FERNANDO DI FABRIZIO: Impianto biometano a Loreto Aprutino, dieci aspetti da considerare

Quando si parla di gestione e smaltimento di scarti di processi produttivi, di rifiuti e, soprattutto, dell’utilizzo di una frazione organica di questi per la produzione di energia elettrica o metano, aumentano i conflitti sociali, piuttosto aspri, tra le istituzioni che sostengono i progetti di imprese private, non legate ai territori, poiché arrivano da fuori regione senza nessuna conoscenza dei luoghi, e la comunità locale composta da residenti, agricoltori proprietari di terreni, antichi custodi di produzioni di pregio, e cittadini consapevoli.

Ho sentito dire che l’opposizione in atto costituita recentemente con un comitato, contro il progetto dell’impianto di produzione di metano a ridosso del fiume Tavo a Loreto Aprutino, sia dettata dall’ignoranza e dalla superficialità dei cosiddetti “signori del NO”. In realtà la preoccupazione civile di cittadini, istituzioni e associazioni è più complessa e profonda.

Prima di tutto va chiarito che la critica è sempre il sale della democrazia, soprattutto quando gli insediamenti previsti, come in questo caso, vanno ad incidere sul futuro di una comunità che vive fortunatamente in una specie di terra promessa, la vallata del Tavo, particolarmente produttiva e accogliente, in equilibrio di sostenibilità ambientale e rispettosa del  futuro delle nuove generazioni. Per questo incontri di chiarimenti e approfondimenti servono ad evitare i rischi di un possibile conflitto sociale. Ho ricevuto decine di telefonate che mi hanno sollecitato una presa di posizione.

 In secondo luogo va detto che la diffidenza e l’opposizione che si stanno manifestando contro un impianto industriale piuttosto impattante in un luogo di pregio dove la Legge 431/85 (Galasso) non consente la trasformazione del paesaggio, sono dovuti ad alcuni fatti, estremamente negativi, rispetto alla gestione di impianti industriali e di scellerata raccolta dei rifiuti nel luoghi di straordinaria bellezza e vulnerabilità ambientale. Nessun comitato si costituisce invece quando si realizza un asilo, un ospedale, un centro di aggregazione per anziani, un laboratorio per le stat-up innovative finalizzate allo studio e valorizzazione del territorio. Purtroppo le ferite ancora aperte nella Terra dei fuochi in Campania, ma anche in Abruzzo come lo storico caso sul Tirino a Bussi, o il recente dramma del Civeta, e ovunque dove sono stati realizzati impianti “drogati” dai finanziamenti pubblici, che spesso cessano le attività appena finiscono gli incentivi statali, lasciando luoghi ormai compromessi e desolanti con residui inquinanti di ogni genere, inducono giustamente una buona parte dei residenti e dei cittadini informati ad essere diffidenti e reattivi.

Terzo. Non si tratta dell’effetto Nimby (Not in my back yard), come qualcuno ha cercato di affermare, ma della consapevolezza che oggi, nell’era della democrazia digitale, i cittadini vogliono essere protagonisti del proprio destino. Gli Abruzzesi hanno smesso di credere alle soluzioni facili e semplici perché ne hanno viste troppe. Mezzo secolo di battaglie civili delle associazioni ambientaliste (cabinovie per le pecore, piste di accesso ai pascoli in alta quota, insediamenti turistici mai aperti, ecc.) per combattere insediamenti farlocchi, assurdi e spesso impossibili, non sempre con successo, purtroppo, hanno consentito di impedire veri scempi di interi boschi, sorgenti e vallate, e di avere una conoscenza profonda dei luoghi. Con studi e analisi di ottimi ricercatori abruzzesi e professori delle nostre università in collaborazione con le numerose associazioni e tanti sindaci e istituzioni illuminati è nato un nuovo Abruzzo, la regione vede d’Europa. In oltre un terzo del territorio protetto e tutelato da speciali leggi si impediscono perfino costruzioni di modeste entità. Nulla è cambiato se, al di fuori dei confini di queste isole protette, si continuano a costruire insediamenti impattanti, a pochi metri da un corso d’acqua, in un’area agricola dove da almeno diecimila anni l’uomo vive rispettando i cicli biologici naturali rinnovabili da sempre. Ci vogliono cento anni perché si possa formare un solo centimetro di suolo fertile; non possiamo permettere la distruzione di interi ettari in poche settimane.

Quarto. Dal mio punto di vista,  prima di avviare l’iter per progetti di forte impatto ambientale, che spuntano da un giorno all’altro senza alcun approfondimento scientifico sul sito dove verrà localizzato, si dovrebbe avviare un confronto con il territorio; l’assemblea pubblica di lunedì 18 novembre 2019 è un’ottima iniziativa anche se leggermente in ritardo se è vero che i terreni sono già stati individuati ed opzionati dai privati che vogliono realizzare l’impianto. Come sempre si parte al contrario, si cerca di mettere la comunita sul fatto compiuto, informando i cittadini a decisioni già prese o comunque piuttosto avanzate. Non basta ovviamente aggiungere il termine bio davanti a metano per far credere che il progetto è perfetto perché non si produce CO2. Si rischia di sostenere un processo omissivo se non un vero e proprio “imbroglio ecologico” perché non viene considerato il trasporto di migliaia di tonnellate di rifiuti da centinaia di km dai luoghi di produzione. Allora perché non localizzare l’impianto dove si producono i rifiuti organici magari in un’area industriale dismessa così si evita perfino il consumo di suolo, che allo stato attuale è ancora altissimo, oltre 20 ettari al giorno e l’Abruzzo è al primo posto in Italia (dati ISPRA).

Quinto. Mi chiedo se sia stato considerato il Contratto di Fiume, un protocollo giuridico per la rigenerazione ambientale del bacino idrografico di un corso d’acqua. Secondo la definizione data dal 2º World Water Forum, il Contratto di Fiume permette “di adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale”. Naturalmente questi concetti sono sostenuti da una serie di elementi giuridici di notevole importanza come la Direttiva quadro sulle acque 2000/60/ce, la Convenzione europea del paesaggio del 2000; la Direttiva 2003/4/ce sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale; la Direttiva 2003/35/ce sulla partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale; la Direttiva 2001/42/ce sulla valutazione ambientale strategica (VAS). Del resto anche il bacino del Tavo è compreso in un Contratto di Fiume che dovrebbe certamente valutare un impianto sebbene puntiforme di produzione di gas. Il consorzio De Rerum Natura, su proposta dell’Associazione Ambiente e Vita in collaborazione con il Comune di Pescara, ha organizzato un Tavolo nazionale dei Contratti di Fiume lunedi 18 novembre 2019 all’Aurum di Pescara. Parteciperanno numerosi Sindaci per riportare al centro del dibattito politico la situazione dei fiumi.

Sesto. Nella logica sempre più diffusa della costituzione delle reti, un insediamento del genere non può riguardare un singolo comune ma l’intero bacino fluviale. Per questo immagino che anche gli altri comuni della valle del Tavo dovrebbero essere coinvolti sia perché il trasporto del materiale organico riguarda i loro territori ma anche perché l’eventuale ricaduta negativa sull’immagine per quanto riguarda il marketing territoriale dei prodotti di qualità riguarda l’intera area vestina.

Settimo. Da anni i Pennesi portano avanti studi sulla Fauna del fiume Tavo che hanno consentito alla Regione Abruzzo di istituire sia la Riserva Naturale Regionale Lago di Penne, sia la Riserva Naturale di Voltigno e Valle d’Angri successivamente ricompresa nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. In ogni caso uno dei punti strategici delle aree protette è finalizzato alla migliore tutela del patrimionio idrico. Uno studio di qualche anno fa con 14 stazioni di prelievo da Farindola a Montesilvano ha portato alla luce che le sorgenti inquinanti aumentano quando il fiume raggiunge la costa. Così si passa dai duemila coliformi nel tratto tra Penne e Farindola, a quarantamila a San Pellegrino fino a raggiungere nei pressi della foce del Saline un milione e quattrocentomila oltre diverse salmonelle. La legge stabiliva la massima tolleranza in ventimila. È ovvio che la diminuzione della portata del fiume Tavo, dovuta sia ad una forte captazione per usi potabili a monte sia per usi irrigui e idroelettrici dalla diga di Penne (9 km di fiume fino a Passo Cordone scorre dentro un tubo), riduce la portata con notevole presenza di contaminazioni, probabilmente aggravati da depuratori malfunzionanti e scarichi abusivi. In questo triste quadro, la presenza di un ulteriore impianto di trattamenti dei rifiuti organici a ridosso del fiume quanto meno mette in allarme i cittadini residenti.

Ottavo. Si fa comunque notare che la Valutazione di Impatto Ambientale dovrà necessariamente tener conto degli aspetti legati allo sviluppo sostenibile ed alla Direttiva Uccelli. In Europa tale procedura è stata introdotta dalla Direttiva Comunitaria 85/337/CEE (Direttiva del Consiglio del 27 giugno 1985, Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati) quale strumento fondamentale di politica ambientale. La procedura di VIA viene strutturata sul principio dell’azione preventiva, in base al quale la migliore politica ambientale consiste nel prevenire gli effetti negativi legati alla realizzazione dei progetti anziché combatterne successivamente gli effetti. La struttura della procedura viene concepita per dare informazioni al pubblico e guidare il processo decisionale in maniera partecipata. La VIA nasce come strumento per individuare, descrivere e valutare gli effetti diretti/indiretti di un progetto su alcune componenti ambientali e di conseguenza sulla salute umana. Sul concetto di Sviluppo Sostenibile è bene ricordare la definizione enunciata dalla World Commission on Environment and Development, Our Common Future, nel 1987: “uno sviluppo che soddisfi le nostre esigenze d’oggi senza privare le generazioni future della possibilità di soddisfare le proprie”.

Nove. Rispetto ai valori naturalistici vogliamo ricordare che da oltre tre anni stiamo monitorando, tra il fiume Tavo e il Torrente Nora fino al fiume Pescara, la presenza di una nuova specie di Airone arrivata in Abruzzo da qualche anno, facilmente identificabile perché segue sia gli animali domestici (pecore e anche bovini) sia trattori e macchine agricole durante le lavorazioni dei campi. Si tratta dell’Airone guardabuoi (Bullbucs ibis), particolarmente protetta dalla Direttiva2009/147/CE. La densità più importante di tutta la provincia di Pescara con oltre cento individui è stata localizzata nel tratto del fiume tra la Cartiera e Passo Cordone tanto che a breve verrá presentato un documentario girato su questo curioso airone proprio nei campi aperti tra Loreto Aprutino, Penne e Pianella. Quel tratto del fiume presenta inoltre specie di notevole importanza come l’Istrice, il Tasso e il Lupo.

Dieci. L’ultima riflessione riguarda l’Etica ambientale. Il mutamento ideologico in atto oggi  consiste principalmente nell’apprezzamento della qualità della vita come valore intrinseco piuttosto che nell’adesione a un tenore di vita sempre più alto. Warren Reich, nella sua Enciclopedia della Bioetica considera lo «studio sistematico delle dimensioni morali delle scienze della vita e della salute includendovi anche i problemi sociali e ambientali legati alla salute. Ecologia profonda e ambientalismo sostengono che la scienza dell’ecologia spiega come gli ecosistemi possano sopportare solo in piccola parte l’impatto degli umani o di altre influenze esterne. Inoltre, entrambi sostengono che gli effetti della moderna civilizzazione minacciano il benessere ecologico globale.

 

Fernando di Fabrizio

Direttore Riserva Naturale Regionale Lago di Penne

 

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