“QUI SI PARRA’ LA (LORO) NOBILITATE” (Dante) Uno stravecchio statuto comunale sul nuovo sito web

Dal pomeriggio di mercoledì 5 aprile, col varo del nuovo sito web del comune di Penne, i consiglieri comunali hanno la prova documentale della presa per in giro di cui furono fatti oggetto proprio nel giorno d’insediamento del nuovo consiglio, il 21 giugno 2016.

In quella seduta venne consegnata loro una versione dello statuto comunale zeppo d’errori e persino monco di tre articoli! Uno statuto-pinocchio! Un gesto irriguardoso e di tracotante leggerezza nei confronti dei rappresentanti dei cittadini nella più alta istituzione locale. Per colmo, a un consigliere comunale che espressamente lo richiedeva, venne confermato che quella distribuita fosse la versione dello statuto da ritenere vigente, solo espungendovi taluni articoli (es.: difensore civico…)! Contrastava, inoltre, con quel testo statutario, l’altro, difforme e tuttora consultabile, pubblicato dal Ministero dell’interno. Ma nelle istituzioni pubbliche, dove dimorano le fanfaluche, al peggio non c’è fine. Infatti, nemmeno quello pubblicato dal Ministero era (ed è) lo statuto vigente! Ed evidentemente è questa la ragione che imbarazza il Governo e lo induce, in barba al Regolamento della Camera dei deputati, a non rispondere a un’interrogazione parlamentare che, nel suo secondo quesito, chiede al ministro interrogato: “se il testo dello statuto del comune di Penne (prov. di Pescara) pubblicato sul sito del Ministero dell’interno sia quello ufficiale ed effettivamente vigente dal 30 aprile 2000”. Il Ministero sa bene che non lo è. Lo confermò anche la Segreteria particolare del Vice Ministro dell’interno, Sen. Filippo Bubbico, che riferì, tra l’altro: “…in merito alla questione relativa allo statuto del Comune di Penne, l’ufficio competente interpellato..ha comunicato quanto segue. Può capitare che uno statuto riportato dalla banca dati del Ministero dell’Interno non corrisponda allo statuto del comune. In relazione alle modifiche, il Ministero dell’Interno ha ricevuto, in forma cartacea, una richiesta di modifica di un articolo nel 2011…”. V’è da dire, però, che se “capita” che il Ministero disponga di uno statuto non aggiornato, vuol dire che l’ente locale non ha ottemperato alle disposizioni in materia (vedi anche il codice dell’amministrazione digitale) e che la filiera Prefettura competente-Ministero ha omesso di vigilare. Peraltro, nel testo pubblicato non appare nemmeno la modifica del 2011 “richiesta” al Ministero! Di tutto ciò, Lacerba (“Il Buongiorno si vede dal mattino 3 – La cabala del Comune di Penne”, 22 giugno 2016; “Uno Statuto per pochi “eletti””, 4 luglio 2016; “I Mandriani della legalità”, 3 agosto 2016), sollevando la questione dell’impiccio degli “statuti” comunali di Penne e delle loro cartestracce, forniva cronistoria e riferimenti normativi. Ora, il comune, per la prima volta, pubblica nel suo nuovo sito uno statuto. Quale? Quello distribuito ai consiglieri il 21 giugno 2016 e che a uno di loro fu confermato essere lo statuto vigente? Con coerenza da bifidi, manco per niente! Quello attualmente vigente (e ancora da adeguare alle leggi nazionali)? Nemmeno! Quale, allora? Lo statuto già pubblicato sul sito del Ministero dell’interno e che sappiamo essere, pure quello, farlocco! Ce n’è d’avanzo perché i consiglieri si sentano offesi nella dignità e nell’onore non delle loro persone ma della carica rivestita e, poi, anche insolentiti dalla presa in giro subita, prima, con la consegna a loro nel 2016 di una versione diversa e taroccata dello statuto comunale e, ora, con la pubblicazione sul sito comunale della versione “ministeriale”, che l’ente sa bene non essere, neppure quella, lo statuto vigente. Dovrebbero pure indignarsi per la mancanza di zelo, accortezza e riguardo verso di loro, amministratori del comune, per giunta nella “solenne” circostanza dell’insediamento (figuriamoci verso i cittadini comuni!). Nello statuto pubblicato non compaiono le modifiche introdotte nel 2007 e 2011 né, ovviamente, sono citate le relative delibere consiliari nel frontespizio nel quale, anzi, è attestato che “il testo adeguato è in vigore dal 30 aprile 2000”. Come se lo statuto, successivamente, fosse rimasto immutato! A chi ha deciso quella pubblicazione peracottara, andrebbe chiesto come sia stata possibile la (ri)elezione, nella seduta del 30 marzo 2016, del vice presidente vicario del consiglio comunale, alla luce dell’art. 19 bis di “quello” statuto, dove non è contemplato! In verità, è stato possibile perché, nel 2007 (e nel 2011), l’art. 19 bis fu modificato, anche per istituire quella nuova figura. Queste le relative delibere consiliari: n. 93 del 26.11.2007 e n. 40 del 24.06.2011. Nello statuto pubblicato sul sito comunale, tanto per dire ancora, risulta “abrogato” anche un altro articolo che, invece non solo è pienamente in vigore ma è stato pure reiteratamente violato da chi aveva l’obbligo di ottemperare alle sue statuizioni. Non mette il conto qui, però, di occuparsene. Il sospetto è che il comune, per sciatteria, non disponga dello statuto aggiornato con le modifiche finora deliberate. I consiglieri comunali dovrebbero avvertire l’obbligo di leggere le delibere consiliari n. 93/2007 e n. 40/2011, collazionarne i testi con lo statuto pubblicato e, tratte le debite conclusioni, di chiedere conto a chi di dovere delle balordaggini perpetrate con gli statuti, quello distribuito nella seduta consiliare del 21 giugno 2016 e l’altro pubblicato sul sito comunale. Dovrebbero anche pretendere copia dello statuto vigente, ad altri negata con illegale silenzio. Lo imporrebbe loro la difesa del prestigio del ruolo rivestito, del decoro istituzionale, della dignità personale e del rispetto per i cittadini, vilipesi da queste indegne peracottate del comune, incapace persino di esibire il suo vero statuto. Quello di Lacerba non è un appello ma un’aspettativa (non nutrita verso tutti i consiglieri comunali, per ragioni intuitive) più che legittima e giustificata. E “qui si parrà la (loro) nobilitate”!

Giovanni Cutilli

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