PENNE – Un nuovo medico per l’ortopedia e traumatologia del San Massimo. Dall’1 marzo prenderà servizio il dottor Giandomenico Peracchia che si sposta dal Santo Spirito pescarese per rinforzare l’organico dell’ospedale pennese che, secondo la riforma sanitaria regionale, è diventato presidio ospedaliero in zona particolarmente disagiata sulla base del decreto Lorenzin del 2015.

Il Tar L’Aquila aveva respinto il ricorso contro il declassamento presentato dal Comune di Penne: verdetto poi non appellato. Tuttavia, una norma contenuta nel decreto Genova a fine ottobre 2018 consente il congelamento della riforma per quegli ospedali, come Penne in Abruzzo, Amandola, Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto nelle Marche, situati a distanza ravvicinata rispetto al cratere sismico del 2016 (Farindola per Penne). L’ innesto del dottor Peracchia consente comunque la riattivazione di tutte le attività di degenza dell’ortopedia e traumatologia pennese retta dal dottor Domenico Palmieri. La notizia è commentata positivamente dal Pd pennese con Valeria Di Luca, candidata alle elezioni regionali di domenica:”C’è chi dipinge per motivi elettorali il San Massimo come ospedale chiuso e chi invece, come noi, intende creare tutte le condizioni possibili affinché emergano delle vere eccellenze”. Leggendo la sentenza di giudici auqilani, si irleva che l’ospedale di Penne nel 2014 ha registrato 162 ricoveri per ictus: un dato inferiore solo a quello di Pescara. La chiusura della cardiologia, ora rimasta solo come servizio ambulatoriale, è da ascrivere al dato dei 100 infarti annui: soglia minima di attività per un ospedale prevista dal decreto Lorenzin che aveva già tagliato la testa al punto nascita perché non raggiungeva quota 500 parti annui. Risulta anche che il 36% dell’utenza vestina (l’ospedale di Penne è al centro di un’area che comprende 14 comuni e 42 mila abitanti) si rivolge direttamente al pronto soccorso di Pescara, al punto che nel 2014 sono stati 14.415 gli accessi a quello pennese: ben al di sotto dei 20 mila richiesti dalla riforma. Oggi il pronto soccorso del San Massimo non può infatti accogliere i codici rossi, cioè le emergenze pure, proprio perché non conta più sui reparti del passato. L’unica unità medica complessa (le altre sono tutte semplici infatti), cioè con quello che si chiamava primario, è la medicina generale: al San Massimo il posto è vacante. Ma il verdetto aquilano del Tar sottolinea anche altro: che la politica, volendo, avrebbe avuto una certa discrezionalità per calare sul territorio gli effetti sul famoso decreto Lorenzin, vale a dire una riforma sanitaria nazionale per la prima volta varata attraverso un decreto ministeriale.

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