Pasqua 1975. A Penne vi fu l’unico super13 al Totocalcio: vinti ben 870 milioni di lire. Ma da chi?

PENNE – Quando il talentuoso 22enne centrocampista del Cesena di Bersellini, Maurizio Orlandi detto il micio, segnò a San Siro il gol con cui i romagnoli stesero la non competitiva Inter di Luis Suarez, sicuramente non pensava che qualcuno potesse centrare al Totocalcio una vincita straordinaria di 870 milioni di lire.

“Neppure una telefonata ho ricevuto…”, commentò sorridendo Orlandi. Eppure così andò esattamente nella domenica di Pasqua del 1975, l’anno Santo. Il 30 marzo il Cesena sbancò la Scala del calcio, la Lazio, detentrice dello scudetto (Tommaso Maestrelli scoprì di essere malato gravemente in quelle ore), espugnava Bologna e il Torino vinse il derby della Mole battendo 3-2 la Juventus di Carlo Parola che il 18 maggio divenne campione d’Italia. Con quattro colonne giocate e una spesa di 400 lire, a Penne si registrò l’unico 13 (con due 12) in Italia. A chi finì tutta quella montagna di denaro non si è mai saputo ufficialmente, certo. Di illazioni, tante. I giornali nazionali dedicarono al fatto persino degli editoriali in prima pagina e mandarono a Penne i loro inviati per cercare di dare un volto al superfortunato. Si parlò di Angelo Foschini, all’epoca 48enne ex camionista, incallito sistemista, sul quale fu proprio la moglie ad alimentare i sospetti (“Prima o poi dovrà dirmelo”), come riportavano i servizi su La Stampa di Torino. Una schedina compilata il sabato santo, con la biro blu, vicino al camino della loro casa di contrada Blanzano. “Gli ho dato i soldi della giocata”, dichiarava a La Stampa la moglie, Claudia Foschini. “Mio marito la domenica è uscito verso le 21, ha detto che sarebbe tornato subito: è invece tornato alle due di notte. Gli ho chiesto se avesse vinto, lui non mi ha risposto e si è messo a letto. Lui che si addormenta subito ha invece fatto fatica a farlo. Si girava e rigirava.. perché non dormi? Gli ho chiesto. E lui: è colpa del vento, mi ha risposto. La schedina non me l’ha mostrata…”. Lui negava. “Non sono stato io!Se avessi vinto comunque non lo direi: per non dare soldi al fisco. Se vincessi me ne andrei in giro per il mondo ed aiuterei i poveri.” . Della schedina tuttavia non si vide traccia però: Foschini conservava quelle delle domeniche precedenti, ma non quella della Santa Pasqua. La fortuna forse baciò un gruppo di giocatori. Le voci riferirono che fossero in quattro, compreso il caratteristico gestore della ricevitoria in piazza Luca da Penne dove oggi c’è il bar D’Angelo. “Se li goda in silenzio”, scriveva Vittorio Gorresio sulla prima pagina del quotidiano torinese. ”Diseducatore com’è lo Stato se ne approfitta ed è abbastanza giusto che l’omertà lo fronteggi, mobilitata oggi alla difesa dell’incognito di un quasi neo miliardario di probabile estrazione sociale. Si goda in pace il nuovo anonimo la casa ed il campo che potrà comprarsi e che lo Stato gli ha offerto e lo Stato desista dalle sue indagini”. In quel 1975 un operaio metalmeccanico guadagnava 155 mila lire al mese, un giornale costava 150 lire, un kg di pane 450 lire, uno di pasta 480 e un litro di latte 260. Per un litro di benzina l’esborso era di 305 lire, mentre un kg di carne imponeva circa 4.500 lire di spesa e un grammo d’oro veniva valutato 5.440 lire. L’inflazione era galoppante: tasso al 19,2%.

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