di Aristide RICCI
A Pescara si dovrà attendere ancora per la riqualificazione dei tredici ettari dell’area di risulta dell’ex stazione ferroviaria! La conclusione con un nulla di fatto dell’attività amministrativa della compagine guidata dal Sindaco Marco Alessandrini allunga ulteriormente un’attesa che dura ormai più di un trentennio: diventa emergenza il varo di un progetto che può e deve dare un assetto dignitoso a quell’area con il miglioramento di alcuni servizi essenziali per la collettività che cambierebbero la qualità della vita del capoluogo adriatico e oseremmo dire dell’intero Abruzzo.
Parliamo di un terminal bus degno di tale nome, una struttura indispensabile per rendere più efficiente ed attrattivo il trasporto pubblico, oggi relegato in due piazzali desolati privi di strutture e di servizi idonei da offrire ai cittadini fruitori di un servizio pubblico che dovrebbe essere competitivo ed alternativo ad una motorizzazione privata che tanto danno arreca al nostro ambiente da decenni. Per rendere l’idea della dimensione della mobilità pubblica a Pescara, occorre dire che per il solo trasporto extraurbano a Pescara si registrano circa 700 attracchi giornalieri di autobus. Parliamo di un’area verde funzionale al decoro e al risanamento dell’ambiente cittadino impestato dai gas di scarico emessi da migliaia di automobili che attraversano il centro di Pescara ogni giorno. A tal proposito, i dati di Lega Ambiente e dell’Agenzia regionale ARTA ci dicono che l’inquinamento atmosferico del capoluogo adriatico è ai livelli di guardia e che bisogna correre ai ripari, pena ulteriori e gravi danni per la salute di chi vive nel più grande e popoloso comune d’Abruzzo, che ha la legittima pretesa di attrarre turismo, che vuole conquistare la bandiera blu, e non può permettersi lo spettacolo inquietante di duemila automobili parcheggiate in un piazzale di diversi ettari, quasi fosse quello di una privata concessionaria! Lì dove potrebbero sorgere strutture ricreative e culturali, una sorta di Campus urbano per aggregare giovani e meno giovani e far rinascere un’area che da troppo tempo è divenuta un ghetto in piena regola, rifugio di disperati, buio e insicuro, teatro di episodi di violenze soprattutto di notte.
Ma perché per questa emergenza cittadina da decenni non si riesce a trovare una soluzione?
Quali interessi e quali ostacoli hanno impedito fino ad ora la bonifica di una parte di territorio che può essere definito a buon diritto il cuore di Pescara? Progetti, studi di fattibilità, concorsi di idee sono stati redatti ed espletati. Risorse pubbliche importanti sono state impegnate per proposte mirate a dare un volto nuovo alla Pescara del futuro. E allora perché siamo sempre al punto di partenza? Forse sono mancati la volontà politica e il giusto coinvolgimento della società civile per dare l’abbrivio necessario ed aprire il cantiere più importante della città dopo quello della stazione ferroviaria? Difficile dare una risposta completa, certo è che tutte le amministrazioni comunali che si sono avvicendate a Palazzo di Città, dalla data fatidica dello spostamento della ferrovia fino ad oggi, hanno in qualche modo tentato di portare a termine quest’opera! L’ultima proposta in ordine temporale, commissionata ad una società del Nord d’Italia, è arrivata fuori tempo massimo, dopo un dibattito durato diversi mesi dentro e fuori l’assise del Consiglio comunale di Pescara. C’è da dire che la sistemazione dei tredici ettari doveva costituire una priorità per la Giunta Alessandrini, ma cosi è non è stato, visto che è arrivato in Consiglio comunale a fine 2018, con tempi risicati, insufficienti per evitare quello che è poi accaduto, cioè non aver avuto il tempo di vararlo essendo arrivati a fine consiliatura. Senza entrare nei giudizi di merito, esso prevedeva di realizzare l’opera in un triennio attraverso l’istituto della Finanza di progetto. Nel dettaglio il costo complessivo dell’operazione ammontava a circa 57 milioni di euro, di cui 12 derivanti da fondi pubblici assegnati alla Regione Abruzzo con delibera CIPE, la restante parte, 44 milioni e 935 mila euro, a carico dell’operatore economico che si sarebbe aggiudicato l’esecuzione dell’opera con gara pubblica. L’amministrazione comunale avrebbe ceduto per venti anni la gestione di 2000 posti auto nell’area in questione, e quelli presenti nel cosiddetto “Centro commerciale naturale” di Pescara, uno spazio di 66 ettari compreso tra via Venezia e via Leopoldo Muzii. All’interno dei tredici ettari sarebbero sorti due silos, uno a nord e uno a sud, per contenere complessivamente 1600 posti auto, uno spazio interrato ne avrebbe contenuto altri 400. Erano stati previsti, inoltre, due edifici a carattere residenziale per un totale di 70 unità abitative, anch’essi da collocare uno a nord e uno a sud dell’area, per un totale di 3000 metri quadrati di aree edificabili. Tutti i proventi derivanti dall’attività delle strutture all’interno dell’area sarebbero andati nelle casse del gestore privato aggiudicatario del progetto. Un terminal bus per i servizi urbani in superficie e un altro interrato per i servizi extraurbani.
Il punto di forza del progetto erano i 67 mila metri quadrati destinati al Parco centrale, di cui 5 ettari a verde urbano, 3 ettari di verde arboreo e 2 di verde attrattivo a tariffazione pubblica, 9 mila metri quadrati di campo. Infine 1000 metri quadrati del parco urbano erano stati destinati alla realizzazione di 5 strutture leggere a uso commerciale di 200 metri quadrati ciascuna.
A giudizio delle forze di opposizione, e non solo di quelle, che sedevano in Consiglio comunale, il Progetto di Parco centrale andava rigettato, come di fatto è avvenuto. Le motivazioni sono di metodo e di merito: si affida alla gestione privatistica una parte importante del territorio comunale per quasi un quarto di secolo. Il costo dei parcheggi avrebbe subito un forte rincaro con grave danno per il commercio cittadino già in forte difficoltà negli ultimi anni a Pescara; duemila posti auto sono pochi. Non è stata sufficientemente partecipata la progettazione dell’opera, i cittadini e in generale i portatori di interesse non hanno potuto esprimere il loro legittimo punto di vista ed avanzare proposte conseguenti. E’ mancata una visione complessiva dal punto di vista urbanistico e paesaggistico. Italia Nostra di Pescara: “ I parametri del progetto appaiono desunti e dimensionati prevalentemente in rapporto alle convenienze dei capitali privati chiamati a contribuire alla realizzazione dell’opera”. L’auspicio dei cittadini di Pescara,adesso, è che le ingenti risorse pubbliche impiegate per gli innumerevoli studi e progetti mirati alla riqualificazione dell’area possano servire per arrivare al traguardo e che non si ricominci da capo con ulteriori esborsi di pubblico denaro.
L’ultima nota inquietante è quella delle cospicue risorse pubbliche impegnate per gli studi e i progetti mirati alla riqualificazione dell’area: è noto che nessuno di questi è stato accolto e ha trovato una qualche realizzazione. Si spera che chi riuscirà a portare a compimento l’opera tanto attesa abbia almeno e il buon gusto di non ricominciare da capo.
Aristide RICCI