RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO -Subito dopo l’8 settembre del 1943, l’Abruzzo entra nella grande storia della lotta di liberazione con la battaglia del 25 settembre di Bosco Martese, nei Monti teramani della Laga, e poi con la rivolta popolare ottobrina di Lanciano, come ha giustamente sostenuto lo storico Costantino Felice.
Ferruccio Parri, capo della Resistenza italiana e tra i primi presidenti dei governi antifascisti, definì la battaglia di Bosco Martese “la prima battaglia nostra in campo aperto” contro gli occupanti tedeschi.
Il 25 settembre del 1943 un gruppo di circa 1.400 combattenti antifascisti, formato da ex militari, partigiani ed ex prigionieri di molte nazionalità (prevalente quella slava), si scontra nel cuore dell’appennino teramano, in località Ceppo, sui monti della Laga, a 1400 metri, con reparti corazzati della Wehrmacht tedesca, costringendoli ad una ritirata. Solo nei giorni successivi, con l’arrivo di notevoli rinforzi militari, l’esercito tedesco riesce a riprendere il controllo del territorio. I partigiani si disperdono nel bosco scegliendo la via della guerriglia contro i nazifascisti.
A Teramo subito dopo l’armistizio gli ufficiali del dissolto esercito italiano si dividono tra chi vuole consegnare gli armamenti all’occupante tedesco e chi invece vuole resistere e decide di trasferire armi e soldati in un luogo sicuro a Bosco Martese, in montagna a 40 kilometri da Teramo. Nello stesso bosco si vanno concentrando molti antifascisti teramani e soldati sbandati per sfuggire alle rappresaglie dei tedeschi e dei fascisti. Arrivano anche tanti giovani in fuga dai rastrellamenti per i lavori obbligatori e per l’arruolamento forzato, e molti prigionieri slavi, inglesi, americani, canadesi, neozelandesi che evadono dai campi di prigionia.
La confusione e la concitazione di quei giorni non frenano la volontà di resistere ai tedeschi e ai fascisti. Non passa neanche il tentativo del notabilato teramano di provare a disarmare quel movimento antifascista. Si profila così un inevitabile scontro militare con l’esercito di occupazione tedesco. I partigiani si danno un apparato di comando, composto dagli ufficiali superiori dell’ex esercito, da esponenti politici dei partiti antifascisti, e dai capi delle future “bande” partigiane “Rodomonti” e “Ammazzalorso”: Il grado più elevato di comando viene assegnato al capitano dei carabinieri Ettore Bianco, a testimoniare la prevalente importanza dell’aspetto militare su quello politico. Sul campo si schierano 5 compagnie suddivise in più squadre di combattenti.
La mattina del 25 settembre le truppe motorizzate tedesche salgono verso Il Ceppo. Lo scontro è cruento: i tedeschi perdono 50 soldati, 5 camion e 2 autovetture, i feriti sono tanti. Il comandante tedesco viene catturato e successivamente giustiziato in risposta alla precedente fucilazione di giovani partigiani teramani. Nel pomeriggio del 26 settembre i tedeschi tornano in forza e cannoneggiano per ore il bosco Martese che nel frattempo però era stato abbandonato dai partigiani che su proposta del maggiore Mattiatievic si erano dispersi in piccole bande per meglio proseguire la resistenza ai nazifascisti. I tedeschi scatenano una violenta reazione militare con una caccia ai partigiani che quando catturati sono fucilati senza pietà.
Anche gli ex prigionieri, soprattuTto slavi, quando sono catturati vengono equiparati ai partigiani e fucilati in violazione delle norme internazionali. La popolazione teramana da vita ad una Resistenza “umanitaria” aiutando gli ex prigionieri e i partigiani in tanti modi, “dividendo il pane che non c’era”. I Padri passionisti di San Gabriele ad Isola del Gran Sasso oltre ad assistere i reclusi (compresi un centinaio di cinesi) in un vicino campo di prigionia , ospitano molti partigiani che cercavano di sfuggire dalle rappresaglie tedesche.
Al di là delle carenze organizzative e operative a Bosco Martese si è dimostrato per la prima volta in campo aperto, che si poteva reagire militarmente alla occupazione dei tedeschi e al prolungamento del regime fascista nelle forme sanguinarie che assumerà con la Repubblica Sociale Italiana di Mussolini. In questo senso il valore della battaglia di Bosco Martese assume una dimensione nazionale innegabile.
Quella battaglia selezionò anche i combattenti più convinti e coraggiosi che daranno vita al combattivo movimento partigiano della provincia di Teramo, che durerà 9 mesi, superando il terribile inverno del 1943-44, sino alla liberazione di Teramo il 14 giugno del 1944, con l’ingresso nella città dei partigiani della “Rodomonti” e il 15 giugno della “Ammazzalorso”.
Come giustamente evidenzia lo storico Roberto Battaglia, la battaglia di Bosco Martese fu un “esordio clamoroso” della lotta di Liberazione italiana con “un carattere militare evoluto, che la Resistenza acquisterà nel suo complesso solo nella piena fase della sua maturità”.
Gianni Melilla
segretario della Fondazione Brigata Maiella ed ex parlamentare

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