MORETTI NEL SEQUESTRO GANCIA
Indagato anche lui per l’omicidio del carabiniere D’Alfonso

Spunta Mario Moretti. L’ex brigatista rosso, ancora semiderenuto da 43 anni, ed artefice del sequestro e dell’omicidio dell’onorevole Aldo Moro, risulta indagato per il concorso nell’omicidio del carabiniere pennese Giovanni D’Alfonso, nel tragico epilogo della liberazione dell’industriale Vittorio Vallarino Gancia, incolume, rapito a scopo di estorsione dalle Brigate Rosse il 4 giugno 1975.

Il giorno successivo, alle porte di Acqui Terme, nella cascina Spiotta avvenne lo scontro a fuoco con una pattuglia di carabinieri diretta dal tenente Umberto Rocca che perse un braccio ed un occhio e che è mancato di recente così come Gancia. La procura antiterrorismo di Torino ha chiuso le indagini preliminari, riaperte nel 2021 dopo un esposto di Bruno e Cinzia, due dei figli del militare 45enne ucciso. Gli avvocati Sergio Favretto e Nicola Brigida li rappresentano. Moretti dunque è stato individuato, insieme a Renato Curcio e Pierluigi Zuffada, quale organizzatore e gestore del rapimento. Entrambi nei propri libri di memorie hanno rivelato una serie di particolari che ne confermerebbero le responsabilità.

Lauro Azzolini viene invece indicato come l’esecutore materiale dell’omicidio di D’Alfonso. L’80enne ex brigatista dissociato ha scontato 26 anni di carcere per aver ucciso il vice questore di Biella Francesco Cusano nel ‘76 e fu arrestato nel ‘78 a Milano nelle indagini relative all’omicidio di Aldo Moro. Ad Azzolini si contestano le 11 impronte digitali rilevate dal Ris di Parma sulla relazione riferita al sequestro Gancia scritta dal brigatista fuggito e rinvenuta nel ‘76 durante il secondo arresto di Curcio. Ci sono agli atti diverse intercettazioni telefoniche ed ambientali che riguardano soprattutto l’ex operaio della Lombardini, la moglie Biancamaria Sivieri, gli ex Br Tonino Paroli e Antonio Savino. Curcio in quel sanguinoso fatto perse la moglie Margherita Cagol che custodiva l’industriale insieme a un complice riuscito a scappare e che secondo la procura sarebbe appunto Azzolini.

Ma la situazione che lo interessa e’ paradossale: fu già indagato e prosciolto nell’87 dalle medesime accuse, il fascicolo su di lui è però scomparso dal tribunale di Alessandria. Lo difende l’avvocato Davide Steccanella (con Carlo Sassi) che segue anche Zuffada, mentre Vainer Burani assiste Curcio e Giuseppe Pelazza si interessa di Moretti. Le impronte di Zuffada sono state scoperte nella richiesta di riscatto per un miliardo di lire inoltrata ai Gancia per la sua liberazione. Nel frattempo, è morto Attilio Casaletti, brigatista pentito e uno di quelli che conoscevano l’identità dell’uomo fuggito. A condividere il segreto sono senz’altro il coniuge, Moretti e Alberto Franceschini il quale, sia pure in carcere all’epoca dei fatti, ha rivelato in un suo libro di essere a conoscenza di chi fosse il compagno non catturato dai carabinieri, ma di non poterne fare il nome. Non solo. A sapere tutto è anche Massimo Maraschi di Lodi.

Fu l’unico condannato per concorso in omicidio a 22 anni poiché arrestato dai carabinieri di Canelli nel pomeriggio del 4 giugno: era diretto alla cascina Spiotta per sorvegliare Gancia. Maraschi nel ‘78 ha preso le distanze dalla lotta armata e dalle Br. Ora gli indagati avranno modo di controbattere formalmente, prima di una probabile richiesta di rinvio a giudizio. “È un primo passo per la ricerca della verità. Tutti hanno difeso un segreto che ora sarà probabilmente svelato. Ci siamo decisi a far riaprire le indagini dopo decenni perché i tempi erano maturi per farlo”. 

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