Molto spesso, dai suoi colloqui istituzionali, il sindaco di Penne o non cava un ragno dal buco o espone se stesso, la sua amministrazione e, di riflesso, la sua Città, a magre e sgradite figure. Ragno dal buco non cavò, per esempio, con le sue gite fuori porta, a Roma, “pe fasse du chiacchiere” sull’Ospedale di Penne con l’ex segretaria di Paolino Bonaiuti, momentaneamente ministra della salute. Una prima volta, vi si recò in pompa magna, con delegazione al seguito.
Sorrisi e selfie immortalarono quella gita, a cui gli strateghi della comunicazione comunale diedero incauta e ampia eco. Svariati mesi dopo, tornò quatto quatto, senza pubblicità e senza selfie, dalla ministra che, pare, ammise al bacio della sua sgarrupata pantofola solo il primo (?) cittadino, lasciando fuori della porta il suo seguito. Non si sa se, come nella prima gita, fosse stata presente l’ancella di “Sparacannone”, lady “Prezzemolina”, la Chiavaroli, presente a innumerevoli manifestazioni ufficiali nel comune di Penne, l’ultima, quella commemorativa della sciagura di Marcinelle. Si dice che secondo “Prezzemolina”, il Ministero dell’economia sarebbe la tagliola che reciderebbe le velleità di riqualificazione del San Massimo. Sbaglia! Evidentemente fa confusione tra il Piano di rientro dai debiti sanitari, ancora periodicamente esaminato al Tavolo di monitoraggio, con la programmazione sanitaria, tornata di esclusiva competenza del consiglio regionale e non conculcabile da nessun ministero, dal 1^ ottobre 2016, con l’uscita dal commissariamento. In contraddizione con se stessa, lo conferma Lady Prezzemolina medesima che, riferisce la stampa, avrebbe imputato alla regione il riordino della rete ospedaliera abruzzese e, dunque, il declassamento del San Massimo, discolpando il governo! Tapina! Sbaglia ancora, di grosso! Quel l declassamento e quel riordino, non sono frutto di atti regionali ma dei decreti nn. 55 e 79/2016 a firma di commissario e sub commissario ad acta, attuativi del decreto Lorenzin. E commissario e sub commissario sono governativi! Dunque, la paternità di riordino e declassamento è del governo nazionale! Stupisce che un suo membro lo ignori! In ogni caso, ci fosse o no a quegli incontri ministeriali, la sua sarebbe stata una presenza ininfluente non solo perché tale s’è dimostrata di per sé, nei fatti, ma per la stessa inutilità di quei colloqui, male organizzati. Semproni e il suo seguito, con la ministra, a luglio 2016, spararono a salve. All’ex segretaria di Bonaiuti, infatti, non portarono nessuna proposta (che, d’altronde, sarebbe stata votata dal consiglio comunale solo il successivo 30 agosto…). C’è, però, un tema, viepiù imbarazzante, quello della dappocaggine (eufemismo compassionevole..) dell’amministrazione Semproni nella comunicazione. Non s’era mai letta una lettera di un sindaco che esordisce, come quella, recente, di “Sparacannone” al prefetto, per gli immigrati, con questa stupefacente sintassi: “Come in precedenti incontri Le abbiamo descritto che…”. Quel che congiunzione è un primo pugno nello stomaco. Aggiunge, poi, che “le numerose presenze sono causa di dissapori tra la popolazione” (??!!). Insomma, i pennesi litigherebbero tra di loro a causa delle “numerose presenze” d’immigrati!!! Sicuro? Magari, il sindaco voleva dire: “malumori tra la popolazione”! Ma il piccolo capolavoro è posto qualche rigo dopo, laddove, con un brusco salto dalla prima persona plurale (“Le rappresentiamo, Le abbiamo”..) alla terza persona singolare (“Il sottoscritto”), il sindaco (che, opportunamente, si qualifica p.t., pro-tempore, lui stesso sapendo bene di esercitare il suo primo e ultimo disastroso mandato) “CHIEDE che questa amministrazione si oppone ad ogni ulteriore invio..”. Una gag degna di Paperissima. Ineguagliabile! Il sindaco, che CHIEDE al Prefetto, a nome della sua amministrazione, di opporsi alle decisioni del Prefetto! Esilarante! Forse voleva dire: “comunica, “dichiara”! Comunque, delle due l’una, o “Sparacannone” si sente talmente “servitore dello stato” da prostrarsi a chiedere a un suo rappresentante addirittura il permesso di opporsi a decisioni del medesimo oppure il sindaco ha licenziato l’italiano dagli atti ufficiali del comune, per sostituirvi il suo idioma, il sempronichese, con buona pace della Campagna governativa presentata a ottobre 2016, a Firenze “Stati Generali della Lingua Italiana nel mondo 2016 – Italiano Lingua Viva”. Viva? Qui, se non è morto, è moribondo! Che lo scadimento del comune di Penne fosse rovinoso era già noto a molti, anche fuori Città, ma sgomenta l’infimo livello concettuale ed espressivo esibito dal sindaco nella sua orrenda missiva dove si è pure lanciato in un vaticinio imprudente e arrogante, avvertendo il prefetto che, se inascoltato, “unitamente alla cittadinanza promuoverà cortei di protesta”! Ma chi gli assicura che la cittadinanza gli darebbe retta nel promuovere quei cortei? È certo di avere ancora, presso di essa, la stessa necessaria credibilità di cui ora gode, a esempio, il Comitato “Salviamo l’Ospedale di Penne”? Chissà le risate in prefettura alla lettura di questa sgrammaticata lettera che, se non travalicasse il senso del ridicolo, sarebbe solo comica. Purtroppo, umilia anche tutti i pennesi così maldestramente rappresentati. Il sindaco ha anche chiesto “il ripristino del numero proporzionale – di immigrati – secondo gli indici di legge”. Ripristino? Vi era forse una condizione antecedente, da reintrodurre, rispettosa di quegl’indici? E quale sarebbe stata? Forse voleva chiedere l’“applicazione”, il “rispetto” del “numero proporzionale”! Eppoi, di quale “legge” parla il sindaco? Non esiste alcuna “legge” che fissi quegli indici. Ci smentisca, citandone gli estremi! Forse si riferiva alle clausole di salvaguardia dello Sprar, che, però, “legge” non sono e, a oggi, neppure riguardano il comune di Penne. Ma a “Sparacannone” è inutile starglielo a spiegare.
Giovanni Cutilli