DIECI ANNI DI PROTESTE Oggi i pennesi sfilano a Pescara per il San Massimo. E il distretto va sotto Scafa…

Dieci anni fa la prima protesta di un certo peso. Oltre mille pennesi, guidati dal centro sinistra e dalla giunta Di Marcoberardino, si ammassarono in piazza Luca da Penne per gridare al governo abruzzese dello stesso colore politico: ”Del Turco-Mazzocca, l’ospedale non si tocca”.

Era il giugno 2007. Poi la Sanitopoli l’anno successivo provocò l’azzeramento della giunta regionale fra arresti e processi. Altre manifestazioni si sono succedute in questo decennio. Si è andati avanti così fra cortei e consigli comunali fino al 2015 allorché è stato emanato il decreto Lorenzin che fissa una serie di paletti per le strutture sanitarie in possesso o meno di determinati requisiti. Luciano D’Alfonso, all’epoca nella sua veste di commissario ad acta sulla sanità per via dei conti dissestati, ha firmato dei decreti per declassare il San Massimo da ospedale di base a nosocomio di aree disagiate. Senonché alla fine della passata estate, la Asl di Pescara nel frattempo affidata alle cure di Armando Mancini ha congelato le operazioni di retrocessione dell’ospedale giustificandosi con le scosse telluriche di agosto e col fatto che nel frattempo il sindaco e suo collega medico Mario Semproni si era rivolto al Tar per contestare gli atti. La stessa cosa ha fatto Popoli che però sembra poter beneficiare di una norma ad hoc che l’onorevole Castricone ha fatto inserire per difendere, almeno per tre anni, gli ospedali situati nelle aree del cratere. In ogni caso, il Tar dell’Aquila si è trovato dopo un anno ad esaminare un ricorso di Penne (redatto dallo studio legale Di Tonno) e di Popoli (firmato dall’avvocato Tommaso Marchese) che non ha molti precedenti specifici; la Asl è assistita da Giovanni Mangia. In caso (probabile) di rigetto, il San Massimo dagli attuali 85 posti letto passerebbe a 36 con l’accorpamento dell’area medica (geriatria e medicina), già in corso per il solo periodo di luglio ed agosto. Se il verdetto fosse positivo, continuerebbero ad operare anche chirurgia con i suoi 12 posti letto e l’ortopedia con 9. Sempre in attesa che partano i lavori di ristrutturazione del presidio, annunciati da molti anni e pari a circa 12 milioni di euro. La stazione appaltante dovrebbe essere il Comune di Penne. Al centro dell’intervento il nuovo pronto soccorso soprattutto. I pennesi sono intanto scesi in strada ancora una volta per difendere il proprio plurisecolare ospedale. Dalla piazza virtuale (2.500 firme raccolte su facebook dal comitato Salviamo l’ospedale di Penne) a quella reale. Alle 16,30 appuntamento davanti alla stazione di Pescara. Il corteo che si formerà muoverà alla volta della prefettura. Ai problemi dell’ospedale si aggiungono quelli del distretto sanitario di base. L’atto aziendale della Asl, che per entrare in vigore aspetta l’approvazione finale della Regione, prevede un’unità semplice per il distretto pennese a differenza di Scafa che sarebbe complesso e dunque di un rango maggiore e quindi di coordinamento rispetto a quello vestino. Intanto, il Comune di Penne ha chiesto l’intervento del presidente della Regione e del suo direttore generale Vincenzo Rivera per la mancata costituzione dell’ambito relativo al piano sociale. Ed annuncia di aver depositato un esposto alla procura della Repubblica per individuare eventuali responsabilità. In particolare, spiega l’assessore al sociale Lorenza Di Vincenzo, nel mirino ci sono l’assessore regionale Marinella Sclocco per la mancata costituzione dell’ambito ed il sindaco Donatella Rosini di Carpineto della Nora, in qualità di ente in cui ha sede l’istituzione, costola della disciolta Comunità Montana Vestina, che ha escluso Penne dalla conferenza dei sindaci nonostante non vi sia ancora l’ambito.

B. Lup.

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