A TU PER TU CON GIULIANO DI BERNARDO
Penne: l’intervista al professore di filosofia e Gran Maestro della Massoneria

Salve professore è un onore per me poter scambiare due parole con Lei, sono stata molto contenta quando ha accettato di rispondere ad alcune mie domande. Tutti La conoscono come il Gran Maestro della Massoneria, ma io vorrei che Lei mi parlasse per cominciare di Giuliano, il ragazzo di Penne…

 Che fai mi dai del Lei?

Beh professore mi sembra il minimo, devo essere sincera ho così tanto sentito parlare di Lei, e in maniera così rilevante, che, lo confesso, sono anche in soggezione…

Ma famme nu piacire, some di Ponne, dammi pure del tu e sentiti a tuo agio.

Grazie professo’ lo apprezzo molto e quindi parliamo di Penne, delle tue origini…

Sono nato a Penne, il nostro paese di antiche origini alle pendici del Gran Sasso, alle cinque della sera del 1° marzo 1939, nella casa dei nonni paterni in via Santa Marina 1. I miei genitori sono Vincenzo Di Bernardo e Angela Leopardi. Mio padre faceva il falegname. Da lui, non ho avuto mai una carezza o uno schiaffo. Quando morì, lo vidi disteso su un tavolo di marmo. Lo guardai ma non versai una lacrima. Mia madre, invece, è stata presente in ogni istante della mia vita. Se io oggi sono quello che sono, lo devo a lei. Le mie zie mi raccontavano del loro matrimonio, celebrato senza il consenso dei genitori di mia madre. Per questo, mio padre fece otto giorni di carcere. Anche mio nonno, il barone Cesare Leopardi, era stato diseredato dal padre poiché aveva voluto sposare una donna del popolo senza il suo consenso. Dei primi anni della mia vita, ricordo la zia Palmina che mi insegnava le tabelline dei numeri e la notte del 24 gennaio 1944, quando le truppe alleate vennero a bombardare il paese. Mia madre mi avvolse in una coperta e mi portò fuori porta San Francesco, in una casa diroccata sotto la neve nell’estremo tentativo di salvarmi la vita.

 Con la casa in parte distrutta, ci rifugiammo a Montebello di Bertona dove ci accolse una famiglia di contadini. Ricordo quel luogo poiché in esso scoprii il sesso. Avevo cinque anni. Fu un’esperienza che ha inciso profondamente sulla mia vita poiché mi ha consentito di vedere la donna senza quell’aurea di mistero che la circonda. Ho un fratello, Luciano, che vive a Bologna. Abbiamo entrambi superato gli 80 anni e non abbiamo mai avuto alcun contrasto. Forse perché siamo totalmente diversi. Mio padre morì nel 1950. Avevo 11 anni ed ero già entrato nella pubertà. Vedevo il mondo che mi girava intorno e cercavo di afferrarne alcuni aspetti. Ma volevo sapere chi fossi e che cosa avrei fatto nella vita. Quegli anni dell’adolescenza, che coincidevano con le Scuole medie, mi videro come una foglia che cade sospinto dal vento, senza un’identità e un fine da perseguire. I voti dati ai compiti di latino (allora si studiava il latino nelle Medie) non superavano il 3.

Mia madre mi propose di intraprendere il mestiere di mio padre. Feci l’apprendista per oltre un anno. Poi rividi mio padre, che aveva trascorso la vita tra sacrifici e privazioni, ed ebbi un moto d’orgoglio. Dalla vita volevo altro. Era giunto il tempo di scegliere la Scuola secondaria. Ero attratto dal liceo classico ma per frequentarlo si doveva andare a Pescara. Il liceo scientifico, che era a Penne, non mi interessava. Per studiare al liceo classico di Pescara, occorrevano soldi che mia madre non aveva. Decisi di iscrivermi all’Istituto tecnico per ragioniere. La filosofia, che già incuriosiva il mio intelletto, l’avrei studiata come autodidatta. Così è stato. Ho avuto due amici inseparabili: Italo Mattucci e Giacinto Marcelli. Negli anni che siamo stati insieme, che coincidono con le scuole superiori, abbiamo condiviso tutte le esperienze della vita. Tra queste, l’iscrizione alla FGCI (Federazione Giovanile Comunista Italiana), che aveva la sede sotto i portici che portano alla chiesa dell’Annunziata. Partecipai al Congresso Nazionale del Partito Comunista Italiano a Roma, in Via delle Botteghe Oscure, dove ascoltai il discorso di Enrico Berlinguer, che allora era il Segretario nazionale della FGCI. In quegli anni, viveva a Penne una persona che tutti chiamavano “comparuccio”, il quale diceva che stava scrivendo un libro. Poiché nessuno lo prendeva sul serio, era deriso. Quando decisi che avrei fatto il professore universitario e avrei scritto libri, ne parlai con i miei amici, i quali sorridendo mi dissero: “non vorrai mica fare come comparuccio?”. La cosa mi fece pensare poiché installò in me il dubbio che forse stavo creando solo illusioni per il mio futuro. Dopo aver preso il Diploma di ragioniere, partecipai a un concorso bandito dalla UNES (una società elettrica). Gli esami si svolsero nella loro sede romana di Via Piemonte. Al termine del colloquio, il presidente della commissione mi disse che avevo superato l’esame ma non mi avrebbero assunto perché ritenevano, dopo aver letto il mio tema, che sarebbe stato per me un errore trascorrere il resto della mia vita a fare l’impiegato. Lo stesso mi disse padre Giamperi, un gesuita di Pescara: “Dio ha scelto per te un’altra via”.

Anche io ho fatto l’Istituto Tecnico, anche io ho scelto un po’ per esclusione. Ma poi professore, sei andato all’Università, ovviamente…

Mia madre comprese che a Penne non avrei avuto futuro e, con un coraggio da leone, decise e organizzò il nostro trasferimento a Bologna. Questo avvenne il 20 settembre del 1958. Trascorsi quel giorno su un camion che trasferiva i mobili leggendo il periodico “Oggi”, quasi tutto dedicato alla legge Merlin che aboliva le case di tolleranza. Un oppositore alla chiusura aveva citato Tommaso d’Aquino che avrebbe scritto: “togli la prostituzione dalle cose umane e scatenerai ovunque disordini a causa della libido”. All’improvviso, ci siamo ritrovati a Bologna in mezzo a difficoltà di ogni genere con la speranza di avere un futuro in cui realizzare i nostri sogni. La speranza era sorretta da una lettera che il Gran Segretario del Grande Oriente d’Italia, dalla sede romana di Via Giustiniani, aveva scritto a Carlo Manelli, il più fulgido esempio della Massoneria bolognese, in cui venivo additato come un giovane che avrebbe potuto contribuire al futuro della Comunione. Quando Manelli mi vide per la prima volta, mi disse in dialetto bolognese: “ma tu sei solo un ragazzino”. Anche quando sono diventato Gran Maestro, ha continuato a chiamarmi “il mio ragazzino”. È morto all’età di 103 anni.

Così si è imbattuto nella Massoneria!

Si, ma ci arriviamo in seguito. In un modo o nell’altro vivevo a Bologna dove avrei potuto iniziare gli studi universitari. In quale facoltà? A me interessava solo la facoltà di filosofia ma non mi era consentita l’iscrizione perché non avevo il Diploma di maturità classica. In quegli anni, era rettore dell’Università il professor Felice Battaglia, insigne filosofo del diritto. Riuscii a farmi ricevere e gli esposi la mia volontà di iscrivermi alla facoltà di filosofia. Mi interrogò per oltre un’ora ma alla fine concluse dicendo che, purtroppo, non poteva fare nulla per me. Le leggi vigenti non permettevano eccezioni. Si complimentò per le capacità di riflessione che aveva trovato in me. Non mi restò che iscrivermi alla Scuola di statistica, all’interno della facoltà di economia. Dopo aver fatto diversi mestieri per sopravvivere, la Banca del Monte (fondata nel 1473) mi prende come “turnista” per sei mesi. Riesco a farmi apprezzare e nel 1960 mi assumono in “pianta stabile” (come allora si diceva). Un anno dopo, vengo trasferito nell’ufficio studi della banca.

Una delle mie mansioni consisteva nel preparare la rassegna stampa quotidiana per il Direttore generale. Era il novembre del 1961 quando lessi, in un trafiletto di “Il Resto del Carlino”, che a Trento era stato costituito l’Istituto Superiore di Scienze Sociali, a cui potevano accedere anche coloro che erano in possesso del Diploma di ragioniere, a condizione di superare un esame di ammissione. Immediatamente telefonai a Trento e mi fu detto che l’esame si sarebbe svolto il 12 dicembre. Mi iscrissi, partecipai all’esame e lo superai. Ha così inizio una nuova fase nella mia vita in cui sono io l’arbitro delle mie scelte.

Professore sono incantata, padre Giampieri aveva avuto senz’altro ragione nel dire che Dio aveva scelto per te un’altra via…

La Massoneria e l’Università sono i due pilastri su cui ho edificato la mia vita. Ho saputo dell’esistenza della Massoneria quando avevo 16 anni e vivevo a Penne. Conobbi allora Arnaldo Nannetti, venuto come Direttore del Dazio (così si diceva per indicare le tasse). Mi parlò della Massoneria e della sua appartenenza. Ne restai affascinato perché essa mi apparve come l’anello di congiunzione tra le astratte concezioni della filosofia e la condotta pratica dell’uomo. Parlò di me al Gran Segretario del Grande Oriente d’Italia, il quale mi ricevette nella sede romana e mi diede la lettera di presentazione per Carlo Manelli. Dopo il mio trasferimento, fui iniziato nella Loggia bolognese “Risorgimento-8 Agosto” il 15 maggio 1961. Inizia così, 62 anni fa, un’esperienza che segnerà tutta la mia. Chi volesse conoscerla, può leggere la mia autobiografia massonica “La mia vita in Massoneria” (Amazon, 2020). L’altro pilastro che sorregge la mia esistenza è l’Università.

 Nel 1967, ho conseguito la Laurea in Sociologia discutendo una tesi sulla logica deontica col professor Alberto Pasquinelli, ordinario di Filosofia della Scienza all’Università di Bologna. Nello stesso anno, ho iniziato la carriera accademica. Nel 1974 ho preso la Libera Docenza in Metodologia delle Scienze Sociali e nel 1979 ho vinto il concorso a cattedra in Filosofia della Scienza e Logica. Un ragioniere è stato innalzato al livello più alto delle discipline filosofiche. Dell’Università di Trento, sono stato ordinario di Filosofia della scienza, prorettore e direttore del dipartimento di Teoria e Ricerca Sociale. L’oggetto delle mie riflessioni filosofiche è stata la fondazione epistemologia della sociologia, che presenta, in maniera originale, un nuovo e diverso modo di concepire il rapporto tra le scienze sociale e le scienze naturali. Ho scritto libri su questo argomento che sono stati tradotti nelle principali lingue del mondo.

In tutta la mia vita, ho coltivato due hobby: la fotografia e la caccia. Ho cominciato a fotografare circa 60 anni fa, quando esisteva la “camera oscura” e si assisteva alla magia di vedere apparire l’immagine dalla vaschetta dell’acido rivelatore. Oggi la fotografia è tutt’altra cosa. Si lavora in “camera chiara” e si ottengono foto di altissima qualità, ma si è persa la magia. Su insistenza di amici e colleghi, ho fatto una “esposizione” delle foto che raccontano il Monte Baldo, che si può vedere nella mia pagina Facebook. L’altro mio hobby è la caccia, che nasce dalla mia passione per il tiro con il fucile a lunghe distanze. Ho cacciato animali di grossa taglia in molti paesi europei.

Davvero molto interessante, mi si sta aprendo un mondo! So che hai una bellissima famiglia della quale sei molto fiero…

Dopo il conseguimento della laurea, era già tutto pronto per il mio trasferimento negli Stati Uniti, dove a Bloomington nello Stato dell’Indiana, avrei conseguito il Phd (dottore in filosofia) in Logica ed Epistemologia. Il caso ha voluto che incontrassi una donna, la contessa Anna Maria Manci e decidessi di sposarla. Ho annullato la partenza e sei mesi dopo eravamo uniti in matrimonio, che ancora dura dopo 55 anni. Ho avuto due figli, Jacopo e Silvia Maria. A volte, mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se fossi andato negli Stati Uniti.

La tua vita è già incredibile così, forse non eri proprio convinto di partire, forse volevi rimanere in Italia, forse l’amore in fondo è davvero la cosa più importante…

E Penne ti manca? Sono lontano da Penne da 65 anni. Non posso dire che mi manchi ma le esperienze della mia infanzia e dell’adolescenza sono ancora impresse nella mia mente. Non sono immagini sbiadite dal tempo. Quando le tiro fuori da un cassetto della mia memoria, sono ancora vive e pulsanti. Mi rivedo a passeggiare lungo il viale di cipressi che porta al cimitero col libro sotto il braccio e fermarmi in un prato per contemplare il Gran Sasso e meditare. È in questo luogo, tempo dopo tempo, che è avvenuta la formazione della mia cultura e la conoscenza di me stesso. Ho dato disposizione che, dopo la mia morte, il mio corpo ritorni a Penne e riposi nella tomba dove sono sepolti i miei genitori.

Adoro professore! Mi piace molto questa immagine, conosco bene il posto di cui parli, la stradina pianeggiante, i silenziosi cipressi, la visuale fantastica del centro storico di Penne, della verde vallata e della montagna. Capisco perfettamente la tua volontà che condivido pienamente. So che hai scritto tanti libri incredibili…

Ho scritto libri sulla Massoneria e la filosofia delle scienze sociali che sono stati tradotti nelle più importanti lingue del mondo. L’ultimo mio lavoro è “Russia-Ucraina: verso la Terza guerra mondiale”. Il punto di vista di un Gran Maestro della Massoneria (Jouvence, 2022), in cui fornisco la mia interpretazione del conflitto, che è controcorrente rispetto alla vulgata comune. Ho consegnato all’editore un altro libro intitolato “Liberalismo contro Totalitarismo”. Due antropologie a confronto per la conquista del pianeta Terra, che è una visione sistematica e coerente del precedente volume.

Argomenti caldi, sarà interessante leggerli. A questo punto devo approfondire più di un tema e ti voglio ringraziare anche per questo, oltre al fatto di avermi dedicato preziosi minuti della tua vita molto impegnata. So che ultimamente sei stato a Chieti per una conferenza-dibattito “Gesù di Nazareth: Miracoli o Magia?” – Viaggio nell’esoterismo cristiano – hai relazionato su “Massoneria, Religione e Chiesa Cattolica”. Purtroppo, non ho potuto partecipare, ma so che ti ha raggiunto il nostro consigliere comunale con delega alla cultura, ex sindaco di Penne, il dott. Mario Semproni, per consegnarti una targa da parte dell’Amministrazione di Penne insieme alla promessa di organizzare un incontro a Penne…

Si, ne sono stato contento e li ringrazio, sono nato a Penne 84 anni fa e ho trascorso una vita densa di successi che mi hanno portato ai vertici del mondo accademico e della Massoneria mondiale. Ho conosciuto Capi di Stato e Autorità religiose di molti paesi. Ho condiviso un sistema di principi morali universali a cui ho sempre ispirato la mia condotta pratica. Ho insegnato a molte generazioni di studenti che la vita, se non è sorretta da un ideale, è nulla. Il mondo in cui vivevo quando ero a Penne non esiste più. Cambiamenti radicali lo hanno profondamente trasformato. In bene o in male? A voi l’ardua sentenza. Io continuerò nella strada intrapresa fino alla fine dei miei giorni.

“Ho insegnato a molte generazioni di studenti che la vita, se non è sorretta da un ideale, è nulla.” Che bella questa frase, fondamentale. La tua Penne non esiste più, e forse neanche la mia e se consideriamo che il mondo è dei giovani, speriamo che quei giovani abbiano avuto modo di incontrare persone come te dalle quali apprendere il segreto della vita stessa, avere un ideale, un sogno, un’aspirazione. Grazie ancora professore, per tutto. T’aspette a Ponne!

Lina Fornarola

 

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