LA FIGLIA DI MORO CON D’ALFONSO CONTRO QUELLI DELLA P38
“Una canzone può avere esiti volgari e pericolosi”. Anche Biagi insorge

PESCARA – Bruno D’Alfonso è stato minacciato di morte sui social: ieri ha provveduto a denunciare il fatto alla polizia. Dopo il suo esposto, e la conseguente denuncia per apologia del terrorismo inoltrata dalla Questura all’autorità giudiziaria pescarese nei confronti della band che nel suo repertorio inneggia alle Brigate rosse, Bruno D’Alfonso è stato minacciato su Instagram da ignoti. D’Alfonso è il secondogenito di Giovanni, il 45enne carabiniere ucciso nel ’75 dalle Br durante l’azione che portò alla liberazione dell’industriale Vittorio Vallarino Gancia. Ma c’è di più. Maria Fida Moro, la figlia di Aldo lo statista democristiano ucciso dalle Brigate rosse nel 1978, passa anche lei all’attacco contro il gruppo di musica trap che il 25 aprile si era esibito nel circolo Scumm di Pescara (denunciato anche Luca Falcone il gestore) e il primo maggio a Reggio Emilia.

E’ pronta a denunciare quelli della P38 LA GANG che suonano incappucciati, schermandosi dietro nomi di fantasia: sulle loro tracce c’è però la direzione centrale antiterrorismo della polizia che sta risalendo alla loro vera identità. “Qui non si tratta di libertà di pensiero – ha spiegato Moro-ma è istigazione al terrorismo. Solo chi è passato per un dolore del genere può davvero capire cosa si prova e può capire che anche una canzone può avere esiti volgari e pericolosi”. Anche Lorenzo Biagi, figlio del giuslavorista ammazzato dalle Nuove Brigate Rosse vent’anni fa a Bologna, è duramente intervenuto.

“C’è un limite a tutto. Va bene la libertà di parola e di pensiero, ma questo non vuol dire che questa esibizione debba essere permessa”. I quattro membri della band affermano che la loro è solo una provocazione per lo show e che non c’era alcuna intenzione di inneggiare al terrorismo.

B.Lup.

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