HAKUNA MATATA

PENNE – E così Rocco-lo Sfiduciato, mesto e pesto (per mano dei suoi sodali), è stato, infine, spinto all’uscita del Comune di Penne, dopo aver suscitato, entrandovi, illusorie aspettative.

Non si ricandiderà! “Faccio un passo indietro”, ha confessato, smentendo se stesso, dopo aver dichiarato, appena una settimana fa: “non ho affatto rinunciato alla candidatura a sindaco” (Abruzzoweb, 19 gennaio). Ma la fossa scavatagli è lenitiva grazie al provvido incarico in Regione, dal quale la cittadinanza lo ha visto ormai rapito non meravigliandosi, così, per la sua “fuga” dal Comune, che ha disamministrato al punto da lasciare insoddisfatta anche parte della sua vecchia claque, da lui, ora, tacciata di “ingratitudine”. Un distacco, il suo, operato Hakuna Matata (“spensieratamente”) nei fatti e prim’ancora della velenosa dichiarazione d’addio pronunciata dopo la presa d’atto che, come un Re Peone, conta poco nel suo partito. L’assenza dal Municipio di un comune come Penne, nei suoi orari di lavoro e di apertura al pubblico, tranne venerdì mattina, e con lo stracarico di problemi patiti dall’ente (e dai pennesi), non è un segnale di attenzione e di rispetto né per l’istituzione né per i cittadini ma un modo discutibile d’intendere il servizio alla comunità. Appunto, Hakuna Matata! Addirittura, per quell’incarico, i primi di dicembre, il sindaco s’era accordato per il “tempo pieno”, all’insaputa di quasi tutti. Con lenta resipiscenza, dopo settimane, s’è indotto a chiedere, l’8 gennaio, il “tempo parziale”, di 30 ore settimanali, col venerdì libero! Quale sia la considerazione riservata agli impegni comunali e ai cittadini emerge più da questi comportamenti che da tanti discorsi! Consola, almeno, che la sua “fuga” sia, a sua volta, provvida per i pennesi che, pur vedendo il sindaco svanire, ripiegato sui suoi casi personali, dal Municipio alla volta di Pescara, possono però coltivare di nuovo la speranza di avere, finalmente, un primo cittadino non si dice statista (quelli del contado li abbiamo già avuti, con risultati anche peggiori di quelli di Rocco-lo sfiduciato) ma, almeno, che non faccia ulteriori danni a Penne. Sarebbe già un bel salto di qualità e una primizia per più d’una generazione di pennesi. Dice Rocco-lo Sfiduciato che l’incarico in regione non c’entra nulla. Che importa? Ormai la frittata è fatta. Quell’incarico, che a detta sua e di suoi partigiani, avrebbe rappresentato addirittura un’inconfessabile, eppure strombazzata, “risorsa” per Penne; in realtà, è una risorsa solo per lui, acquisita nel modo peggiore, nell’assolvimento del suo incarico istituzionale di sindaco! Naturalmente, siccome gli errori sono sempre orfani, sarà ben difficile l’assunzione di responsabilità da parte degli sponsor, cinque anni fa, della sua candidatura, dipinta agli elettori come salvifica per Penne, “er mejo” sulla piazza ma arrivando poi a ripudiare quel nuovo, incapace di avanzare. L’augurio è che non siano troppi i cittadini bidonati di nuovo da chi li ha già mal consigliati. Di certo, dovranno diffidare di chi accamperà come scusa: “non lo conoscevamo”. Della serie: “se lo conosci lo eviti”! E’ l’ammissione della grave pecca di non saper valutare le persone. Sia come sia, ai più, Rocco-lo Sfiduciato non mancherà, né mancheranno le sue “pressioni”, quelle alla “Tarzan”, da lui evocate per rivendicare a raffica la soluzione di svariati problemi in sanità. Per fortuna se n’è, stranamente, dimenticato nell’esternare una rapida rassegna dei risultati strabilianti che avrebbe conseguiti e delle tante opere realizzate. Ci sarà tempo di analizzare la sua vetrina del “ben fatto” che, invece di un cursus honorum, appare un “recursus dolorum”, per Penne e per i pennesi. Al momento, basti un solo rilievo, su una decisione inutilmente avversata, anche con migliaia di firme, da una larga parte di opinione pubblica: il trasferimento della scuola “M. Giardini” in Via dei Lanaioli. Dunque, il Comune decide un accordo (“contratto di disponibilità”) con un’impresa, perché questi costruisca, a sue spese, un edificio da destinare alla scuola, restandone proprietaria ma obbligandosi a darlo in ‘disponibilità’ al Comune che, in cambio, le pagherà un canone annuo. Dunque: a carico dell’impresa, gli oneri di costruzione; a carico del Comune, gli oneri dei canoni annui per la messa a disposizione dell’opera. Stando così le cose, sul Comune incombe l’entità dei canoni annui da pagare, non il costo di costruzione dell’immobile. Perché, allora, s’indice la gara sul costo di costruzione invece di mettere a base d’asta, soggetto a ribasso, il valore del canone, dopo averne definito l’entità congrua ? Rocco-lo Sfiduciato, quale “esperto di contratti pubblici”, spieghi almeno ora ai cittadini se ha torto l’ex Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (ora ANAC) che richiama la “..definizione del canone periodico da porre a base di gara, sul quale richiedere ai concorrenti un ribasso ai fini della valutazione dell’offerta economica” (Determinazione n.4/2013); qual è la logica anche giuridica di una simili gara e se non gli sembri una ‘giuridicolaggine’ (B. De Finetti, nda) indire una gara su un costo che il Comune non sopporterà e non sul costo (con l’iva, circa 200 mila €, per 25 anni) che, invece, graverà pesantemente sulle sue casse, cioè sulle tasche dei pennesi. Al tempo, per tutto il resto!

Giovanni Cutilli

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