LORETO APRUTINO: C’ERA UNA VOLTA L’ARROSTICINO

Molto è stato scritto sulla nascita, sull’attribuzione del primato con i rischi del caso, o sull’area del Gran Sasso afferente, pochissimo è stato pubblicato per quanto riguarda le notizie sulle sagre paesane che si svolgevano del Dopoguerra. Manifesti, brochure, diplomi, pubblicazione del tempo possono aiutare il ricercatore in questo campo.

Come riporta lo studioso linguista e dialettologo Tullio Telmon nella Guida allo studio degli italiani regionali(1990) per il sostantivo arrosticini, con accezione localistica alimentare, si intende l’insieme dei piccoli pezzetti di carne di pecora infilati in uno spiedo di legno ed arrostiti sulla brace.

Ernesto Giammarco nel Dizionario Abruzzese e Molisano (DAM), Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1968-1979 (voll. 4) ci parla nel volume del 1968, di ‘arrostini’ e ‘rosticini’, mentre nel 1976, è presente la voce ‘arrosticini’Dal volume La cucina povera dell’area vestina (V. Morelli, 1993) alla voce “arrosticini” (p. 23) si riportano brevemente alcune informazioni sulla preparazione e cottura: «ridurre e tagliare a dadi di carne la carne di pecora; infilzare con gli spiedini i dadi di carne alternando 2 pezzi di magro con uno di grasso (…), disporre sui carboni, girare gli spiedini fino a cottura, salare a pioggia e servire caldi».

Gli arrosticini rappresentavano il tipico piatto dei pastori transumanti, i quali valorizzarono da antica data la pecora alla caldaia, ovvero la pecuere alla callare, carne di pecora fatta bollire per ore nel caldaio di rame e spurgato dei forti sapori e   ripassato e condito in umido con le erbe e verdure dell’orto e impiattato con pezzetti di carne. I pastori, oltre alla muçesthje (voce preindoeuropea), carne essiccata al sole per la conservazione della carne in mancanza del sale, utilizzavano anche le interiora dell’agnello e della pecora insieme a pezzi di carne per allestire e infilzare in uno spiedo di legno pezzi di carne da arrostire sulla brace.

Era una leccornia, scoperta più tardi dai contadini che vivevano nelle vicinanze degli stazzi e tramandata dalle popolazioni montane e pedemontane. L’arrosticino veniva considerato un piatto povero e utilizzato durante le fiere del bestiame come spuntino e ammazza-fame insieme a pezzi di pane per bere del vino cotto, ritornato o fermentato. Prelibatezza di montagna che oggi si trova con facilità sulla costa adriatica e da taluni inserita nella categoria dello street foodSpecialità abruzzese che ha varcato i confini regionali da diverso tempo per farsi apprezzare anche a livello internazionale.

Attraverso lo spoglio di un catalogo del 1971 è possibile ricavare alcune importanti notizie.

A Pianella, in provincia di Pescara, dal 19661 al 1971 si svolsero alcune edizioni della Sagra degli Arrosticini con partecipanti dai comuni e frazioni del Pescarese: Villa Celiera, Montebello di Bertona, Rosciano, Villa Oliveti di Rosciano, Collecorvino, Loreto Aprutino, Civitella Casanova.

Dall’Albo d’Oro delle manifestazioni, i vincitori di medaglie:

1967 Espedito Di Girolamo di Pianella;

1968 Gaetano D’Alò di Civitella Casanova;

1970 Adamo D’Armi di Loreto Aprutino

Nell’edizione del 7-8 agosto 1971 parteciparono molti concorrenti provenienti da diverse cittadine:

Paolo Bottini da Villa Celiera,

Colasante Antonio da Montebello di Bertona,

Ciovacco Domenico da Rosciano,

D’Aloisio Bertuzzo da Pianella,

D’Andrea Ercole da Villa Celiera,

De Lellis Guido da Collecorvino,

Di Giacomo Ernesto da Pianella,

Di Simone Venanzio da Loreto Aprutino,

Ginestra Agostino da Villa Celiera,

Marrone Filomena da Loreto Aprutino,

Narcisi Argentino da Villa Oliveti,

Pizzoli Vincenzo e Sablone Gabriele da Civitella Casanova,

Ursini Ada da Loreto Aprutino.

Non ci è dato conoscere al momento il vincitore di questa edizione, la ricerca è in corso.

Alessandro Morelli

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