Polveriera Brioni: stato di agitazione e susseguente pacchetto di 16 ore di sciopero. Questo è emerso al termine della lunga discussione sviluppata nelle assemblee di ieri promosse dai sindacati che hanno fatto richiesta, attraverso le rispettive strutture nazionali, di incontrare i vertici del gruppo Kering al ministero dello sviluppo economico.
Le maestranze delle tre sedi produttive di Penne, Civitella Casanova e Montebello di Bertona si sono riunite per discutere dell’attuale situazione caratterizzata da un clima di rinnovata tensione fra le parti sociali. Da una parte la direzione di Brioni, che ha da poco licenziato tre lavoratori per la soppressione di alcune mansioni, dall’altra le organizzazioni sindacali che contestano una certa rigidità e soprattutto una mancanza di prospettive chiare per il prestigioso marchio di abbigliamento maschile in attesa di un rilancio che stenta però ad arrivare. Fabrizio Malverdi, l’amministratore delegato di Brioni, per ora preferisce non parlare con la stampa, in attesa di chiarire la situazione all’interno del polo produttivo vestino che conta su un migliaio di dipendenti e che, nei piani aziendali, è destinato a diventare il luogo dove si producono i capispalla per i marchi più potenti del gruppo Kering, come ad esempio l’ammiraglia Gucci. Mario Semproni, il sindaco di Penne, si è proposto come mediatore. “L’ultima convocazione da parte dell’amministrazione comunale risale al 2016”, replicano i sindacalisti. Intanto, tornano a farsi sentire le voci circa una cessione del marchio Brioni: compratori pronti ve ne sarebbero. Quando questi rumors vennero fuori, mesi fa, da Parigi non sono mai stati smentiti. Tutta da giocare la questione odierna della flessibilità oraria e delle ricadute sui salari dei dipendenti che dal 2016 accettano una riduzione del tempo lavorato (e di euro) per evitare gli esuberi forzati. Quell’accordo è scaduto il 31 dicembre scorso, però. “Le condizioni di lavoro sono peggiorate sia nei rapporti umani che lavorativi portando allo sgretolamento della peculiarità e del valore manifatturiero, vanto di Brioni: basta vedere alcune scelte prese unilateralmente dall’azienda, compresa quella dei licenziamenti individuali che sta effettuando in questi giorni”, lamentano i sindacati. “Non riusciamo a comprendere-spiegano Luca Piersante, Leonardo D’Addazio ed Antonio Perseo- perché Kering non obblighi il rispetto del contratto nazionale tessile per quanto concerne la flessibilità, visto che lo richiede per tutte le aziende conto terziste a cui affida le proprie lavorazioni in barba al codice etico! Oggi le linee produttive sono sature, ma l’operazione non serve a far scendere il fabbisogno economico dell’azienda che tanto preme a noi. Rammentiamo infatti che in riunioni aziendali ufficiali sono emersi gravi problemi economici. Diventare il polo produttivo del gruppo non ci dispiace, ma non a scapito del marchio Brioni”.
Berardo Lupacchini