
L’AQUILA – Tre condanne a quattro anni di reclusione e una condanna a due anni e sei mesi.
Questo il verdetto emesso dal Gup del Tribunale dell’Aquila, Giuseppe Grieco per il crollo della Casa dello studente dell’Aquila, simbolo della maxi inchiesta sul terremoto del 6 aprile 2009. Quattro assolti perche’ il fatto non sussiste e due per non luogo a procedere. Tra le vittime anche il pennese Alessio Di Simone, che studiava informativa all’Aquila.
LETTERA DEI FAMILIARI DELLE VITTIME. “Ci sentiamo vittime dello Stato, della Regione Abruzzo, di chi non ha saputo tutelare noi studenti”. E’ uno dei passaggi più significativi della lettera scritta da quattro giovani studenti superstiti, loro si definiscono “miracolati”, al crollo della casa dello studente nel quale il 6 aprile del 2009 sono scomparsi otto loro giovani amici, “che abbiamo visto morire con i nostri occhi”. I quattro ragazzi sono rimasti in silenzio ieri al termine del processo per il crollo della casa dello studente, simbolo della maxi inchiesta sul terremoto, che ha sancito la condanna di quattro dei dieci imputati con l’accusa di omicidio colposo, disastro colposo e lesioni colpose; erano in aula quando i familiari delle vittime hanno protestato per una sentenza non “equa” perché tutti gli imputati dovevano essere condannati in quanto responsabili di non aver chiuso la casa dello studente e l’Università e quindi di aver commesso tutti insieme gravi omissioni visto che tra l’altro gli allarmi sulla stabilità della struttura era stati dati nel corso dello sciame sismico dagli stessi studenti. Ana Paola Fulcheri, Stefania Cacioppo, Cinzia Di Bernardo e Hisham Shahim hanno voluto affidare il loro pensiero-denuncia ad una lettera inviata all’avvocato Wania Della Vigna che ha rappresentato gli interessi di 11 parti civili nel corso del processo. “Non siamo vittime del terremoto ma siamo vittime della responsabilità umana, della superficialità, della negligenza degli uomini, specie dei professionisti”, hanno continuato tornando al quel maledetto 6 aprile 2009. Nel sottolineare di aver letto molto attentamente la perizia del superconsulente del tribunale Maria Gabriella Mulas, i giovani hanno spiegato che “purtroppo quella che ora è una consapevolezza, per noi è stata la paura di quelle ore la paura di quelle ore la paura di non farcela la paura di morire”. “Siamo certi di essere quattro studenti miracolati che in un modo o nell’altro, il fato, il destino oppure qualcuno al di sopra di noi ha voluto che oggi fossimo ancora qui. Perciò abbiamo un dovere morale di essere qui nell’aula di giustizia, come testimoni di quanto accaduto per ricordare, ogni volta con tanto dolore, i fatti e gli eventi di quei giorni, di quella tragica notte”. Anche se per i quattro giovani sopravvissuti, “l’unica vera giustizia sarebbe avere qui con noi Michelone, Alessio, Angela, Francesco, Davide, Marco, Luca e Luciano”. “Così purtroppo non è – si legge ancora nella lettera – loro sono morti e noi, i miracolati, con le nostre lesioni del corpo e dell’anima, ci trasciniamo le nostre esistenze con il dolore, la sofferenza di chi ha visto morire con i propri occhi gli amici fraterni e ha pensato che anche la propria fosse ormai arrivata”. I quattro giovani hanno anche chiesto al giudice, Giuseppe Grieco, di assicurare la “giustizia che meritiamo noi, soprattutto i familiari” degli amici che non ci sono più. L’avvocato Della Vigna ieri ha annunciato un’azione civile contro la Regione Abruzzo, ente proprietario della Casa dello studente, “pertanto per le leggi civili responsabile dei danni cagionati dal crollo”, esclusa d’ufficio tra i responsabili civili quando per otto dei dieci indagati è stato accettato il giudizio abbreviato.
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