PENNE, D’ANGELO: PAGHINO DAVANTI A TUTTI GLI ITALIANI PER QUELLE MORTI!
Il gemello di Gabriele, gli allarmi inascoltati e la sentenza delle prossime ore su Rigopiano

PENNE – “Lo sogno quasi tutte le notti. Aspettiamo che il giudice di Pescara si esprima facendo giustizia dopo sei anni dalla morte sul lavoro di mio fratello gemello Gabriele di 31 anni nel disastro della valanga dell’hotel Rigopiano. E sappiamo che non finisce oggi il nostro percorso nei tribunali. Ma intanto Prefettura, Comune e Provincia, i primi tre responsabili, paghino oggi con una sentenza che sia illuminante per tutti gli italiani”. E’ motivatissimo come sempre Francesco, suo fratello, anche se continua a ripetere che dopo aver letto le 80 mila pagine dell’inchiesta “bisognava indagare ancora. Ci siamo opposti alla chiusura delle indagini. Bisognava far emergere la responsabilità di altri imputati”.
Non sosteneva la famiglia e dunque non gli è stata riconosciuta la morte sul lavoro. Fin qui alla famiglia è arrivata la sola elargizione di 200 mila euro disposta dal Governo. Gabriele D’Angelo faceva il cameriere nel resort e aveva programmato le nozze. Quando la valanga si verificò non gli provocò traumi: solo un livido, le labbra e le mani viola, mentre le braccia erano chiuse per trattenere il sacco di pellet che stava passando al collega Fabio Salzetta, sopravvissuto insieme ad altre dieci persone, nel locale della caldaia di ciò che era l’hotel Rigopiano.
Tutta quella massa di neve e detriti staccatisi a velocità supersonica e in silenzio dal sovrastante monte Siella l’ha stordito fino a farlo svenire. In pochi secondi l’ha sepolto. Lì sotto, forse avrebbe potuto resistere qualche ora, ma prima che arrivassero i soccorsi e lo trovassero di ore ne sono trascorse 18. Proprio il cameriere pennese fin dalla mattina del 18 gennaio aveva cominciato a sollecitare interventi. Il suo nome era scritto nel registro delle chiamate del Centro Operativo Comunale di Penne. Evacuazione: la disperata richiesta di D’Angelo reiterata per più e più volte. Una situazione diversa poiché Gabriele, ancora prima del terremoto, vedeva molta, troppa neve.
“Spero alquanto presto che arrivi la turbina, fuori ci sono tre metri e mezzo di neve”, aveva scritto un’ora prima della valanga. A 19 minuti dalla slavina, Gabriele chiamò la madre. Poi la fine. “Quasi un metro e mezzo solo questa notte”: alle 7.56 aveva così informato la propria ragazza, Giuly, la quale due anni prima, lavorando anche lei nell’albergo, era rimasta bloccata per tre giorni al suo interno. Anche in quella occasione non era arrivata la turbina che doveva liberare la strada provinciale. Gabriele era un volontario della Croce Rossa di Penne ed aveva partecipato alle operazioni di soccorso nel terremoto aquilano del 2009.
Tanti gli allarmi richiesti alla prefettura. Secondo l’accusa “la segnalazione di D’Angelo sull’evacuazione dell’hotel Rigopiano fu del tutto sottovalutata, non fu proprio considerata dal personale della sala operativa della prefettura poiché proveniva da persone che si trovavano in un resort, dunque in un luogo agiato”. “Le telefonate di Gabriele D’Angelo – rimarca l’avvocato Emanuela Rosa – sono un documento di quello che è successo davvero in quelle ore”.
Sostengono i Pm che Gabriele D’Angelo riusciva a contattare la prefettura – dopo otto tentativi non andati a buon fine – alle 11.38, parlando per 230 secondi. Guardando Francesco, il gemello di Gabriele, il ragazzo del sorriso vittima di una tragedia pazzesca, a ben vedere si nota una sola differenza: gli manca solo quel neo sulla guancia sinistra.

Berardo Lupacchini

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