LA SCHEDATURA DI EMILIO ALESSANDRINI
Il servizio segreto lo etichettò un estremista di sinistra. Eppure lo uccise Prima Linea

È il 1974 quando il servizio informazioni difesa, il famigerato Sid, compila delle schede su un gruppo di magistrati iscritti a Magistratura democratica. Della corrente sindacale fa parte un 32enne Emilio Alessandrini, in servizio quale aggiunto giudiziario con funzioni di sostituto procuratore della Repubblica nel tribunale di Milano. Il magistrato pennese (il papà Berardo fu commissario prefettizio nel ‘44 al Comune di Penne) viene descritto così:” Appartiene al gruppo progressista ironicamente definito, nell’ambiente forense milanese, “Armata Brancaleone” per il contenuto velleitario ed ideologicamente confuso, ma pur decisamente estremista delle proprie istanze”.

Un giudizio sferzante, quello scritto dagli uomini del generale Gian Adelio Maletti, a capo del reparto D quello del controspionaggio del Sid. La schedatura dei giudici venne scoperta grazie al sequestro in casa di Maletti l’11 novembre 1980 di una imponente mole di documenti. Emilio Alessandrini nel 1972, insieme ai colleghi Gerardo D’Ambrosio e Luigi Fiasconaro, condusse l’istruttoria sulla strage di Piazza Fontana che portò all’incriminazione di Franco Freda e Giovanni Ventura, appartenenti alla destra eversiva, ma anche al coinvolgimento nelle indagini di Guido Giannettini, un informatore del Sid.

Il magistrato vestino partecipò con Toni Negri, Tiziana Maiolo (all’epoca cronista de il manifesto) e altri ad un incontro a casa di Antonio Bevere. La Maiolo sostenne in un articolo sul manifesto che sarebbe stato proprio Alessandrini, dopo l’incontro, a riconoscere in quella di Negri la voce del telefonista delle Brigate Rosse che contattava la famiglia Moro, e di questa impressione ne parlò all giudice Pietro Calogero con cui collaborava nelle discusse indagini del 7 aprile contro Autonomia Operaia. Lo stesso Negri fu in seguito accusato di essere il mandante dell’omicidio di Alessandrini, salvo poi essere assolto per questa accusa e condannato per altre imputazioni.

Successivamente, Alessandrini si occupò con particolare determinazione del terrorismo di estrema sinistra, avviando, tra l’altro, una delle prime indagini sull’Autonomia milanese. Questo impegno contribuì a metterlo nel mirino di Prima Linea, l’organizzazione eversiva guidata da Sergio Segio, Marco Donat Cattin, Susanna Ronconi e Bruno La Ronga. Nel settembre 1978, nel covo di Corrado Alunni, in via Negroli a Milano, vennero trovate tre sue foto. Questo avvertimento non servì a nulla poiché il 29 gennaio 1979, Alessandrini, mentre si stava recando al Palazzo di Giustizia di Milano, venne assassinato da un gruppo di fuoco di Prima Linea.

A sparare al magistrato fermo a un semaforo furono Sergio Segio – nome di battaglia Sirio e Marco Donat Cattin (Alberto), mentre rimase di copertura Michele Viscardi detto Matteo. Poco prima di morire si era occupato anche dello scandalo finanziario del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Il delitto fu rivendicato con una telefonata alla redazione milanese del quotidiano La Repubblica e, successivamente, dalla diramazione di un volantino. Nella rivendicazione, Prima Linea precisò che era stato scelto Alessandrini per l’impegno che poneva nel rendere più moderna la struttura giudiziaria, e più in generale perché considerava i giudici riformisti più pericolosi di quelli conservatori.

L’università della liberEtà “Nicola Perrotti” ha bandito la seconda edizione del concorso letterario “Impronte d’autore” su ”Emilio Alessandrini: il rispetto per la Costituzione, il coraggio delle scelte”. Il concorso è aperto a tutti gli studenti degli istituti superiori pennesi che potranno scrivere un saggio, un racconto, una ricostruzione storica; i testi che potranno concorrere dovranno essere inviati per raccomandata entro il 15 maggio alla sede dell’università in Vico Catena, 7 a Penne. I premi sono in denaro.

Berardo Lupacchini

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