Dall’11 maggio al 2 novembre 2025, l’Imago Museum di Pescara accoglie una mostra dedicata al protagonista assoluto del Surrealismo: Salvador Dalí. Al centro dell’esposizione, in forma esclusiva e solitaria, l’eccezionale Couple aux têtes pleines de nuages (1937), opera tra le più rare e suggestive dell’artista catalano.
L’iniziativa, promossa da Imago Museum e Fondazione Pescarabruzzo, prende il via nel giorno del centoventunesimo anniversario della nascita dell’artista e offre al pubblico l’opportunità di ammirare un capolavoro che unisce potenza simbolica e raffinatezza formale. Il dipinto, proveniente dalla collezione della Fondazione Isabella Scelsi, si compone di due pannelli speculari raffiguranti una figura maschile e una femminile, le cui teste, svuotate di ogni tratto, si aprono su cieli nuvolosi: visione emblematica del sogno, della mente e dell’inconscio.
L’opera, realizzata nel 1937 e firmata congiuntamente da Gala e Salvador Dalí, è uno dei vertici della stagione surrealista dell’artista. I due protagonisti, rappresentati come statue classiche incorniciate da profili architettonici, si stagliano in un paesaggio immobile, ispirato all’Angélus (1857-1858) di Jean-François Millet, dipinto che esercitò un’influenza profonda sull’immaginario di Dalí. La composizione si arricchisce di elementi simbolici ricorrenti nella sua poetica, come la giraffa in fiamme e la bambina che salta la corda, figure ambigue tra innocenza e perturbazione.
La versione del 1937 dialoga con l’omonima opera del 1936, conservata al Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, ampliandone l’impianto simbolico e narrativo. Pur condividendo struttura e iconografia, l’opera in mostra si distingue per maggiore complessità e intensità emotiva.
Frutto di un momento cruciale, segnato dalla guerra civile spagnola e da profonde tensioni interiori, Couple aux têtes pleines de nuages si distingue per la sua complessità iconografica e la forte carica psichica. A lungo custodita nella casa romana del musicista Giacinto Scelsi, l’opera testimonia anche l’intreccio tra arti visive e ricerca musicale.
L’allestimento è concepito come un’esperienza immersiva e meditativa. La mostra si inserisce in continuità con la precedente temporanea In forma di sogno. Gli ultimi Surrealisti. Mensa & Matta e dialoga con la sezione permanente degli esponenti della Realidad Española, attiva nella Madrid degli anni Trenta.
Couple aux têtes pleines de nuages, 1937
Opera enigmatica e visionaria, Couple aux têtes pleines de nuages rappresenta uno degli esiti più emblematici della fase surrealista di Salvador Dalí. Realizzata nel 1937, si compone di due tavole affiancate – quasi un dittico laico – che raffigurano una figura maschile e una femminile con il volto svuotato e sostituito da un cielo limpido, punteggiato di nuvole. I corpi, trattati come sculture classiche e incorniciati secondo una sagoma architettonica ideata dallo stesso artista, si stagliano su un paesaggio desertico, immobile, sospeso.
La composizione trae ispirazione da L’Angélus di Jean-François Millet, dipinto ottocentesco che ossessionò Dalí sin dall’infanzia. Come i contadini di Millet, anche qui i protagonisti si ergono frontalmente, immobili e ieratici, ma svuotati di ogni funzione narrativa o realistica. Le figure, identificate con Dalí e la sua musa Gala, diventano totem del sogno e dell’inconscio, capaci di evocare significati latenti, memorie rimosse e visioni interiori. Le teste aperte al cielo indicano una liberazione dalla razionalità: ciò che definisce l’essere umano non è più il volto, ma lo spazio mentale che si spalanca all’infinito.
Il paesaggio onirico ospita simboli ricorrenti della mitologia daliniana, come la giraffa in fiamme – metafora di un mondo in crisi – e la bambina che salta la corda, figura perturbante che mescola innocenza e minaccia, visione e trauma. L’opera nasce in un momento critico della storia europea, nel pieno della guerra civile spagnola, che alimenta l’intensità psichica e simbolica del linguaggio visivo daliniano.
Questa versione del 1937 dialoga in modo diretto con l’omonima opera realizzata l’anno precedente, oggi conservata al Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam. Se la versione del 1936 risulta più chiusa nella sua essenzialità compositiva e nell’aderenza al tema angelusiano, l’opera del 1937 espande l’immaginario attraverso una maggiore complessità scenica e simbolica, introducendo nuovi elementi narrativi e rafforzando il legame identitario tra Dalí e Gala. Entrambe condividono la medesima struttura visiva e simbolica – le due figure, le teste-nuvole, la disposizione speculare – ma si differenziano per intensità emotiva e stratificazione iconografica.
La doppia firma “Gala Salvador Dalí” sottolinea il legame simbiotico con la compagna, co-autrice dell’immaginario e garante dell’identità dell’artista. A lungo custodito nella casa romana del musicista e compositore Giacinto Scelsi, raffinato collezionista e sperimentatore sonoro, il dipinto testimonia l’incontro fecondo tra arti visive e ricerca musicale. Oggi, questo capolavoro dialoga con la storia del Surrealismo e con quella generale dell’arte nelle sue scansioni più espressive, nonché con le nostre stesse visioni interiori, sospese “in forma di sogno” per l’eternità.
Il Manifesto del Surrealismo e Salvador Dalí: tra sogno, visione e rivoluzione interiore
Nel 1924, con la pubblicazione del Manifesto del Surrealismo, lo scrittore e poeta André Breton fonda ufficialmente un movimento destinato a rivoluzionare il pensiero artistico del Novecento.
Il Surrealismo nasce come un’esplorazione radicale dell’inconscio, un “automatismo psichico puro” che cerca di liberare l’immaginazione dai vincoli della logica, della morale e dell’estetica borghese. Atto poetico, atto politico, atto psichico: il Surrealismo si propone come una vera e propria “scienza del sogno”, dove il reale e l’irreale si fondono in una nuova visione del mondo.
All’interno di questo contesto in fermento, Salvador Dalí entra in scena verso la fine degli anni Venti, portando con sé un immaginario potentissimo, una tecnica impeccabile e una visione personalissima del sogno. Sebbene inizialmente accolto con entusiasmo da Breton e dal gruppo parigino, Dalí si distingue presto per il suo approccio visivo rigorosamente figurativo, quasi iperrealista, che contrasta con l’automatismo astratto di altri surrealisti. È lui stesso a definire il proprio metodo come “paranoico-critico”, una strategia per dare forma concreta alle allucinazioni e ai deliri della mente, rendendoli visibili e analizzabili.
Dalí trasforma i sogni in scenografie minuziose, abitate da simboli ambigui: orologi molli, figure classiche svuotate, deserti mentali, oggetti metamorfici. Con la sua ossessione per Freud, il mito, l’erotismo e la morte, egli fa del Surrealismo un terreno di riflessione personale e universale insieme. Gala, sua compagna e musa, diventa il fulcro ispiratore del suo universo, compagna spirituale e co-autrice silenziosa.
Anche se nel 1939 Dalí viene ufficialmente escluso dal gruppo surrealista – accusato da Breton di “misticismo reazionario” – la sua opera resta una delle manifestazioni più potenti e riconoscibili del movimento. Come pochi altri, Dalí ha saputo fondere arte, psicoanalisi, scienza e spettacolo, lasciando un segno indelebile nella cultura visiva del XX secolo.
In questo solco si inserisce il progetto espositivo dell’Imago Museum, che dedica uno spazio esclusivo all’opera Couple aux têtes pleines de nuages (1937), sottolineandone la straordinaria rilevanza nella storia dell’arte del Novecento e nell’evoluzione del pensiero surrealista. La sua presentazione si svolge in ideale continuità con la recente mostra In forma di sogno. Gli ultimi Surrealisti. Mensa & Matta, e si intreccia con un percorso dedicato ai principali esponenti della Realidad Española, il movimento sorto a Madrid negli anni Trenta, che si può condividere nell’allestimento permanente al Piano B dell’Imago Museum. Tale articolazione permette di approfondire l’originalità della declinazione iberica del Surrealismo, evidenziando come Dalí ne costituisca un punto di riferimento imprescindibile, capace di proiettare l’immaginazione surrealista su una dimensione al tempo stesso universale e profondamente radicata nella cultura della sua terra.
Dalì Salvador Felipe Jacinto
(Figueres, Gerona, 11 maggio 1904 – 23 gennaio 1989).
A Madrid frequenta la scuola di belle Arti e incontra, fra gli altri, F. García Lorca e L. Buñuel. La sua pittura è contrassegnata da suggestioni futuriste (1920), metafisiche (1923) e cubiste (1925) mescolate alla grande ammirazione per Meissonnier, finché non vede, in riproduzione, opere di M. Ernst, J. Miró e soprattutto Y. Tanguy.
Nel 1928 a Parigi conosce Picasso, Miró, Breton, Éluard che lo orientano verso un surrealismo a cui, di fatto, aderisce l’anno successivo. Ne deriva un Surrealismo estremamente personale, caratterizzato da un approccio che Dalì stesso definisce “paranoico-critico”. Il suo metodo echeggia tematiche psicoanalitiche freudiane mescolando i modelli di G. de Chirico, R. Magritte, M. Ernst, Y. Tanguy, con risultati illusionistici caratterizzati da incongrui e sorprendenti accostamenti di figure, cose, situazioni, in una dimensione visionaria e onirica.
Il peculiare approccio al Surrealismo lo rende noto in tutto il mondo per opere come La persistenza della memoria (1931), Morbida costruzione con fagioli bolliti: premonizione di guerra civile (1936), Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio (1944), Gli elefanti (1948),Galatea delle sfere (1952). L’opera Couple aux têtes pleines de nuages (1937) esposta in mostra potrebbe essere considerata l’espressione più estrema dell’immaginario dell’artista in quel periodo.
La sua produzione artistica, peraltro, non si limita alla realizzazione di opere pittoriche, ma si estende al cinema, un campo in cui collabora con Luis Buñuel a Un Chien Andalou (1928) e L’âge d’or (1930), per giungere a progettare la scena di una sequenza del tutto visionaria nel film di A. Hitchcock Io ti salverò (1945) e persino un corto, Destino, con Walt Disney. Scrive altresì sulle riviste «Minotaure» e «Chaiers d’art». Si confronta con il design mediante l’ideazione di celebri oggetti come il Telefono aragosta (1936) o il Divano-labbra di Mae West (1937), veri e propri simboli dell’associazione, tipica del Surrealismo, tra oggetti comuni e umorismo.
Oltre che per le sue doti artistiche, Dalì è noto per la sua personalità eccentrica e per il modo di vestire e acconciare i capelli: ancora oggi i suoi baffi sono il suo segno distintivo e riconoscibile.
Attraverso le opere dei vari membri, il Surrealismo evidenzia un nuovo modo di vedere la realtà, enfatizzando le tematiche dell’irrazionale e dell’onirico. I surrealisti amano definire questo stile come un “automatismo psichico”, in cui l’inconscio domina l’opera d’arte senza essere influenzato da cliché o inibizioni di sorta. I temi più strettamente associati al gruppo sono l’amore, i sogni e la follia, nonché la liberazione dell’individuo. Tra i più importanti esponenti del movimento nelle arti visive si ricordano Yves Tanguy, René Magritte, Max Ernst, Hans Arp e Man Ray.
In seguito a disaccordi con André Breton, nel 1934 Salvador Dalí viene escluso dal gruppo, soprattutto a causa del suo rifiuto di prendere posizioni politiche chiare contro Franco e Hitler. Breton lo accusa anche di commercializzare la propria arte esclusivamente a scopo di lucro, affibbiandogli il soprannome “Dollars avides” (anagramma del nome del pittore che significa “avido di denaro”). Dalí, tuttavia, non si preoccupa affatto dell’appellativo e dell’espulsione, e risponde con una celebre quanto tagliente affermazione: “Il surrealismo sono io”. Coerente con la convinzione di mantenere un distacco tra arte e politica, solo in seguito realizza dipinti quali: L’enigma di Hitler (1939), Metamorfosi di Hitler in un paesaggio al chiaro di luna con accompagnamento (1958) e Hitler si masturba (1973).
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Dalí e la moglie si trasferiscono negli Stati Uniti. Ormai fuori dal gruppo Surrealista, il pittore si riallaccia alla fede cattolica e dà vita a opere di forte fascinazione enigmatica che rinviano all’arte sacra: La Madonna di Port-Lligat (1950) e Corpus Hypercubus (1954), in un periodo noto come “misticismo nucleare”. Il Cristo di San Giovanni della Croce (1951) è una summa della sua originale interpretazione del Surrealismo in chiave mistica. Non a caso, il quadro è stato esposto nel 2024 nella chiesa di San Marcello a Roma ad introduzione simbolica del Giubileo 2025.
Nel 1942 esce la autobiografia intitolata Vita segreta di Salvador Dalì, in cui l’artista esordisce: “Ho trentasette anni. È il 30 giugno 1941, giorno in cui promisi di consegnare questo manoscritto all’editore. Ho appena finito di trascrivere qui i segreti della mia vita; la mia vita soltanto, infatti, mi conferisce l’autorità di farmi ascoltare. Desidero essere ascoltato. Sono l’incarnazione più rappresentativa del dopoguerra europeo, ne ho vissuto tutte le avventure, tutti gli esperimenti, tutti i drammi”.
Nel secondo dopoguerra, la sua produzione continua copiosa anche nel campo dell’illustrazione e della grafica. Nel 1951, con la moglie torna in Catalogna, nonostante il franchismo. Qui sperimenta l’oleografia e l’action painting, interessandosi persino di illusioni ottiche. Emblematiche del momento, opere quali In Voluptas Mors (1951), fotografia in bianco e nero che raffigura un teschio formato da sette donne nude realizzata con il fotografo della Magnum Philippe Halsman, una delle più incantevoli, macabre e bizzarre del tempo. A partire dal 1960 si dedica al Teatro-Museo di Figueres, un museo commemorativo da lui stesso progettato e costruito, il più grande oggetto surrealista del mondo e il più importante centro espositivo delle sue opere. Nel 1980, sua moglie Gala, affetta da demenza, gli somministra un cocktail di farmaci che gli danneggia il cervello, ponendo fine alla sua carriera. L’artista muore naturalmente il 23 gennaio 1989. Il suo corpo è sepolto ora nel suo Teatro-Museo a Figueres.
Imago Museum
Corso Vittorio Emanuele II, n. 270 – Pescara
Apertura: martedì – domenica ore 10:30 – 13:30 e 16:00 – 20:00
Ingresso intero permanenti e temporanee €12.00, ingresso ridotto €8.00
I biglietti sono acquistabili presso la biglietteria del museo o su ciaotickets.com. Per maggiori informazioni, è possibile visitare il sito del museo: www.imagomuseum.it