FARINDOLA – Una tragedia bianca sulla montagna vicinissima a Rigopiano al confine fra il Pescarese, il Teramano e l’Aquilano è legata all’ottobre 1958 allorché persero la vita te giovani tecnici dell’Agip Mineraria che, partiti dall’aquilana Castel del Monte, stavano raggiungendo il monte Camicia quando vennero colpiti da una bufera violentissima di neve.
Nella ricostruzione che ne fa Luciano Gelsumino sul proprio sito web, emerge il racconto dettagliato, grazie anche agli articoli di giornale dell’epoca, di quella drammatica vicenda. I tre erano scomparsi il 20 ottobre 1958, vennero ritrovati cadavere dopo una settimana, a metà della normale strada che conduce alla vetta sud –est del massiccio del Gran Sasso: il monte Camicia (2.564 metri). Dalla cima verso ovest si osservano Campo Imperatore e tutte le altre vette del Gran Sasso, mentre a nord la parete precipita per 1.200 metri sulle colline teramane. Morirono l’aquilano Carlo Iannozzi di Pizzoli, prossimo alle nozze, il ravennate Alberto Sancinetti e il pisano Carlo Bellincioni, impegnati nell’eseguire dei rilievi geologici. I tre, che avevano buone conoscenze della montagna nostrana, erano a due ore e mezzo di cammino dal rifugio La Vetica dove i loro corpi furono portati a spalla dopo il recupero purtroppo senza vita. Le operazioni di soccorso scattarono immediatamente e coinvolsero il club alpino di Penne, le forze dell’ordine e gli alpini; il campo base fu installato proprio a Rigopiano, a 1.200 metri di quota sulle pendici orientali del Gran Sasso. Vestivano con abiti leggeri: la causa della morte fu un fulmine, anche se sul posto vi era un metro di neve ed i tre giovani morirono assiderati nel tentativo di difendersi dal freddo. Iannozzi era seduto, davanti a sé un mucchietto di sassi ordinato a mò di trincea, segno evidente che voleva ripararsi dalla bufera di neve.
B. Lup.