PENNE: OMICIDIO D’ALFONSO, INDAGATO AZZOLINI

L’ex brigatista rosso Lauro Azzolini è indagato dal tribunale di Torino per concorso in omicidio in relazione al tragico epilogo del sequestro Gancia in cui morirono il 44enne appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso di Penne e Margherita Cagol, 30 anni, fondatrice delle Brigate rosse insieme al marito Renato Curcio. Con la terrorista rimasta uccisa in un contesto mai chiarito, c’era un altro brigatista mai identificato che riuscì a fuggire nella boscaglia circostante eludendo la sorveglianza di Pietro Barberis, un militare della pattuglia che sorprese i brigatisti (il tenente Umberto Rocca che la comandava venne menomato per sempre avendo perso l’uso di un occhio e di un braccio a causa dello scoppio di una bomba) che teneva i due sotto il tiro della pistola.
Azzolini, 80 anni a settembre, reggiano ma residente a Milano, era già stato indagato e poi prosciolto (non luogo a procedere per la stessa accusa), due anni dopo il drammatico conflitto a fuoco del 5 giugno ’75 nella cascina Spiotta alle porte di Acqui Terme dove per un giorno era stato segregato il re degli spumanti Vittorio Vallarino Gancia per il quale tuttavia non fu versato il miliardo di lire di riscatto richiesto dai terroristi. Per le Br era il primo rapimento per finanziarsi. Ma ora il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Torino Anna Mascolo ha fissato per il 9 maggio la camera di consiglio con la quale, su richiesta dei Pm, poter revocare quella sentenza di proscioglimento e riaprire così di conseguenza le indagini nei confronti di Azzolini assistito dall’avvocato milanese Davide Steccanella.
L’ufficio del procuratore aggiunto Emidio Gatti ha acquisito i rilievi operati dal Ris di Parma sul memoriale in cui si ricostruivano tutte le fasi del sequestro e della sparatoria consegnato dal brigatista fuggito dalla cascina insanguinata a Curcio e rinvenuto il 18 gennaio ’76 in via Maderno a Milano dove furono arrestati il capo brigatista e la sua nuova compagna del tempo, Nadia Mantovani. Sarebbero di Azzolini (“Mario Lupo” nome di battaglia) ben undici impronte dattiloscopiche rilevate sul plico originale. L’ex militante, ritenuto responsabile dell’omicidio nel ’76 a Biella del vice questore Francesco Cusano e del ferimento l’anno successivo a Milano del giornalista Indro Montanelli, partecipò all’azione di via Fani a Roma quando il 16 marzo 1978 venne sterminata la scorta di Aldo Moro e rapito il presidente della Dc; ha beneficiato di una serie di sconti di pena che gli hanno alleggerito i vari ergastoli subiti.
E’ stato in clandestinità dal ’74, latitante fino all’1ottobre 1978 quando venne arrestato dai carabinieri del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nelle indagini che portarono alla scoperta della base brigatista di via Montenevoso a Milano dove fu ritrovato il memoriale di Aldo Moro. L’inchiesta sulla morte del carabiniere pennese, padre di tre figli, è stata riaperta nel 2021 dalla procura della Repubblica di Torino dopo l’esposto di Bruno D’Alfonso (seguito dall’avvocato Sergio Favretto) e di sua sorella Cinzia (assistita dal legale Nicola Brigida), figli del militare ucciso, in cui risulta indagato anche Renato Curcio per concorso morale come capo dell’organizzazione. Sia lui sia Mario Moretti nei rispettivi libri autobiografici hanno sostenuto di aver deciso ed organizzato il sequestro Gancia ed anche, come Alberto Franceschini, di non poter rivelare il nome di chi fuggì dalla Spiotta “perché il compagno non era mai stato processato per quei fatti”. E invece lo fu e venne scagionato. Venne condannato a 24 anni di reclusione il solo Massimo Maraschi, arrestato pochi minuti dopo il sequestro dell’imprenditore e destinato a sorvegliarlo insieme con la Cagol e il mister x: Azzolini, appunto, per ora secondo la procura torinese.

Berardo Lupacchini

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