POPOLI: 1891-2021 CORRADINO D’ASCANIO, STORIA DI UN GENIO CON LE ALI

C’era una volta…un bambino di nome Corradino, che se ne stava per ore a guardare le rondini, sognando di riuscire a spiccare il volo dalle colline di Popoli, il paese che nel 1891 gli aveva dato i natali. E come quattrocento anni prima aveva fatto il genio Leonardo da Vinci, che affascinato anch’egli dal volo degli uccelli aveva iniziato a studiarne i movimenti e poi a costruire macchine volanti, allo stesso modo aveva fatto anche Corradino

Vignetta umoristica sulla “Vespa” (1953). Fonte bibliografica: AA.VV., Corradino D’Ascanio dall’elicottero alla vespa. Mostra Documentaria, Pescara, Sovrintendenza Archivistica per l’Abruzzo e il Molise, 1986.

Erano i primi anni del Novecento quando, ancora ragazzo e dopo un’attenta osservazione dei volatili, il popolese D’Ascanio si dedicò alla costruzione di un rudimentale aliante fatto con stoffa, carta di giornale e legno. All’epoca non sapeva ancora che con il maestro Da Vinci avrebbe avuto in comune la genialità inventiva che, negli anni a seguire, avrebbe applicato non soltanto alle produzioni industriali, ma anche alla soluzione dei piccoli problemi della quotidianità. Dopo aver conseguito la laurea in ingegneria industriale meccanica nel 1914, il giovane inventore lavorò alla progettazione di nuovi aerei, dapprima per la Ditta Pomilio sia in Italia che in America e poi con il terzogenito del Vate, Ugo Veniero D’Annunzio, anche lui ingegnere e progettista in campo aeronautico negli USA. Ma il suo sogno non era destinato a decollare in territorio straniero. Tornato in patria nel 1919, D’Ascanio aprì a Popoli uno studio di ingegneria civile e industriale, che gli fruttò una serie di brevetti, tra cui quelli di: un forno elettrico per cottura di pane e per pasticceria, una macchina per la catalogazione e la ricerca rapida di documenti, e un segnalatore di eccesso di velocità per veicoli. Il periodo fu fecondo di eccezionali invenzioni, durante il quale tuttavia, la sua passione per l’aviazione non gli diede pace. L’ingegnere continuò a progettare velivoli e intorno agli anni ’20 iniziò ad interessarsi alla «macchina a volo verticale», ossia all’elicottero. Buttatosi a capofitto negli studi, nel 1925, il progettista aeronautico trovò nel barone Pietro Trojani di Pescosansonesco un compagno che, credendo nel suo sogno, gli mise a disposizione l’intero patrimonio da investire nell’impresa di costruire il suo marchingegno. Il 7 aprile 1925, Corradino depositò il brevetto dell’elicottero a due eliche coassiali. La costruzione del primo prototipo con annessa prova di volo avvenne a Pescara, presso l’officina della Fonderia G. Camplone & Figli. Tra il maggio 1926 e l’ottobre 1930, D’Ascanio si trovò a sfidare il detto “non c’è due senza tre”, vincendo il duello con successo. Se infatti, i primi due tentativi di volo con i due elicotteri D’A.T.1 e D’A.T.2 si erano rivelati fallimentari, il terzo effettuato con il D’A.T.3, presso l’aeroporto militare di Ciampino Nord, riuscì a conquistare i tre primati internazionali di durata, distanza ed altezza, procurando al suo progettista una parentesi di gran clamore. Con i tre record battuti, Corradino si aggiudicò il titolo di inventore del primo prototipo di elicottero moderno della storia, effettivamente governabile ed utilizzabile. Ma il destino ancora una volta gli mise il bastone tra le ruote e quel desiderio di vedere il suo elicottero solcare il cielo ricadde al suolo. I finanziamenti si esaurirono e con essi tramontarono le prospettive commerciali del suo prototipo. Il suo sogno però, non lo tradì. Rimasto orfano di denaro, fu proprio grazie alle competenze maturate sull’elica a passo variabile che, Corradino venne accolto nel 1932 dalla famiglia Piaggio. La febbre di D’Ascanio per l’elicottero non si attenuò, anzi divampò. I suoi studi ostinati partorirono ulteriori progetti, che però non feceroin tempo a spiegare le ali che l’Italia si ritrovò catapultata in una seconda guerra mondiale. Nel 1943 un bombardamento aereo colpì e danneggiò l’ultimo modello di elicottero da lui disegnato e prodotto dall’azienda Piaggio. Di nuovo un ostacolo, eppure l’ossessione per le macchine volanti non cessò di animarlo. Al termine della guerra, ci si trovò a dover fare i conti con il problema della mobilità, perché la massa soffriva di mezzi di trasporto economici e pratici. Fu questa la situazione in cui, Enrico Piaggio maturò l’idea di lanciare un prodotto nuovo: un motociclo che fosse alla portata di tutti, sia economicamente parlando che in quanto alla capacità di guida. Chi mai avrebbepensato che, dopo tanta sciagura, sarebbe giunta l’opportunità per Corradino di veder decollato il suo sogno, seppur in forma diversa? Della progettazione del motoscooter fu incaricato inizialmente l’Ing. Spolti, il cui M.P.5 soprannominato “Paperino” non piacque a Piaggio, che nell’estate del ‘45 affidò a D’Ascanio il compito di ridisegnarlo. L’idea di doversi cimentare in un prodotto nuovo riaccese in lui l’entusiasmo, seppur il pensiero di dover lavorare sul progetto di una motocicletta, in parte, ne frenò lo slancio. Al progettista aeronautico, ancora affetto da quella sua rara forma di «elicotteropatia», non piacevano infatti le motociclette, trovate scomode ed ingombranti. Viene da immaginare, allora, come per D’Ascanio, riprogettare quel motociclo potrebbe aver significato rimettere mano al suo sogno, reinventarlo per rendere quel volo così tanto agognato alla portata di tutti. E così accadde. Applicando all’M.P.5 le conoscenze maturate in campo aeronautico venne fuori un vero capolavoro. Nei primi mesi del 46 venne alla luce il prototipo dellM.P.6, passato alla storia come “Vespa”, la quale, nei primi anni del dopoguerra, divenne sia il veicolo a due ruote degli italiani, sia l’emblema della ritrovata libertà. Fu Enrico Piaggio a ribattezzarla con un nome diverso da quello tecnico, dopo averne udito il rumore del motore, che riproduceva il ronzio di una vespa. Agli italiani, che erano rimasti orfani di investimenti nel volo verticale, Corradino fece un gran dono, che permise loro comunque di provare l’ebbrezza di un volo alternativo, seppur in strada e in sella a due ruote! L’ingegnere abruzzese progettò un motoscooter maneggevole e adatto a tutti coloro che volevano spostarsi rapidamente. La genialità dell’invenzione risiedette nelle sue innovazioni. Il novello motociclo, infatti, era stato ridisegnato senza catena, con il cambio sul manubrio, con un sistema “a sbalzo” di facile smontaggio delle ruote, uno scudo a protezione del conducente e una seduta con poggiapiedi “ad ali spiegate” confortevole e sicura, adatta anche a chi indossava gonne. Il successo mondiale fu garantito. Nel 1956, a dieci anni dalla data della deposizione del brevetto (23 aprile 1946), si arrivò a festeggiare il milionesimo esemplare di Vespa. Lo scooter riuscì a conquistare tutti, con il suo stile inconfondibile e per quella sua capacità, di cui il suo geniale inventore seppe dotarlo, di far viaggiare in un’aura da sogno chi vi si trovava allaguida. Partorita dalla mente di un sognatore, la Vespa continuò negli anni, e continua tuttora, a custodire e a regalare a chi vi è a bordo quel senso misto di libertà, spensieratezza e felicità proprio di un sogno fatto ad occhi aperti, immaginando di volare con le ali sotto i piedi.

Domitilla Mazzella

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