Il Testo unico di Pubblica Sicurezza: un regio decreto del 1931 fondato sulla discriminazione Migliaia di donne hanno firmato un appello alla Ministra Severino e alla Ministra Cancellieri: chiarire e modificare l’articolo 1 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza.
Gli appelli al coraggio, le rassicurazioni verbali (poche), gli avvertimenti sul prezzo del silenzio, si fermano sulla soglia di un commissariato o di una caserma dei carabinieri. Denunciare è difficile, per la negazione delle risorse alle reti antiviolenza, per la mancanza di alternative di lavoro e perché spesso il violento è il detentore dei mezzi di sussistenza.
La legge che regola tutta la materia della Pubblica Sicurezza, il Testo Unico del 1931, al primo articolo prevede che l’addetto sia tenuto a tentare “la bonaria composizione del conflitto”. Questo “insignificante” particolare controlla il numero delle denunce e insitamente permette al governo di non investire sull’eliminazione del femminicidio. Tutto questo va in direzione contraria all’obiettivo del 2015 “eliminazione di tutte le condizioni che favoriscono la violenza ed adeguamento delle legislazioni al suo contrasto, e raggiungere l’eliminazione del femminicidio”.
E’ necessario un pronunciamento netto del Parlamento, e da subito indicazioni chiare dalle Ministre dell’Interno Cancellieri e della Giustizia Severino perchè vengano espressamente escluse dalla possibile conciliazione extragiudiziale tutte quelle espressioni “di disagio familiare”, anche quando non ancora riconducibili a maltrattamenti fisici.
Qui sotto il testo che verrà consegnato alle Ministre il 14 Giugno 2012.
Le Donne Vestine ci saranno!
Alla Ministra Guardasigilli Prof. Paola Severino Alla Ministra dell’Interno Dott. Annamaria Cancellieri
Il diritto di denunciare: regole certe La denuncia, se si è vittime di violenze perché donne, è il primo passo per godere delle libertà costituzionali. Gli ostacoli e le diversioni che dissuadono le vittime, nell’accedere a questo primo indispensabile passo, sono ancora ricorrenti nei luoghi deputati alla tutela del diritto. Insieme ai pregiudizi e alle sottovalutazioni culturali, la scrittura disarticolata ed ambigua delle regole continua ad essere complice del femminicidio. La violenza degli uomini sulle donne, in casa sul lavoro, per le strade, nelle scuole è un crimine che con cadenza annuale viene enumerato, mostrato e svelato, pur considerando i dati frutto di una sottostima. Da oltre trent’anni indichiamo ai Governi soluzioni certe per il contrasto alla prima causa di morte precoce per le donne ed ostacolo alla realizzazione dei diritti umani. La reiterazione dei reati con la stessa o con più vittime e la diffusione di comportamenti proprietari nel genere maschile, nonostante la forte rilettura in chiave politica delle responsabilità nel femminicidio imposta dal movimento delle donne, mostrano che l’inadeguatezza delle regole invalida ogni cambiamento culturale Il testo unico di Pubblica Sicurezza, all’Art. 1, recita “per mezzo dei suoi ufficiali, ed a richiesta delle parti, provvede alla bonaria composizione dei dissidi privati”, definizione che si presta a controverse interpretazioni e che certamente induce a comportamenti contrari al diritto delle donne di accedere alle vie giudiziarie per la tutela della propria salvaguardia, esponendo tutte ai rischi noti e meno noti. Di fronte all’inerzia parlamentare nell’adeguare le leggi Italiane così come indicato dalle risoluzioni Europee, sollecitiamo l’intervento autorevole delle Ministre alla Giustizia e agli Affari Interni perché sia data chiara indicazione dell’inapplicabilità, a qualsiasi titolo, di azioni “di mediazione o composizione” exgiudiziale di fronte ad eventi familiari e relazionali per i quali la vittima ha ritenuto di dover ricorrere alla forza pubblica o per i quali di questa sia richiesto l’intervento. Indichino inoltre, detti Ministeri, l’obbligo contestuale di fornire dettagliata informazione, alla vittima, dei diritti e delle provvidenze di sostegno alle quali può accedere per un efficace percorso legale.