“L’Uomo senza qualità”, l’imponente capolavoro letterario del ‘900 di Robert Musil, con coltissima maestria cesella la parabola dell’alienazione esistenziale di un uomo dalle cospicue doti intellettuali e umane che, gradualmente, si estranea dal mondo reale, in “sintonia” con la decadenza dell’Impero austro-ungarico, Kakania nel gergo beffardo di Musil, e della società borghese.
L’Italia delle istituzioni è come “Kakania” dove «Ogni cittadino era uguale davanti alla legge, ma non tutti rientravano nella categoria di cittadino»e nel quale «si fece continuamente il contrario di ciò che si pensava, oppure si pensò il contrario di ciò che si fece». Il nostro Stivale è un grumo inestricabile di contraddizioni, un’accozzaglia di apparati in decomposizione nelle cui spire rimane stritolato il cittadino. La pubblica amministrazione (PA) è la punta di diamante del processo putrescente. Mediocre, priva di regole, decenza, qualità e di quella stessa legalità che inebria i suoi babbei anche quando è tossica, come quella che assegna ai politici di vario rango i vitalizi che pure indignano molti babbei! Tra le vigliaccate delle istituzioni contro i cittadini, sono emerse le rapine tributarie ad opera di molti comuni, pure importanti (Milano, Napoli..) che hanno raggirato i contribuenti gonfiando la tassa sui rifiuti! L’Anci, la loro associazione corporativa, ha minimizzato, per difenderli mentre i consumatori minacciano azioni collettive. Ma da minimizzare non c’è nulla! Il ladrocinio di stato, anche di un eurocent, è più ributtante e osceno di quello individuale, anche di un milione, e le azioni collettive del Codacons dovrebbero essere penali! È, infatti, equo ed educativo che gli enti locali, “estorsori fiscali”, vengano messi alla gogna come e più degli evasori fiscali. Se è vero che consiglieri, amministratori e dirigenti comunali dovrebbero condividere responsabilità penali, civili ed erariali, compresi i danni d’immagine, per aver approvato e attuato quelle “rapine” sulla Tari, anche gli enti come tali andrebbero puniti. Succede già per le società. Il d.lgs. n. 231/2001 ha fatto valere per loro il principio: “societas delinqueri potest” ma, ignobilmente, ha anche deciso che le sue norme “Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale”. Ma in nome di cosa un pluripregiudicato, anche da corti internazionali, reo confesso; un biscazziere incallito; un accusato dall’Onu di concorso esterno in associazione a delinquere con la Libia, come lo stato italiano, è esentato dalle punizioni che esso appioppa ai privati? La sua autotutela è immorale, anzi amorale! Semmai, la legge dovrebbe essere anche ancora più severa con le istituzioni pubbliche! Se lo stato giudica ladro l’evasore fiscale, anche quello per costrizione (crisi economico-finanziaria..), dovrebbe considerare come rapinatore a mano armata un comune che rapina tasse e che, per farlo, usa la potenza di fuoco di leggi e apparati che fondano, garantiscono e ingigantiscono il suo potere sui contribuenti, persino vessatorio. Perché, allora, il comune che delinque, la deve fare franca? Spacciare, poi, per “errori” le rapine sulla Tari è provocatorio. Appellarsi agli “errori” è pratica incallita nella PA. Lo si fa anche al comune di Penne per sottolineare l’involontarietà degli sbagli, per esempio negli accertamenti tributari, anche quando le loro cause dipendono da consapevoli omissioni, per esempio di informazioni d’ufficio al concessionario della riscossione: “mica possiamo..”. Eh già! Il comune sa di “non poter” prevenire determinati “errori”, per mancanza di tempo, di personale, ecc., e lascia che si scarichino sulla testa dei suoi cittadini che, a proprie spese, di tempo e denaro, potranno sempre reclamare (loro che possono!) se lo vorranno, con una bella domandina! Se non s’avvedranno dell’“errore” o non vorranno perdervi dietro tempo o denaro, saranno i beffati di turno! Così la PA interpreta l’obbligo costituzionale (art. 97) che “siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” e quello di legge (l. 242/2001) che impone di reggere l’attività amministrativa con “criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza”. Il tutto sintetizzato in comune a Penne con un “non possumus”, «mica possiamo…»! Comunque, per la Tari gonfiata, anche gli errori involontari non consolerebbero! Vorrebbe dire, infatti che la PA è luogo di raggiro dei cittadini e di produzione di imbecillità o che è una congrega a delinquere, incapace di auto-controllo e di cui solo denunce esterne svelano gli “errori”. Anche sulla tassa rifiuti gonfiata, la dispendiosa e occhiuta (??) filiera di dirigenti, organi politici e di revisione e di valutazione, corti e polizie varie s’è mostrata cieca. Infatti, a denunciare lo scandalo è stata una vittima speciale: l’on. L’Abbate (M5S)! Nella sua condizione privilegiata, ha potuto interrogare, gratis, addirittura, il governo che ha ammesso la furfanteria dei comuni. Un privato cittadino avrebbe solo perso fiato! Sciocco e furbastro il balbettio, sulla vicenda, del ministero dell’economia, il “pusher” dello stato, quello che gli assicura la droga monetaria di cui è assatanato. In 5 anni, agosto 2012-agosto2017, gli ha spacciato una “dose” di 304 miliardi (!!!) di euro e il debito pubblico è passato da 1975 a 2279 miliardi! Ma più gliene da, più ne sciupa. Si sta freschi a pagare tasse! Rincorrendo i suoi sperperi, la PA ormai deruba il cittadino con la complicità o nel silenzio di ogni autorità: governativa, politica, giudiziaria, poliziesca; tutti a correre, sempre più, dietro al “fatto” che“non sussiste” (l’ultimo, nel chietino, un omicidio inesistente, costato 15 di mesi di carcere a un innocente: era morte naturale!!!) mentre per quelli che “sussistono” per mano pubblica, come la rapina sulla Tari, non muovono un dito. Asini asinos fricant! Quel ministero ora dice che “presto” chiarirà “le modalità di corretta applicazione” della tassa rifiuti, per evitare difformi interpretazioni delle norme tra i comuni! Una stupidata dove, però, s’ammette che la PA è come quell’Europa che Musil descrisse in un suo saggio (“L’Europa abbandonata a se stessa”, 1922): “È una torre di Babele, una casa di matti, da mille finestre mille voci diverse, mille fanfare investono il passante. È evidente che in questo modo l’individuo cade in balia di motivazioni anarchiche e morale e spirito vano in decomposizione”. Alle stupide affermazioni ministeriali potrebbero mettere un freno solo le vergate di Ahmadinejad o i modi spicci di Erdogan! L’arredamento della nostra casa di “casa di matti”, la cui pessima qualità provoca la necessità dei “chiarimenti ministeriali”, è costituito da: burocrazia e leggi anche ignobili! In un Paese normale non servono i chiarimenti, cioè il pensiero, che diventa legge, di un burocrate, magari sbronzo! Infatti, le disposizioni o non sono chiare o lo sono. Nel primo caso, vuol dire che sono finalizzate all’inganno oppure scritte con i piedi, da somari, tanto da generare difformi interpretazioni. In quest’ipotesi, è il parlamento a dover riscrivere le norme in un italiano corretto, chiaro e preciso, e non in quello da suburra che imbratta viepiù le nostre leggi, e non il ministero a dare chiarimenti, conferendo a burocrati-califfi della legge il potere d’interpretare per tutti le sacre disposizioni! Nell’altro caso, cioè se le norme sono già chiare, ne consegue che i comuni delinquono col dolo più spudorato. In quest’altra ipotesi, è il governo che dovrebbe denunciarli, anche per i danni erariali (per rimborsi e danni d’immagine)! Ma a maleodorare come marcio sulla torta avariata è anche un altro aspetto della sporca vicenda: la pretesa che i rapinati facciano “domanda” per riavere il maltolto, con il solito modello. “Già predisposto” dice il ministero! Ministero e comuni, il modello lo usino per risparmiare sulla carta igienica! Le somme rapinate i comuni le restituiscano d’ufficio, con gli interessi! L’“istanza” è come la richiesta al ladro di restituire ciò che ha rapinato! Gli stessi banditi comunali riconsegnino la refurtiva, senza far perdere tempo, denaro e pazienza ai cittadini! In difetto, il Codacons svolga azioni contro sindaci, assessori e dirigenti per appropriazione indebita! Soprattutto, alzino la voce i cittadini, specie per la beffa finale di questa ennesima maialata di stato. A spiegarla è lo stesso on. L’Abbate: «L’esito finale è paradossale. Io contribuente pago l’Anci per fare consulenza ai Comuni. Pago Ifel con il gettito Imu per vigilare sulle imposte locali. Pago per 4 anni ingiustamente cifre non dovute. Mi adopero personalmente per il recupero di queste somme e laddove vi sarà rimborso questo verrà comunque pagato da me l’anno successivo» (corriere.it, F. Savelli, “Paradosso Tari, può rincarare fino a sei euro a persona”, 13 nov 17). Come la giri e come la volta, decisa la rapina, rapina sarà! Fallita quella a mano armata (con le tariffe gonfiate), sarà armata dalla legge e il contribuente, sbalzato nella fogna, nella fogna rimarrà. Pubblica, ovviamente! Con la speranza che se ne schifi e si ribelli.
Giovanni Cutilli