SERGIO DI ZIO E LA BILANCIA, UN TUTT’UNO DA PREMIO
Continua a mietere successi la cucina, nello spazio che è ormai un museo delle emozioni

IL PREMIO DA SLOW FOOD

 

Ė nelle librerie e nello shop online la 36esima edizione di Osterie d’Italia 2026, la guida prestigiosa edita da Slow Food che, attraverso l’assegnazione della chiocciola -logo simbolo della qualità slow della buona cucina contapposta al fast food carente di genuinità, igiene e sostenibilità- racconta la ricchezza dell’Italia attraverso ristoranti che si caratterizzano per la qualità del cibo, per la connessione con il territorio, per i prezzi giusti, sostituendo l’obiettivo del maxi profitto con quello culturale di salvaguardia della tradizione, della convivialità e della buona reputazione. La guida è divisa per Regioni e si avvale di tutta la rete Slow Food e di quasi 300 collaboratori che offrono recensioni e valutazioni.

 

 

LE CHIOCCIOLE ALL’ABRUZZO

Sono 14 le chiocciole riconosciute all’Abruzzo con la provincia di Teramo che domina la classifica con ben 6 chiocciole: PerVoglia di Castellalto, Zenobi di Colonnella, Perilli di Castilenti, Bacucco d’Oro di Pineto, Vecchia Marina di Roseto degli Abruzzi, Terra di Ea di Tortoreto.

Segue Pescara con 4 chiocciole: Taverna 58 di Pescara, La Bilancia di Loreto Aprutino, La Corte di Spoltore e Font’Artana di Picciano.

La provincia di Chieti con 2 chiocciole: La Grotta dei Raselli di Guardiagrele, Bracevia A tutta Pecora di Francavilla al Mare.

E 2 chiocciole anche per L’Aquila: Clemente di Sulmona e Taverna de li Caldora di Pacentro

CHIOCCIOLA SLOW FOOD PER LA BILANCIA…E CHE DOBBIAMO DIRE SE NON “BRAVI, BRAVI”

Su La Bilancia abbiamo scritto di tutto: da quel lontano 9 giugno 1974 il ristorante di Sergio Di Zio non ha perso un colpo arricchendo il suo palmares di premi, riconoscimenti, apprezzamenti e citazioni. Ultimo quello di avere un fan di eccezione come Paride Vitale che, sia nel libro D’amore e d’Abruzzo. Guida sentimentale alla regione più bella del mondo (pagina 183) sia nell’intervista a Vanity Fair (LEGGI INTERVISTA) menziona La Bilancia come suo ristorante, della zona, preferito.

 

 

Ripercorriamo le ultime volte che abbiamo mangiato lì e non c’è nulla che possa scalfire quel senso di garanzia esistenziale che il ristorante occupa nella nostra vita abruzzese. C’è Ute, la figlia di Sergio, che è diventata un ottimo manager ed ha acquisito talmente tanta sicurezza e competenza che ormai il menù lo discutiamo solo con lei. C’è Antonietta che ci piace pensare come una Marina Abramovic dell’arte culinaria: in silenzio, muovendo solo le braccia, riesce a stupire un mondo di gusti e palati, un vero e proprio spettacolo fruibile a tutti grazie al “sipario di vetro” che protegge la cucina. E c’è Sergio. Cosa potremmo dire di Sergio? Ognuno dei clienti affezionati potrebbe darne una versione, tanta la sua poliedricità e la velocità di pensiero nell’ideare situazioni di convivialità.

Sergio burbero, istrionico, determinato ed istintivo, passionale e malinconico, ironico, sagace e riflessivo. Sergio che si commuove se si parla di suo papà ma che subito si riprende se gli chiedono le patate con il ketchup. Sergio che ama Bertoldo e che sa a memoria La quercia caduta di Giovanni Pascoli.

E allora, Sergio, se c’è ancora qualcosa da scrivere per dirti quanto siamo fieri di te, è proprio questo: tu sei come la quercia della poesia, grande e buono, ma con una differenza, perché tu hai generato rami robusti ed hai radici talmente aggrovigliate alla terra che nessuna stracchità potrà mai fiaccarti. E noi saremo sempre come capinere, a cercare il nido presso La Bilancia. Chioccia e chiocciola allo stesso tempo.

S.d.L.

 

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