PENNE: QUEL RAGAZZO DI 102 ANNI
Fernando Campana è un personaggio fuori dal comune. La sua storia è di valore assoluto

Esistono luoghi ai piedi del Gran Sasso d’Abruzzo che nascondono storie incredibili. Peraltro gli abruzzesi, per dirla con Flaiano, in quella “isola schiacciata tra un mare e due montagne che non è possibile ignorare”, coltivano il sentimento che “tutto è vanità” e “tutto ciò misto a una disapprovazione muta, antica, a una sensualità disarmante, a un senso profondo della giustizia e della grazia, alla accettazione della vita come preludio alla sola cosa certa, la morte”, “gente rimasta di confine” (…) “con una sola morale: il lavoro”, ma con “un altro difetto abruzzese, il più grave, quello del pudore dei propri sentimenti”.

Tutto questo, ma anche molto altro per la verità, descrive molto bene Fernando Campana, ingegnere nato a Chieti il 30 Marzo del 1921, in un’epoca in cui a trovare i parenti si andava con il postale a cavalli, lo spazio tra Chieti e il fiume Pescara era una distesa di piccoli appezzamenti coltivati, forre, canneti e i trasporti avvenivano con le “trajne”, carretti a due ruote coperti di merci, seguiti da nugoli di bambini che cercavano di salirci dietro per gioco, allontanati poi come mosche dai colpi di frusta del vetturino. A quei tempi, finiti gli ineludibili doveri scolastici, il nostro correva giù per i campi fino al fiume Pescara che si vedeva distintamente dall’alto, si liberava dei vestiti e iniziava a nuotare caparbiamente controcorrente, tenendo d’occhio gli abiti che si rimetteva dopo essersi sommariamente ripulito dal fango delle rive con foglie e canne, per ripartire di corsa in salita fino a Chieti.

Finito il liceo classico, con l’esame sostenuto al liceo scientifico per incompatibilità dichiarata con alcuni docenti del suo corso, Fernando Campana già da allora mostrava un carattere particolare e determinato: non andò di persona a vedere l’esito degli esami pur rischiando, se bocciato, dopo la sua avventata decisione di dover andare a fare il muratore. Glielo comunicò il padre e gli disse che per sua fortuna era stato il primo del suo corso: lui, tra una prova d’esame e l’altra, volava in bicicletta a Francavilla dove villeggiava, in quel periodo, Francesca Romana Stirpe, grande amore della sua vita e una delle poche passioni sempre coltivate assieme al nuoto e al jazz.

Francesca era figlia di Angelo, generale di Corpo d’Armata aiutante in campo del Re Umberto, di stanza a Chieti in quel periodo; provenendo dal liceo classico di Ancona in corso d’anno scolastico aveva qualche difficoltà di inserimento nel liceo “Giambattista Vico” di Chieti. Da uno dei docenti fu indirizzata, per avere lezioni private di matematica, da un certo Fernando Campana studente “mago” della matematica del tempo che avrebbe potuto seguirla. Ottimo studente, pessimo professore, Francesca non capiva nulla delle sue spiegazioni e rideva, rideva, rideva fino ad innamorarsi del bellissimo, talentuoso quanto incomprensibile Fernando che un giorno le disse: “Signorina, io vorrei sposarla e passare la vita con lei…” Fu l’inizio di una storia d’amore durata 82 anni.

Dopo il matrimonio e le temperie del periodo bellico, il tenente d’artiglieria Fernando Campana si laurea in ingegneria a Bologna e inizia immediatamente una brillante carriera, prima a Cairo Montenotte, dove rimaneggiò, ottimizzandoli, gli impianti della Montecatini in pochissimo tempo; poi a Crotone per la rimessa in funzione degli impianti per la produzione dell’acido solforico, anche qui con performances straordinarie che in tre anni lo porteranno a Milano quale segretario generale e braccio destro dell’ingegner Giustiniani che rese grande il polo chimico italiano con la Montecatini. Curiosa fu la comunicazione di questo prestigioso incarico. L’ingegner Campana faceva spesso cose ai limiti- forse anche oltre- del consentito per migliorare nel minor tempo possibile il rendimento degli impianti senza fermare la produzione, soprattutto in caso di avaria. Un giorno si era infilato in un forno per una riparazione, dopo aver fatto allontanare il piano delle fiamme che arrostivano il minerale: non faceva mai fare ad altri lavori pericolosi.

A una gamba aveva attaccato una corda che gli operai sapevano che, se l’ingegnere la tirava, bisognava estrarlo di corsa perché c’era qualcosa che non andava. Arrivò proprio in quel giorno nella fabbrica di Crotone, da Milano, una delegazione della direzione generale e, accompagnati dal direttore dello stabilimento, i dirigenti chiesero dell’ingegner Campana. “Sta lavorando nel forno” dissero gli operai. “Nel forno? Ma è matto? Chiamatelo subito che la direzione deve parlargli”. Gli operai, che conoscevano il carattere del loro ingegnere, risposero: “Non siamo autorizzati, non vuole essere disturbato quando lavora…” Ma l’ordine era perentorio, per cui tirarono la corda legata alla gamba e Campana la ritirava su, loro la tiravano nuovamente, e lui ritirava su la corda: “Non hanno capito niente”, pensava: “Sono io che devo tirarla se mi sento male, non loro”. Alla fine, stufo, bruciacchiato, sporco di olio si affacciò:”Ma la volete smettere di tirare?” e si vide l’intera delegazione della direzione generale schierata ai piedi dei forni che lo contemplava. “Caspita, “ pensò “sono spacciato, questi mi licenziano…” Soprattutto quando gli dissero, urlando nel frastuono delle macchine: “Ingegnere si dia una ripulita e passi in direzione”.

Mai doccia fu più sofferta. Dopo le contumelie prevedibili per la pericolosità di quello che stava facendo, gli comunicarono che, se accettava, con comodo, aveva 24 ore di tempo per presentarsi a Milano dove era stato scelto, dati gli straordinari risultati ottenuti nei suoi primi anni di lavoro, come braccio destro dell’Amministratore Delegato della Montecatini nella famosa sede di Largo Donegani. L’ingegner Campana ha vissuto tutta la parabola della nascita, evoluzione, trasformazione della grande industria italiana, i suoi segreti, i veleni e le virtù, essendo stato uno dei pochissimi ingegneri italiani esperti di impiantistica, in grado di progettare e costruire grandi o grandissimi impianti e la loro logistica. La sua attività spaziava dalla vendita dei brevetti per l’altissima tensione da un milione di volt alla Westing House americana con la Magrini Galileo, quando ne era amministratore delegato, all’impiantistica per l’aeroporto di Città del Capo, agli impianti elettrici dell’aeroporto di Fiumicino fino ai dissalatori dell’Arabia Saudita, con cantieri da migliaia di operatori sparsi in tutto il mondo.

Ma ci sarebbe anche molto altro che potrebbe essere oggetto di ulteriori, interessanti approfondimenti. L’amore per la sua terra lo ha riportato in Abruzzo, a Penne in particolare, dove al termine dell’attività industriale ha messo in piedi un’attrezzatissima azienda agricola, con annessa officina meccanica nella quale ancora oggi sta progettando un nuovo macchinario, alla cui costruzione stanno lavorando figlio e nipote, e che tutti sperano non sia la sua ultima creazione. In questi anni ha dato, a favore della comunità pennese, il contributo della sua esperienza: uno per tutti quando evitò il posizionamento di una discarica per rifiuti speciali in un terreno poco sopra il lago di Penne. Oggi non va più sul trattore, come faceva fino a pochi anni fa, il grande amore della sua vita lo ha lasciato proprio nel giorno dell’anniversario del matrimonio, anche il fisico ha cominciato a dargli qualche problema, forse perché il dolore non ha voce, ma silenziosamente ti scava dentro.

Continua a leggere il giornale tutti i giorni, va a votare quando occorre, nonostante le difficoltà nel muoversi, ascolta il jazz con lo smartphone, fa le ricerche che lo interessano su internet, e, soprattutto, non ha mai abbandonato il ponte di comando della sua famiglia. Per inciso ha fatto domanda per il rinnovo della patente, che fino ad oggi gli è stata data: non ha mai fatto un incidente nella sua carriera di autista che supera gli ottanta anni… Camillo Savini dell’Istituto del Nastro Azzurro fra combattenti decorati al valore militare e l’Unione Monarchica lo hanno omaggiato della bandiera italiana durante il Regno d’Italia. Non solo: un attestato del Comune è stato consegnato all’ingegnere da Savini e dal vice sindaco Pina Tulli.

Articoli correlati

Pin It on Pinterest

Share This