ZAPPACOSTA, SERVITOR DI UN SOLO PADRONE, L’ETICA come buona pratica di sviluppo economico di società e cultura

Tornata elettorale in 62 comuni della Regione Abruzzo nei prossimi 20 e 21 settembre 2020. Particolarmente atteso il risultato della partita che si giocherà a Chieti con 5 candidati sindaco e 19 liste a sostegno.

 Molto rumore- per nulla-la vicenda che ha visto esprimere malumori da parte del candidato sindaco della Lega Fabrizio Di Stefano, per la fuoriuscita, dalle file di Forza Italia, dell’assessore Mauro Febbo che ha guidato personalmente la composizione della lista Forza Chieti in sostegno al candidato  Bruno Di Iorio. L’ira dell’ex consigliere regionale si è poi colorata dei toni accesi dell’invettiva contro il capolista di Chieti Viva Giancarlo Zappacosta, Dirigente del Servizio Beni e Attività culturali della Regione Abruzzo. Il coordinatore regionale della Lega Luigi d’Eramo ne ha chiesto addirittura le dimissioni.

Dalla postazione di comando, come una metaforica poppa, Zappacosta non ha certo sventolato bandiera bianca  limitandosi ad issare sul punto più alto del pennone, l’unica vela che gli ha permesso, in 40 anni di attività lavorativa, di dominare i mari più tempestosi: il suo curriculum vitae. Anche solo scorrendolo appaiono talmente palesi le elevate competenze che più consequenziale parrebbe chiedergli come caspita gli sia venuto in mente di buttarsi in politica.

Classe 1953, laurea in Lettere conseguita all’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti, diploma di attore professionista presso l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma, giornalista, scrittore e sceneggiatore, dal 1994 dirigente per concorso alla Regione Abruzzo. Sposato, padre di due figli e nonno di una splendida creatura di nome Viola. Tra la formazione e la data del concorso una serie di incarichi professionali e creazioni di progetti (sua l’idea, nel 1978, del primo circuito teatrale di distribuzione italiano con l’Associazione Teatrale  Abruzzese Molisana ai tempi di Giuseppe Giampaola e Luciano Fabiani) da L’Aquila a Bologna, da Roma a Milano.

Lo raggiungiamo e gli rigiriamo la domanda cercando  di mirare direttamente alla schiettezza del carattere che precede la sua fama di uomo abruzzese ed alla scelta di cimentarsi in una politica, per dirla alla Calamandrei, in cui sempre meno troviamo vocazioni ed alte professionalità.

Secondo alcuni la sua candidatura è una garanzia di competenza ad un certo eccesso di civismo, come a dire che, ben venga l’impegno dei singoli cittadini ma forse c’è poi bisogno, alla fine, di chi conosca la macchina amministrativa e sappia come governarla.

In primo luogo sgomberiamo il campo dall’evenienza che la mia scelta sia dettata da strategie politiche sovraterritoriali. Rivendico quella di un “civismo purissimo” dettata dalla constatazione che Chieti abbia raggiunto i minimi storici sul versante dell’appeal culturale e sulla capacità di promuovere progetti di sviluppo sociale ed economico. “Quando i fatti cambiano, io cambio opinione. Lei cosa fa?” chiedeva Keynes ad un suo interlocutore, ecco la mia scelta nasce dal sincero anelito di essere utile alla mia città con tutto il bagaglio di esperienze e competenze di cui ringrazio la vita stessa ma che mi rendono libero di non voler null’altro che pormi al servizio, restituire alla mia Chieti quanto io ho ottenuto con studio, impegno e coerenza. E ponendo l’etica al di sopra di ogni inclinazione ideologica. L’ideologia crea gabbiette, impedimenti ed ostacoli, crea dogmi improvvisi mentre l’etica, che non soffre di tragedie ma di drammi, impone delle scelte ed io ho sempre scelto quelle cose che non mi hanno reso ricattabile. Credo che nel breve periodo queste scelte possano creare più difficoltà, possano renderti oggetto di attacchi, di ingiurie, di vessazioni ma consentano la stabilità nel lungo periodo e una definizione professionale specifica che, alla fine, vince su ogni meccanismo di tentata deviazione..

Da attore a dirigente, la formazione professionale nel mondo del teatro e poi della  comunicazione, Le ha consentito di non diventare un noioso burocrate?

Non sono mai stato un burocrate né nell’espletamento degli incarichi dirigenziali regionali ma neanche,ad esempio, quando mi hanno chiamato come Commissario liquidatore dell’Ente di Soggiorno di Pescasseroli o nel breve incarico avuto dal Comune di Pescara. Il teatro mi ha agevolato nel non diventare un uomo noioso, forse, ma insieme  alla formazione umanistica, mi ha improntato ad un metodo di approccio culturale che è quello della ricerca della conoscenza più approfondita. Io studio molto, voglio sempre conoscere in modo capillare le realtà che devo vivere e gestire. In primis il mio Abruzzo che amo infinitamente e posso dire di conoscerne tutte le peculiarità e preziosità più nascoste. Come me neanche Remo Gaspari, e le dirò, neanche Luciano D’Alfonso conosce la regione come la conosco io e credo che questo un po’ gli dia fastidio.

Sant’Agostino diceva che ama solo chi conosce, conosce solo chi ama

Beh, io sono cresciuto con gli insegnamenti del mio padre spirituale Loris Francesco Capovilla, segretario di Papa Giovanni XXIII e poi vescovo di Chieti; ci ricordava sempre che si possono amare le cose solo conoscendole profondamente. Ecco forse questa spinta costante a colmare le lacune della mia conoscenza, a non sentirmi mai sazio di sapere, è quello che mi ha sempre contraddistinto anche nel ruolo dirigenziale che occupo e che, tornando alla sua domanda, mi ha permesso di non diventare mai un dirigente burocrate.

Quindi non aspira ad alcun ruolo di assessore o magari, come spesso accade, una presidenza di qualche partecipata?

Non ne ho bisogno, non è il mio “fine a prescindere”. La mia storia racconta come non mi sia  mai voluto “intruppare” in quella logica di pensiero che è il cosiddetto pensiero debole, che concede il solo vivacchiare all’interno di un gruppo di pressione o di una lobby senza mettere niente del proprio spirito e della propria anima. Come detto io amo studiare, aggiornarmi continuamente per verificare ogni soluzione tesa al conseguimento del bene comune, questo sì che è il fine estremo di ogni progetto immanente. Tenga conto poi che la mia squadra è composta da molti giovani preparati e con profili altissimi, lo faccio anche per loro.

Vogliamo parlarne allora di questa Chieti Viva?

È una lista innovativa perché è composta da tanti giovani under 29 che hanno tutti dei curricula di pregio, qualcuno di loro parla correntemente cinque o sei lingue straniere unendo così alla volontà dell’impegno, le capacità di raggiungere l’obiettivo di collocare Chieti al centro di politiche nazionali, internazionali ed europee. Sono risorse che hanno deciso di rimanere nella loro terra d’origine ed è qui che vogliono lavorare. Ci sono poi delle persone impegnate nel sociale che sono state al mio fianco nella stagione del Primo Piano Sociale d’Abruzzo nell’anno 2000, il primo in Italia, per cui posso dire che l’Abruzzo, grazie a quel team, che ho avuto l’onore di coordinare in qualità di Direttore, non solo ha potuto godere del primato temporale ma anche della qualità dei contenuti perché il progetto è stato premiato al Forum della Pubblica Amministrazione, poi al  ComPA di Bologna e prendemmo persino il Premio Telecom per la migliore prassi sugli studi del sociale.

Sul sociale, però, sentiamo molte belle parole ma poi di fatto assistiamo ad una erosione lenta delle politiche di sostegno

E sa perché? Perché, e questo è stato il punto focale del nostro studio, il sociale non deve essere assoggettato al sanitario, come vuole una certa politica miope che, per risparmiare, tende a fare leva unicamente sui volontari. Noi abbiamo dimostrato e dimostreremo ancora che il sociale può diventare un laboratorio di azioni professionali capaci di reintegrare nella società i soggetti fragili, come possono essere gli anziani o gli invalidi e di aiutare le famiglie che, non hanno solo bisogno di contributi economici ma anche di spazi e di spinte motivazionali. E poi di nuovo i giovani che vorrebbero far coincidere la  loro sensibilità verso il prossimo con la realizzazione professionale. Uno dei  punti di questa fusione transgenerazionale sta, ad esempio, nella valorizzazione dell’artigianato. L’Abruzzo è la seconda regione per numero di anziani ma sono gli stessi che lo hanno reso grande nel settore delle Arti e dei mestieri e allora noi dobbiamo trasformare questo tessuto sociale in occasione di lavoro e non ospedalizzarlo a tutti i costi!

E poi? Può sommariamente raccontarmi altri punti concreti del vostro programma per Chieti?

La prima cosa che le direi è restituire i luoghi alla loro vocazione culturale e  territoriale: Chieti è una città di arte, conserva, nel suo centro storico, le vestigia degli antichi Marruccini, importanti testimonianze dell’epoca romana ed anche quelle di un bellissimo Medioevo, deve tornare a riappropriarsi della sua primazia ma per farlo sono necessarie alcune premesse infrastrutturali che da un lato risolvano il problema del soffocamento degli scarichi delle macchine dall’altro la rendano facilmente accessibile attraverso un buon interscambio di parcheggi. Sono anche convinto che una analisi delle buone pratiche seguite da paesi come Spoleto, Perugia o Urbino nelle Marche sia fondamentale. La seconda cosa è ridefinire un dialogo territoriale con la città di Pescara seguendo le differenti proprie vocazioni ma creando flussi di scambio all’interno di quello che ormai è un’area metropolitana che deve superare gli antichi e desueti campanilismi. L’identità storico-artistica di Chieti è poi un gioiello incastonato in un contesto ambientale e paesaggistico di straordinaria e naturale bellezza, anche esso patrimonio  da preservare e renderlo  fruibile ad un turismo sostenibile  ed ecologico. Penso infine che l’evento culturale che possa suggellare questa vocazione nobile di Chieti sia unire l’Arena della Civitella al Museo di Villa Frigeri fino al Teatro Marruccino che, con i suoi 500 posti, non può sopperire alla qualificata domanda di eventi musicali e artistici. In passato questo stesso Teatro faceva parte di una rete che comprendeva Sulmona ed Ortona e che aveva nella stagione d’Opera un fiore all’occhiello per l’intera Regione. Bisogna restituire al Marruccino la sua prerogativa di Teatro di tradizione, magari aprendosi a delle partnership co-produttive con le Fondazioni Lirico-sinfoniche presenti sul territorio nazionale.

Pensa che le conseguenze dell’emergenza che stiamo vivendo permetteranno di realizzare tutti questi progetti?

Dopo la peste del 1300 è arrivato il Rinascimento, io sono un ottimista e sempre propositivo. Sono un uomo appagato, nella vita pubblica e privata e con la forza che mi proviene da questa serenità conto di lavorare per la mia città, anzi, considero questo di capolista un vero dono da parte di Chieti che voglio ricambiare con il massimo impegno e con lo spirito del servitore, come ho sempre fatto nel mio ruolo pubblico mai burocraticizzato. E poi non vedo l’ora di ritornare a lavorare per il Teatro!

E se invece Le dovesse capitare di tornare a calcare il legno di un palcoscenico, c’è un ruolo o un personaggio che le piacerebbe interpretare?

I ruoli che mi sarebbero piaciuti ora non potrei certo affrontarli in considerazione della mia età però c’è un personaggio i cui panni sarebbero un bel sogno da avverare ed è quello del Conte Romeo Daddi nel Non si sa come di Luigi Pirandello, seppure la mia inclinazione naturale risieda nelle sfumature comiche e tipiche del caratterista. Un altro ruolo che amo molto è quello dello scapolo Podkolësin nel Matrimonio di Nikolai Vasil’evic Gogol. A dirla tutta ho avuto l’onore di recitare, seppur in altro ruolo, nella edizione che consacrava il debutto nella regia di Walter Pagliaro che di questo capolavoro russo aveva compiuto uno studio accuratissimo con Angelo Maria Ripellino. Un altro ruolo che ancora farebbe vibrare le mie corde è quello di Murk nei Tamburi nella notte di Bertolt Brecht. Questi i sogni da vecchio teatrante, quello che invece potrebbe essere un progetto fattibile, secondo il mio amico e grande regista Antonio Calenda, è ritornare sulle scene accanto a Nicola Giambuzzi  ne I ragazzi irresistibili di Neil Simon e chissà che non ci riusciremo veramente.

E se invece fosse lei il regista, che ruolo sceglierebbe per i suoi avversari?

Per i miei avversari ho solo un ruolo da dare al deputato senatore ex consigliere regionale Fabrizio Di Stefano, improbabile uomo politico, mentre incline ad interpretare  il personaggio di  Uriah Heep nel David Copperfield di Charles Dickens. Perché i personaggi con una spiccata connotazione etica mi balzano subito agli occhi, quelli con interessi inconfessabili …altrettanto.

Lasciamo Zappacosta ritornare ai suoi impegni, le parole potrebbero scorrere ancora ed ancora e non sono solo quelle di una sfida alta che riguarda Chieti e l’intera regione- le sfide alla fine o si vincono o si perdono- ma sono ormai direttrici obbligate per il futuro di un territorio che non nasconde più le fragilità di una popolazione sempre più anziana, di troppi giovani che se ne vanno e di infrastrutture che appaiono carenti. Trasformare cultura, sociale ed ambiente in spazi di sviluppo professionale non è solo una sfida.

È necessario.

 

S.d.L.

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