In venticinque anni di vita alberghiera il castello Chiola ha ospitato anche vicende piccanti, come da migliore tradizione. La storia non è proprio recente, ma non è stata mai raccontata come LACERBA adesso è in grado di fare. Due funzionari della Regione Puglia in trasferta si sono incontrati in una notte di passione con altrettante signore dell’area vestina. Non ci sarebbe nulla di rilevante per l’opinione pubblica, se non fosse che si è trattato di sfruttamento della prostituzione. Ovvero di un reato. Lo spiega la sentenza di patteggiamento con cui la nottata hot è finita, attraverso una informativa della squadra mobile della questura di Pescara, fra le mani di Angelo Bozza, all’epoca giudice penale oggi presidente del tribunale di Pescara. Le due signore vennero reclutate da un uomo di Ortona che all’epoca, secondo la sentenza, induceva la propria compagna a prostituirsi pubblicizzandone l’attività di meretricio ovunque, persino sui giornali. In questo caso, con la complicità del padrone di casa, anzi del letto: un dipendente del Chiola.
Se è intervenuta la polizia, evidentemente quella notte non fu unica e rara. Furono disposte anche intercettazioni telefoniche. Un’altra notizia, a leggere i nomi dei due clienti in trasferta a Loreto, è che un cliente attivo fra le lenzuola all’epoca si occupava per la Regione Puglia di controllare proprio il livello degli alberghi. E il Chiola fa parte di una struttura aziendale basata a Foggia, cioè in Puglia. Per la cronaca, le due parti offese vennero individuate nelle due signore che vennero persino risarcite dei danni sopportati proprio dal procacciatore come scritto convivente di una di esse; nel contempo però essa stessa risultava fra gli imputati. Nove mesi di reclusione e 140 euro di multa per lui, concordati con il giudice, dieci mesi e venti giorni più 140 euro di multa per chi lavorava nell’albergo, pena sospesa ad entrambi. È stata applicata la legge 75 del 1958, la famosa legge Merlin che abolì le case di tolleranza. Ma non gli alberghi, battute a parte.
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