica nel cuore – a cura di Lucrezia De Domizio Durini “, poi un opuscoletto “ BLACKOUT – non siamo al momento raggiungibili” ed infine, dopo averlo con fatica liberato dal cellophane, mi porge un volume molto colorato dal titolo: “Mediterraneo nell’arte – onde di emozioni”.
Con il sorriso sotto i baffi, che io conosco bene, mi guarda e: “Vai a studiare!” – Non gli do credito e confido nello humor inglese che abbia il fine di farmi sentire a mio agio. Provo ad accendere il tablet ma lui insiste: “No, no vai a studiare!” Il tono, stavolta, mi fa capire l’inutilità del procedere. L’intervista, forse, me l’avrebbe concessa solo dopo la lettura del tomo, del volumetto e dell’opuscolo. La colgo come occasione per migliorare la qualità di quell’incontro futuro. Nel frattempo parliamo, non registro neanche una sillaba ma solo vibrazioni. Tutto quello che dovrò raccontare lo troverò già scritto.
INCONTRI
Sono una collezionista di rapporti umani”. Così si definisce la Durini in quel grosso volume in cui traccia il profilo di Maurizio Ruzzi e questa definizione racchiude gli ultimi anni del mio lavoro con Lacerba. Le parole chiave che Maurizio ha disseminato come sassolini nel nostro incontro, mi rivelano il compito di questa mia “non intervista” come se per la prima volta dovessi io esplorare tra le risposte per farmi delle domande. E scoprire che anche io sono un collezionista di rapporti umani e devo raccontarli calandomi completamente nella persona che ho davanti. Un’osmosi emozionale che mi rende migliore, mi “accultura”, mi fa crescere e fa crescere le mie conoscenze. Trasferirla ai lettori del Territorio Vestino è processo ulteriore che fa diventare il giornale occasione di “incontro” tra le variegate esperienze artistiche e culturali, spalmabili sulla terra che calpestiamo, come una massa di lievito che tracima i suoi limiti geografici e storici.

L’ARTE E LA MUSICA NEL CUORE
Mi accingo a studiare cominciando proprio dal volume che la Baronessa Durini ha redatto per delineare la figura dell’artista Ruzzi. Ero andato per interrogare e mi ritrovo a studiare. Sempre più chiare le sue ultime parole “Guarderò solo l’impaginazione e le foto, per il resto mi fido di te”. Tutto quello che c’è da dire, alfine, devo scoprirlo, scovarlo, devo setacciare, immaginare risposte e farmi domande ricostruendo il suo spirito artistico  attraverso i sassolini che mi trasformeranno in un moderno Pollicino sulla strada dell’andata.

SPAZIO-CASA
La casa come spazio energetico. Era questa la domanda fondamentale che avrei fatto a Maurizio: “Che significato ha per te la casa?” E’ presente in ogni sua opera ed assurge ad icona; è rappresentazione prototipica di ogni sua elaborazione artistica, immagine sacra, dipinta su legno o lastra di metallo, su tela, su foglio o su qualsiasi altro materiale. La casa il luogo dove ognuno di noi si rifugia. Il luogo dove i ricordi si formano e si accumulano. E’ l’eco delle sue origini che si ripete nella valle dell’ esistenza. E’ la Damasco del Ruzzi. “Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia. ”Queste le parole del Signore a Paolo di Tarso, dopo la caduta da cavallo.
Lo scritto della Baronessa mi giunge in soccorso .
Maurizio si era all’epoca trasferito in Belgio a Genk , paese di minatori, ospite di una famiglia loretese.
Nel passato la Compagnia delle miniere in questo luogo disabitato aveva costruito appositamente piccole “case” per minatori, che, percependo un misero stipendio, compensava con l’abitazione e un certo quantitativo di carbone a seconda dell’entità della famiglia. Maurizio con la sua macchina fotografica girava nelle vie del villaggio cercando invano qualcosa che potesse attirare il suo interesse, ma quel luogo era un vero squallore. Ad un tratto, in un angolo di una piazzetta in mezzo a quelle tristi costruzioni scorse un piccolo fabbricato semi diroccato e fatiscente che lo attrasse enormemente. Era l’unica vecchia casa dei minatori ancora in piedi nell’intero villaggio. Iniziò a fotografarla in tutte le visioni possibili, poi si sedette sul marciapiede di fronte e guardandola a lungo gli apparve come una scultura di arte contemporanea…..in cima un abbaino affumicato dove i minatori depositavano il carbone. La sua mente vagava lontano…rivedeva i suoi disegni da bambino dove con semplici tratti la casa assumeva un aspetto umano: gli occhi le finestre, il naso il balcone, la bocca il portone…. Concatenò questa visione puramente casuale alle sue case: le opere su legno…l’energia… il calore. Un passaggio di lavoro filologico che la forza dell’io non delude, ricostruisce in spazi mentali sempre più vasti e duraturi” (Lucrezia De Domizio Durini in Maurizio Ruzzi –L’arte con la musica nel cuore). Ed ecco svelato il mistero, l’arte non va disvelata all’intelletto ma amata col cuore! Ogni opera parla al cuore del fruitore che decodifica con i suoi alfabeti etici, estetici ed emotivi. L’intelletto non ha nessun ruolo nell’atto d’amore. Ogni primo impatto con l’opera d’arte è un colpo di fulmine che fa vibrare le ali della farfalla emotiva che coinvolge l’intero essere, quello biologico, emotivo ed intellettuale. Se artisti si nasce, oserei dire che anche amanti dell’arte difficilmente lo si diventa se non si ha un minimo di prerequisito.


 

 

 

 

 

 

 

 

IL TEMPO GARZONE DI BOTTEGA
Lo studio di Maurizio è una bottega di vecchie tavole “E queste?” Sarebbe stata la mia seconda domanda Studio ancora stringendo tra le mani il sassolino del Tempo. Il tempo è per Maurizio il suo garzone di bottega. Altra caratteristica della sua arte è l’uso frequente di vecchie e logore tavole su cui il tempo ha inciso forme e colori. Lui non deve fare altro che dargli un nuovo significato, sanificandole ed adattarle all’idea ispiratrice. Il tempo ha fatto già il suo lavoro “sporco”, il lavoro del garzone. Il tempo lavora anche sull’uomo, scolpendone il corpo dalla nascita fino all’età matura ma anche disfacendone la bellezza e distruggendone il vigore, dalla maturità fino alla morte. La morte arriva a liberare il corpo dal dolore dell’esistenza. Il tempo lavora sul corpo per liberarlo dalla materia e opera al tempo stesso sullo spirito o sull’ intelletto per elevarlo. Missione dell’artista è quella di favorire il processo di liberazione dal materiale. Ed ecco che anche una tavola logora assurge anch’essa ad icona, ad immagine simbolo.


LA MUSICA  La musica per Maurizio è disegno, tratto artistico, le mani che scorrono sulla tastiera del pianoforte creano un movimento che costruisce un disegno, un tratto artistico. Le note si trasformano in segni grafici generando armonie e forme creative ed evocando immagini astratte. I suoi studi al conservatorio, unitamente all’imprinting del padre Zopito e il vecchio armonium di famiglia si sono fusi in Maurizio con l’amore per il tratto grafico da parte della famiglia della madre. Nel suo studio un pianoforte a coda sta al centro di una stanza ed è circondato da case che si stagliano su tele, su legni o su carte realizzando di fatto una fusione tra le due arti. Già il suo bisnonno, tornando dall’America, aveva riportato con sé a Fiorano un grammofono che, nei giorni di festa, metteva sull’atrio di casa per dilettare tutti coloro che amavano cantare e ballare. Suo padre Zopito, pur essendo a suo modo un artista di strada ed un appassionato cultore del “Du Botte”, tipico strumento diffuso nelle campagne d’ Abruzzo, usava spesso ripetergli: “ Ah! L’art até e la coccia mé!” per dirgli: “ Ah se potessi mettere insieme la tua arte con le mie capacità imprenditoriali!”. Chissà se questo sarebbe stato il commento di Maurizio alla domanda: “ Ma in Italia un artista riesce a vivere della propria arte?”
Questo è un altro sassolino che mi riporta indietro nella mia strada di incontri, al primo con l’artista francese David Zeller che in Italia scoprì di non essere un artista ma un artigiano poiché la parola arte fa qui riferimento all’arte antica non all’arte contemporanea che si produce o all’ultimo con Claudio Orazi che, sempre nel paragone con gli altri paesi europei spiegò come qui da noi quello degli artisti è considerato laconicamente un mestiere e non una professione. La domanda sospesa è un percorso aperto nel quale Maurizio mi ha condotto per mano per poi lasciarmi proseguire. Proprio come un bravo Maestro che ti fa vedere come si fa e poi ti lascia libero di andare, anche di inciampare. Io, da umile Maestro di scuola, speriamo che me la cavo!”

Gianfranco Buccella

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