Vestina Connection: l’abuso è sul posto

Assunzioni dopo un concorso chiacchierato. E’ la madre di tutte le inchieste sul Comune

PENNE – Erano in 44, ma solo sei ce la fecero. E per Giuseppina De Sanctis, la prima dei non assunti, sfumato quel posto a tempo determinato di collaboratore amministrativo del Comune, fu necessario capirne di più.

 

Lo fece rivolgendosi ai carabinieri del capitano Massimiliano Di Pietro che il 5 settembre 2007 aveva ricevuto un esposto anonimo. E’ il 22 ottobre 2007 quando la donna informa i militari delle anomalie notate nel concorso bandito dal Comune il 28 giugno 2007. Parte da qui l’indagine a tappeto dei carabinieri sull’amministrazione pennese. I sei impiegati in servizio (fino al 13 settembre prossimo: Alessandro De Crollis, Concetta Bennato, Silvia Antonacci, Melania Bianchi, Romina Giancaterino e Caterina Pancione) risultano essere quelli che operavano negli uffici comunali per conto della cooperativa Centro Servizi Aziendali cui l’ente vestino aveva affidato temporaneamente la gestione dei servizi di informatica. La commissione esaminatrice è formata da Anna Maria Melideo, tornata in servizio dopo l’esperienza pennese al Comune di Spoltore, Arturo Brindisi, a capo del servizio tributi e poi dal marzo 2008 anche direttore dell’istituzione per i servizi sociali della Comunità Montana Vestina, e Catia Di Costanzo. Al capitano Di Pietro qualcosa non quadra poiché ai sei impiegati vengono attribuiti punteggi massimi sui titoli, mentre agli altri decurtazioni applicate senza criteri verificabili. L’idea è che i membri della commissione a seguito delle prove orali avrebbero vistosamente corretto i punteggi delle prove in maniera tale che il totale fosse favorevole ai candidati “predestinati” all’assunzione. Vi erano stati, secondo gli investigatori, significativi contatti prima dello svolgimento della prova d’esame fra i candidati ed i componenti la commissione, tra questi ed alcuni assessori dell’epoca come Femio Di Norscia ed Alberto Giancaterino, oltre a Rocco Petrucci. Prende corpo il sospetto che il concorso fosse solo un escamotage, con la regia del sindaco Donato Di Marcoberardino, per trasformare in impiego pubblico il lavoro svolto per la cooperativa. Cinzia Pancione, candidata al concorso e come lavoratrice socialmente utile impiegata nell’ufficio ragioneria, rivela di essersi sentita rispondere da Di Norscia che il concorso avesse lo scopo di sistemare definitivamente quelli della cooperativa. Ma la Pancione dice anche di aver appreso dalla dottoressa Antonella Cicoria dell’economato che i soci della coop sono stati seguiti nella preparazione all’esame direttamente da Brindisi cui confida che: Di Marcoberardino non ha interesse a promuovere persone assunte quando in carica c’era Fornarola per motivi politici. Un appunto sul tavolo di Brindisi viene rivenuto nel corso di una perquisizione dai carabinieri che lo ritengono una sorta di minuta sui punteggi attribuiti con correzioni accanto ai nomi dei candidati. Per il Pm Varone è una truffa aggravata e un falso ideologico al punto di chiedere l’11 dicembre 2009 l’arresto di Brindisi, rigettato però dalla dottoressa Di Fine: per lei, giudice dell’indagine preliminare, l’ipotesi di reato circa il sindaco, i membri della commissione esaminatrice ed i sei impiegati è di abuso d’ufficio.

 

 

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