Forbici e promesse è bagarre all’ospedale

PENNE Ci sono 12 milioni di euro da investire sull’ospedale San Massimo dove però rischia di chiudere il punto nascita e dove il pronto soccorso («Sarà il suo fiore all’occhiello tanto che Penne nella nuova rete dell’emergenza-urgenza ne sarà a capo», secondo l’assessore regionale alla salute Silvio Paolucci) potrebbe essere ridimensionato.

È il succo della conferenza pubblica di ieri mattina (assente il presidente della Regione Luciano D’Alfonso) in un presidio dove le contestazioni non sono mancate ad opera del movimento a difesa della salute. I pennesi sono disorientati: piovono tanti soldi, ma si prevedono tanti tagli. Come è possibile? «Non sono tagli, ma riqualificazione. I fondi saranno disponibili dal primo giugno. Le quattro Asl disporranno di 127 milioni e possono esserci ulteriori fondi governativi. Per il Carmine – spiega Paolucci- si prevedono altri 16 milioni di euro. Avere una progettazione esecutiva (costata 500 mila euro), come quella che abbiamo per Penne, consente di avere la precedenza». Il pronto soccorso sarà ampliato con diversi posti letto. Il suo blocco sarà al centro di un grande lavoro, ha spiegato l’ingegner Vincenzo Lo Mele della Asl di Pescara. «Lo scopo è quello di separare, alla fine del cantiere, le attività ospedaliere da quelle ambulatoriali». Al San Massimo resteranno 90 posti letto effettivi divisi in due aree funzionali: la chirurgica e la medica. Claudio D’Amario, direttore generale della Asl, spiega: «Se non ci fosse stato un piano strategico di riqualificazione, questo ospedale, sulla base dei dati di occupazione, avrebbe fatto la fine di quelli di Pescina e di Tagliacozzo». Rocco D’Alfonso, il sindaco di una Penne imbufalita, riporta le preoccupazioni generali. «Non vogliamo l’ennesima beffa. Chiediamo poi una deroga per il punto nascita. La nostra è un’area disagiata dal punto di vista della viabilità». Ancora l’assessore Paolucci: «L’Abruzzo ha una forte disabilità legata alle nascite a rischio: tre volte di più rispetto alla media nazionale. Si parla di sicurezza medica! Abbiamo contattato l’agenzia nazionale della sanità e richiesto un parere anche sul percorso nascita. I bisogni della comunità cambiano di continuo e noi dobbiamo essere pronti a recepirli». Intanto, però al San Massimo l’ascensore per i servizi interni è ancora rotto da mesi e si devono muovere le ambulanze fra un padiglione e l’altro per trasferire i malati fra i vari reparti. «Ma come si fa a parlare di un ospedale vivo quando manca la rianimazione, la Tac è vecchia e non c’è la risonanza magnetica, comprata a Popoli invece? In radiologia ed ortopedia mancano i primari. È chiaro che il San Massimo morirà un po’ per volta: senza spargimento di sangue, con un po’ di arsenico versato nella tazza di caffè di ogni giorno». È stata l’amara riflessione di un medico in servizio da anni fra le corsie di un ospedale la cui tradizione risale al Trecento.

Berardo Lupacchini

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