Il Tar addolcisce il caffè pennese a D’Amario. La Asl aveva ragione a riprendersi il bar del San Massimo

PENNE – A quasi tre anni da quel settembre del 2012, il bar dell’ospedale “San Massimo” è ancora chiuso, ma c’è stata una nuova svolta nel pasticcio giuridico- amministrativo, fatto di sentenze fra loro discordanti, che al momento gela le speranze dello storico gestore, Annunziata Di Loreto, di poter riaprire l’attività.

E’ stato infatti il Tribunale Amministrativo Regionale di Pescara, al quale la donna si è rivolta, a sentenziare che la Asl di Pescara non le deve restituire i locali, né le debba risarcire i danni né tantomeno dichiarare nullo l’avviso di gara con cui scegliere un nuovo gestore del bar del San Massimo. Lei, la signora Di Loreto, dal 19 maggio 1980 è stata affidataria del servizio grazie ad una delibera del comitato di gestione dell’allora Ulss vestina e a un contratto di locazione commerciale firmato col Comune di Penne il primo aprile 1989. Nel novembre del 2000, la Asl di Pescara riteneva di essere divenuta proprietaria ex lege dei locali ed intimava così la conclusa locazione con contestuale citazione davanti al tribunale civile. Il 16 aprile 2010 il giudice respingeva la domanda, ritenendo che il locale fosse del Comune di Penne. Due anni dopo però la corte d’Appello riformava la sentenza emessa dal giudice Chiara Serafini nell’ex sezione distaccata pennese e disponeva l’immediato rilascio dei locali. Il 12 settembre 2012 l’immobile veniva liberato a cura della Asl. Ma nel marzo 2014 le sezioni unite della cassazione stabilivano che ad occuparsi di queste diatribe dovesse essere solo il giudice amministrativo e dunque veniva cassata la sentenza aquilana di secondo grado. La Di Loreto da parte sua riteneva che la Asl non avesse riassunto il caso davanti al Tar di Pescara e così il 5 maggio 2014 diffidava l’azienda guidata da Claudio D’Amario a riconsegnarle i locali illegittimamente detenuti e a risarcirle i danni patiti. Una diffida rimasta comunque lettera morta ed anzi sul sito della Asl appariva un avviso di gara per individuare il concessionario cui affidare la gestione del bar ospedaliero. La signora, assistita dall’avvocato Antonino Macera, si è rivolta al Tar di Pescara. Il collegio ha fatto proprio la conclusione cui è giunto il giudice relatore Alberto Tramaglini e cioè che il rapporto fra la Di Loreto e la Asl si fosse esaurito da molto tempo. “Trattandosi di un bene pubblico-scrive il Tar- è precluso l’affidamento a privati senza una procedura ad evidenza pubblica. In particolare non è consentita la proroga tacita dei contratti relativi a tali beni”. E il rapporto di concessione prevedeva una durata di sei anni a decorrere dal 1989. “Si tratta di un rapporto da tempo esaurito né suscettibile di proroghe tacite. Né è stato dedotto che nei 15 anni decorsi dalla promozione, da parte della Asl, dell’azione civile, siano intervenuti provvedimenti-contratti in grado di legittimare il diritto attuale alla detenzione dei locali”, sostiene il verdetto del Tar. La Asl è stata seguita dall’avvocato Tommaso Marchese. Se ne occuperà il consiglio di Stato?Intanto, il bar resta chiuso e nelle corsie funzionano solo le macchinette delle bevande.

Articoli correlati

Pin It on Pinterest

Share This