RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO – Nessuno degli allora 50 mila pescaresi poteva immaginare in quei giorni di 82 anni fa l’inferno che sarebbe venuto con i bombardamenti americani del 31 agosto e di settembre del 1943.
Pescara è una città autenticamente “balneare”, come scrisse acutamente Pier Paolo Pasolini in suo reportage sulle città italiane di mare. E anche in quell’estate del 1943 i pescaresi si erano riversati sulla spiaggia quasi per dimenticare che migliaia di loro, maschi giovani diventati prematuramente adulti,erano dispersi nei vari fronti della guerra scatenata in modo disumano dal fascismo di Mussolini. Erano milioni i giovani soldati italiani che combattevano da anni, insieme ai nazisti ,sui vari fronti europei e africani, in cielo, in terra e sul mare; altre centinaia di migliaia di loro erano stati catturati e rinchiusi in terribili campi di prigionia nelle colonie britanniche, dal Sudafrica all’India, oppure erano morti, o avevano riportato gravi ferite che segneranno la loro vita.
Ma la guerra era “lontana” dalle nostre case e Pescara sino alla fine di agosto del 1943 si era illusa di passare indenne dalle distruzioni e dai lutti che invece coinvolgevano tutta l’Europa e gli altri continenti del mondo.
Purtroppo il risveglio fu amaro. Il 31 agosto del 1943 dal mare Adriatico, in una calda domenica estiva, all’ora di pranzo, mentre i pescaresi erano a casa a mangiare, piombarono sul cielo di Pescara i bombardieri americani Liberator che scaricarono sul centro cittadino, a partire dalla stazione e le zone adiacenti (da Corso Umberto a Corso Vittorio Emanuele e relative traverse), centinaia di bombe che distruggeranno tutto: case e palazzi, strade e negozi uccidendo migliaia di persone civili innocenti e ignare di quanto stava per succedere alle loro vite.
Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 i pescaresi si illusero nuovamente che la guerra era finita, ma si sbagliavano perché gli aerei americani ripartirono dalle basi in Libia per scaricare nuovamente le loro bombe a Pescara il 14, il 17, il 18 e il 20 settembre 1943.
I morti e i feriti non saranno mai definiti con precisione, ma è stata sicuramente la più grave tragedia di tutta la millenaria storia di Pescara dai tempi lontani in cui era Ostia Aterni, cioè il porto di Roma verso la Dalmazia.
Il giornalista Di Russo nel suo libro “Pescara e la Guerra” traccia un bilancio realistico: il bombardamento del 31 agosto provoca tra i 600 e i 2000 morti, quello del 14 settembre 1500 morti, gli altri 600 morti . In totale tra i 2.700 e i 4.100 morti. Ma non basta: le mine tedesche, soprattutto al Porto e sulle spiagge, provocarono altri 100 morti, alcuni dei quali anche a distanza di anni. Da ragazzino giocavo con un amico, di poco più grande di me, a cui era saltato un braccio su una mina inesplosa. Quel moncherino mi faceva paura e nello stessi tempo pietà e rappresentava per me in modo fisico ancor prima che ideologico, il ripudio assoluto della guerra. Poi ho saputo che quel mio infantile sentimento di ripudio della guerra era stato assunto nella nostra Costituzione da chi la guerra l’aveva purtroppo ben conosciuta.
Ai morti di quei bombardamenti devono aggiungersi i feriti molti dei quali mutilati e invalidi per tutta la vita. Noi pescaresi abbiamo vissuto un infanzia di racconti commossi sui nostri parenti morti in quei bombardamenti. Parenti che a volte avevano anche pochi anni di vita…
Per avere un quadro completo degli effetti della guerra su Pescara, dobbiamo ricordare i 500 giovani soldati di Pescara morti sui vari fronti della guerra di aggressione fascista e nazista in Russia, in Grecia, in Francia, nella ex Jugoslavia, in Libia, in Etiopia, in Somalia, in Eritrea, nelle isole greche del Mediterraneo, nei cieli, nei mari, nei deserti e nelle terre europee ed africane.
A queste tragedie umane, vanno sommate le devastazioni, le razzie, i furti, le distruzioni operate dai soldati tedeschi con la complicità dei fascisti, nei lunghi mesi dell’occupazione nazista tra il 1943 e il giugno del 1944, di una città sfollata e praticamente morta.
I pescaresi dopo i bombardamenti abbandonarono disordinatamente le loro case cercando un rifugio nei paesi e nelle frazioni collinari e montane dell’ entroterra abruzzese. Si divisero il “pane che non c’era”, spesero tutti i loro risparmi per sopravvivere nel duro inverno del 43-44, patirono privazioni e sofferenze indicibili. Erano in gran parte donne, anziani e bambini essendo i maschi adulti dispersi in tutti fronti della guerra.
I danni materiali furono enormi: Pescara, secondo i dati ufficiali, ebbe danneggiato il 78% dei suoi immobili. Solo 1.295 edifici rimasero intatti, mentre 1.285 furono totalmente distrutti, 1.335 gravemente danneggiati, 2.150 parzialmente danneggiati.
Tutte le opere pubbliche e infrastrutture civili furono distrutte, comprese le reti idriche, fognarie, elettriche e telefoniche.
Pescara ha avuto dal Presidente Ciampi la Medaglia d’oro al Valor Civile per questa tragedia in segno di rispetto e comprensione delle disumane sofferenze patite dal popolo pescarese.
Il fascismo e il suo regime dittatoriale e razzista portano la responsabilità politica e morale di questi lutti e distruzioni. Mai potrà essere dimenticato la barbarie della dittatura fascista e della sua dissennata scelta di entrare al fianco di Hitler nella seconda guerra mondiale.
Pescara dopo la Liberazione e la fine della guerra, si è rialzata subito dedicandosi con tutte le sue energie alla Ricostruzione e alla Rinascita della Città con risultati straordinari che testimoniano il coraggio e la forza morale e civile dei suoi cittadini, dei nostri nonni e padri, delle nostre nonne e madri.
Lo stesso coraggio che ebbe l’intero Abruzzo che nel giugno del 1944 veniva dappertutto liberato dagli occupanti tedeschi con un ruolo significativo dei Patrioti della Brigata Maiella che combatterono insieme alle truppe alleate britanniche e polacche e al rinato esercito italiano.
La Brigata Maiella dopo la Liberazione dell’Abruzzo continuò a combattere nelle Marche e in Emilia-Romagna sino ad Asiago, prima sotto il comando inglese e poi polacco. Per questa sua attività la Brigata Maiella è l’unica formazione partigiana italiana decorata con la Medaglia d’oro al Valor Militare.
Erano 1.326 combattenti abruzzesi, in gran parte umili e giovanissimi contadini, operai e studenti. 55 di loro sono caduti, 151 sono rimasti feriti. Il loro eroismo è testimoniato da 182 decorazioni, tra medaglie d’oro, d’argento e di bronzo al Valor Militare, e croci di guerra.
Sono passati 82 anni dai bombardamenti di Pescara e il ricordo resta ancora vivo e ci aiuta a testimoniare ancora oggi il valore costituzionale del ripudio della guerra e l’affermazione permanente dei valori della libertà, della democrazia e della pace.
Gianni Melilla segretario della Fondazione Brigata Maiella ed ex parlamentare
















